La traccia di una vita. Affermazione forte ma convicente, specialmente per chi dedica la propria vita alla musica. Ogni beat, ogni synth e singola percussione è un chiodo fisso di qualsiasi produttore in ogni situazione quotidiana. La pensano così i due ragazzi che si celano dietro il nome “Life’s Track”, ossia Hervè Atsè Corti e Marco D’Aquino. Se leggiamo le loro carte di identità quasi non riusciamo a crederci, ma chissà forse è proprio l’incoscienza e la freschezza tipica di due ventenni ad averli portati fin qui. E ora è giunto il momento di parlare di loro, soprattutto dopo l’ennesimo Bosconi di qualità. Non credo molto ai colpi di fulmine, ma se parlo di musica può starci e in questo caso è stato davvero amore a primo ascolto. A dir la verità, se già seguite le vicende dell’etichetta fiorentina, i due avevano dato prova delle loro capacità con i primi quattro episodi della saga convincendo tutti gli addetti ai lavori. Ma si sa, ora più che mai, in un mondo dove tutti si ritengono djs e producers non può bastare solo un disco. Eccone quindi un altro, dove il genio e la creatività dei due, a mio avviso, si mette ancora di più in evidenza.
Il primo aggettivo che balza in mente dando ascolto all’intero EP è “futuristico”. Per carità, le influenze della vecchia scuola Detroit sono evidenti ma una volta premuto play concorderete con la mia idea. Partendo da “Life’s Track 05” il background malinconico anticipa un viaggio contornato da rimshots curatissimi e brevissimi stacchi. Un synth poi interpreta il ruolo di attore principale per cinque minuti e quaranta effettivi di sola qualità. La chiave di lettura di “Life’s Track 06” è invece ben diversa: drum filtrata, basso gommoso, atmosfera dark accentuata da buoni accenni vocali e immancabili synths arrangiati in maniera eccellente, la rendono di diritto una delle mie preferite.
Il settimo “episodio” si presenta fin da subito molto più agressivo con una bassline più “sporca” alla quale poi però si aggiungono percussioni ritmate e un atmosfera rilassata. Il tocco underground è pero accentuato da un vocale appena accennato a metà disco e alcune keys arrangiate nei momenti più caldi. L’intro dell’ultima traccia ricorda molto uno di quei dischi che restano nella memoria di clubbers e djs (sto parlando di “Kill 100” degli X-press), poi però la strada diventa completamente diversa, con un breve vocal femminile e linea boogie tech funk a farne da padrona.
A prescindere dai vari dettagli nell’arrangiamento, Bosconia oggi più che mai può essere definito il paese delle meraviglie. A volte resto legato al mondo delle fiabe e mi chiedo se nell’aria ci sia qualcosa di magico. Un forte dubbio e più che mai lecito dopo l’ennesima riprova. Bosconi non sbaglia mai un colpo e presenta sempre qualcosa di moderno, avanti anni luce rispetto a tante produzioni mediocri di etichette già affermatissime a livello internazionale. Quindi ragazzi, aprite gli occhi, o meglio, tendete l’orecchio se non l’avete già fatto…