E insomma: mo’ ci si mette anche la Minetti, a fare la dj per davvero. Passata la fase da igienista dentale, passata anche la fase da consigliera regionale (con in mezzo qualche lieve turbolenza, qualche intercettazione telefonica, qualche simpatico intrattenimento con persone di un discreto potere e con amiche fresche ed espansive…), accogliamo anche lei nel magico mondo del deejaying: sì, perché è evidentemente entrata a far parte della famiglia Elrow, visto che è comparsa in cartellone durante la recente tappa uruguayana di quello che è uno dei party itineranti di maggior successo (e spesso anche più divertenti) in giro. Party che tra l’altro spesso ha dj di vero spessore in line up. Quindi ecco, tutto torna.
Che poi, noi in qualche modo l’avevamo anticipato in tempo non sospetti, ancora due anni fa, ma sbagliando profezia: leggete qui – la parte finale dell’articolo. Ma tutto il resto che sta scritto in quel pezzo è assolutamente giusto, lo riconfermiamo al 100%. Infatti non stiamo qua a farne un caso. Non stiamo qua a giocare a fare gli indignati. Zero. Anche perché vi abbiamo avvertito più volte: vi abbiamo avvertito quando dicevamo che una copertina a Paris Hilton era un problema, vi abbiamo avvertito quando notavamo che Vacchi non era da prendere sul serio. Qualcuno ci ha anche dato dell’hater, per questo… di gente che non capisce, non sa divertirsi, non capisce il senso dello spettacolo, prende tutto troppo sul serio… cose così.
Il punto è un altro: grazie alla tecnologia, fare il dj è dannatamente facile. Va benissimo. Mica è un problema. Ma è proprio partendo da questo presupposto, se vogliamo salvaguardare il deejaying come arte&cultura e non come ascensore sociale ed economico oppure come stimolante passatempo per chi non sa cosa inventarsi d’altro, che riconoscere in modo chiaro chi si approccia a certe cose con passione, con studio, chi senza cercar scorciatoie si dà il tempo di maturare negli anni una conoscenza sia tecnica che culturale, beh, diventa ancora più importante. Dare esposizione a chi segue altre vie si può fare, per carità, ma è una scelta di campo. Tenere il piede in due staffe non è mai simpatico. Quindi ecco: se vi andavano bene la Hilton e Vacchi, e chi alzava il sopracciglio era un hater e un trombone, non capiamo che problemi e cortocircuiti mentali possiate avere con la Minetti: solo perché lei ha meno follower di quegli altri due? Ah caspita: allora vuol dire che fate come il Coachella, che dà gli accrediti a seconda del numero dei follower sui social. Ok, basta saperlo.
D’altro canto magari pure lei, la Minetti, se le parlate, riesce ad infiocchetarvela bene sul perché si è messa a fare la dj e su come non ci sia motivo per detestarla, perché lei non fa male a nessuno. Discorso che vale pure per Paris Hilton, che vale pure per Gianluca Vacchi. Ed è vero: non fanno male a nessuno, nell’immediato. Però comunicano il messaggio che fare il dj è una cazzata. Effettivamente: fare il dj è una cazzata per davvero, oggi; è farlo bene che è difficile. Oggi come ieri. Concentriamoci a parlare di chi è bravo, concentriamoci ad analizzare la musica e lo spessore culturale. Stiamo invece meno ancorati ai numeri, soprattutto quando sono generati da gente che ha una fruizione superficiale della musica e del clubbing; stiamo meno ancorati alle presenze sui rotocalchi e ai follower sui social. Perché sono, sarebbero un altro sport. E’ bello che ci siano tanti sport. Molto. Ma a pallavolo non si fa canestro. Un cronista sportivo, o anche un semplice appassionato, lo sa – e questo non è indignazione, non è haterismo: è buon senso.
Per il resto, oggi come ieri di Nicole Minetti ci interessa abbastanza poco: buon per lei, se è stata lì in Uruguay. Inizieremo ad interessarcene nello specifico se diventa brava (caso numero uno), o se si inizia a darle troppa attenzione ed esposizione per motivi extra-musicali (caso numero due). Se Elrow l’ha messa in cartellone, avrà avuto i suoi motivi; se insiste nel farlo, e i motivi per farlo sono extra-musicali, sarà una loro scelta di campo, di cui si prenderanno la responsabilità. La nostra posizione, in tal senso, è chiara: la trovate qui. Non basta essere un buon PR (o una buona fidanzata, o una reginetta dei social, o una icona del gossip) per essere un buon dj.