Dopo quasi un’anno di tour senza sosta, un campionato vinto con la Juventus (trentesimo o non che sia), un matrimonio dagli illustri invitati e un’assenza (neanche tanto breve) da quella che è una delle indie label più importanti d’europa, la sua Desolat, torna con il suo suono, lo “sconosciuto” Yassine Ben Achour ai più Loco Dice.
Quando si ascoltano i lavori di un artista che basa la propria fama, soprattutto sull’essere dj, oltre ad essere un ottimo produttore (“7 Dunham Place” del 2008, suo album di debutto, ne è un esempio) ci si aspetta di ascoltare qualcosa che funzioni in quel particolare periodo e abbia mood, pause e quant’altro, possano ricollegarsi a ciò che di meglio il “mercato club” ha da offrire. Oggi è un giorno importante per chi lo stima e dovrebbe esserlo anche per lui. A seguito di un out pazzesco come fu “Untitled” sul catalogo X di Desolat del 2009 (non sembra ma sono davvero passati tre anni dall’ultimo out di Dice sulla propria label) quasi credevo di trovarlo un po’ cambiato nelle produzioni, forse essendo stato, io, influenzato dall’unico prodotto di questi anni rilasciato su Minus nel 2011 (“Knibbie Never Comes Alone / Loose Hooks”). Ma nel profondo speravo di sbagliarmi di grosso.
Beh non potevo essere ascoltato in modo migliore. “Toxic EP”, release di quattro tracce, viaggia sulle stesse frequenze di sempre ed è come se “Untitled” fosse uscito ieri. L’EP prende il via con “Auxotox”, forse unica traccia che accenna leggermente al di fuori degli standard del tunisino, almeno fino al clap (che contraddistingue Dice praticamente ovunque tra club e produzione). Da quel punto in poi io e la synth line che entra poco dopo la metà, calorosamente vi salutiamo e vi diamo appuntamento in un club, scuro il più possibile. “Detox” è ciò che ha alzato, oltre i livelli a cui ero ovviamente abituato, la mia stima verso Dice. Beat classico Made in D-Town (Dusseldorf per i meno informati), clap e bass line, vocal e shaker, leggere percussioni, poi arriva il minuto 4:44 ma non vi dico nulla. Se vi è piaciuto fin qui e sieta a conoscenza del passato hip-hop dell’artista, Dice vi fa un regalo con una pausa di soli cinque secondi che probabilmente vale il costo dell’intero dodici pollici. “Neurotox” sicuramente più techno delle precedenti e “Retox” sicuramente più tendende al deep (potrei suggerirvi tINI per farvi capire in che range siamo) chiudono un EP che è il perfetto follow-up di quello che fu il monolato senza titolo del 2009.
A distanza di anni Loco Dice non ha cambiato di una virgola il suo approccio in studio per Desolat. Quando ascolti un disco e la sua anima ti suggerisce il nome di chi l’ha fatto significa che hai trovato un equilibrio, significa che nessuno riuscirà mai a fare qualcosa di simile perché quel qualcosa porta già il tuo nome, niente di più e niente di meno del suono riconducibile ad un Villalobos per intenderci. Sono convinto che lui abbia lavorato per anni anche su questo aspetto dell’essere produttore. Scrivere una review significa analizzare e segnalare ciò che un disco è; ma un disco è più dell’aspetto tecnico, è più di come è fatto e di come si evolve. La capacità di Dice di tenere testa alle piste di tutto il mondo è fuor di dubbio. La sua capacità come produttore per me, da oggi in poi, anche.