Ventuno anni di carriera, dieci anni dal disco di esordio: numeri che potrebbero sembrare in controtendenza, se relazionati alla freschezza dell’eclettismo pop che i Little Dragon hanno prodotto in questi anni. A “Little Dragon”, uscito nel 2007, sono seguiti altri cinque album di alta qualità, con un vertice massimo toccato in “Ritual Union”. Nel mezzo, decine di collaborazioni diverse tra loro hanno toccato un melting pot di stili: dai Gorillaz a SBTRKT, passando per Flume e i De La Soul. Dopo un lungo inseguimento e in attesa di vederli live a Linecheck, dove saranno headliner della seconda serata, siamo riusciti a scambiare due chiacchiere con Erik Bodin: abbiamo parlato di questo lungo percorso, di come lo stesso abbia portato ad una maturazione personale e di come si sia evoluto assoggettandosi di volta in volta a figli, famiglie e sperimentazione musicale .
Sono passati dieci anni dal vostro primo album, dieci anni dedicati alla forma più eclettica della musica pop. Qual’è l’aspetto più difficile del fare musica pop di qualità?
Il segreto sta nel credere in se stessi e nei propri mezzi. Ormai è un da un po’ che facciamo questa cosa, e abbiamo capito che ne vale la pena solo se piace a te per primo: parlo sia del risultato che del percorso. Ovvio, ti senti addosso la pressione di dover piacere innanzitutto agli altri, ma alla fine della fiera si tratta di te e della tua vita. Se qualcuno non apprezza o la definisce musica brutta è soprattutto un loro problema, più che tuo. Puoi sentirti a pezzi perché nessuno ascolta la tua musica, ok, ma puoi essere felice solo sentendoti creativamente libero.
Questo vostro modo così particolare di fare pop ha un filo conduttore che vi riporta a Göteborg, la città in cui vivete?
In un certo senso sì, probabilmente il fatto di essere da sempre circondati da un panorama cupo e malinconico, dalla nebbia, dal freddo e dal ghiaccio ha influenzato il nostro panorama sonoro.
Cosa vi lega di più alla vostra città? Cosa invece vi spinge a guardare verso il resto del mondo ?
Sicuramente casa vuol dire casa. Conosci le persone, gli odori, il sapore dell’acqua e sei in un posto che ti dà fiducia. Il nostro studio è lì, ed è l’oasi in cui ci rifugiamo per allontanarci dalla noia di Göteborg quando questa si fa sentire. Questa noia, in fondo, è ciò che più ci lega e al contempo più ci allontana dalla città. Viaggiare è liberatorio, soprattutto quando vedi le persone che ballano sulla tua musica.
Quando è uscito il vostro primo album vi sareste mai aspettati di viaggiare così tanto (U.S.A, Coachella…)? Ma sopratutto, avreste pensato di fare altri cinque album di successo?
Noi abbiamo sempre voluto fare questo, fin da bambini, quindi non posso dire che questa cosa ci abbia realmente sorpresi. Ciò non toglie che ci sentiamo ancora abbastanza umili nel constatare che il nostro amore per il fare musica ci porti così tanto in giro per il mondo.
Voi non sembrate il tipo di band che è partita col mettere prima di qualsiasi altra cosa la propria carriera, ma ora avete tutti una famiglia, le cose si sono fatte più complicate. Vi sentite ancora liberi di percorrere questa strada giorno dopo giorno? Del resto quando si ha una famiglia diventa tutto più complicato …
Io personalmente ero papà anche prima del nostro primo album, quindi ho sempre avuto un occhio di riguardo per l’organizzazione. Pur essendo molto difficile, è importante: ci dà sicurezza. È necessario trovare un equilibrio, perché con la sicurezza arriva anche la pigrizia ed è un male quando vuoi provare e sperimentare cose nuove.
Quindi come fate a gestire il percorso della band e la vostra vita quotidiana?
Innanzitutto occorre riconoscere ai nostri rispettivi partner il merito di prendersi carico di tutto mentre noi facciamo i matti in tour, ma quando hai la possibilità di tornare a casa con dei soldi diventa tutto più sopportabile… La cosa più difficile è quando senti la mancanza delle persone che ami, nonostante la consapevolezza che non potremo mai essere felici se non avessimo la possibilità di viaggiare, esibirci, e seguire i nostri sogni. Quando i nostri bambini cresceranno sono sicuro che capiranno.
Sai, spesso si ha la sensazione che le pop star vivano una vita molto privilegiata fatta solo di cose fantastiche. Immagino che anche voi pop star dobbiate portare i bimbi a scuola e preparargli la merenda…
Mentre sei in tour tutto ciò che fai è svegliarti tardi e annoiarti fino all’ora dello show, che è il momento in cui dai il massimo. A casa invece ti svegli presto, sei stanco, porti i bambini a scuola, li aiuti con i compiti e fai tutte quelle cose tipiche dell’essere genitore. Quando lavoriamo, di solito avviene in studio, cerchiamo di essere il più possibile liberi ed ispirati e di mettere da parte l’analisi critica. Dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 17, siamo degli hippy mentre per il resto del tempo facciamo gli adulti.
Anno dopo anno, album dopo album, è sempre più difficile entrare in studio e ricominciare ogni volta da capo?
In realtà no, la musica può farti fare dei viaggi incredibili: quindi è molto difficile annoiarsi. È come un surfer che aspetta ore per la grande onda. Forse.
La musica pop sembra essere di fronte ad un bivio: da un lato c’è la via della perfezione, quella più luccicante, quella dove tutto è studiato a puntino, prendi per esempio “Masseduction” di St Vincent. Dall’altro c’è la strada più spontanea, quella per intenderci del DIY…
Do It Yourself! Penso che non ci sia niente di male nel provare ad essere perfetti, tutto sta nella definizione che dai alla parola “perfetto”. Per me la perfezione è poter sentire nel mix tutti gli strumenti, così da poter percepire che c’è un essere umano che suona, con tutte le imperfezioni che ne conseguono.
A proposito di perfezione: so che Janet Jackson è da sempre la vostra musa ispiratrice…
Sì, assolutamente! Ci piace soprattutto la sua sensualità esplicita. Prendi ad esempio la canzone “Would You Mind”: è il manifesto della musica sexy!
Voi avete fatto molte collaborazioni, in certo senso, iconiche: Gorillaz, Flume, De La Soul… ne avete in mente altre ?
La vita non è ancora finita (ride, NdI) quindi sì, ci aspettiamo di incontrare ancora persone capaci di ispirarci, famose o meno. Su questo pianeta siamo tutti pezzi unici e non sai mai chi sarà il prossimo a ispirarti. Detto questo, per ora siamo soddisfatti della nostra band.
A breve vi esibirete a Milano per Linecheck. C’è qualche artista presente in lineup con cui vorreste collaborare ?
Che ne dici di Thundercat?