Sette anni non sono esattamente un’enormità, ma comunque nemmeno uno scherzo, visto e considerato che il mondo della notte è in grado di far sorgere, maturare e tramontare fenomeni in molto meno tempo. Sette anni dicevamo, quelli che i fan di Loco Dice hanno atteso prima che il dj e produttore tedesco di origini tunisine si prendesse la briga di annunciare il suo secondo LP, “Underground Sound Sucide”, che – udite, udite! – uscirà su quel colosso della musica mondiale che risponde al nome di Ultra Music. Già questa notizia, sebbene ai più potrebbe non interessare particolarmente, rappresenta un indice di quanto la carriera del dj e produttore di base a Düsseldorf abbia preso una piega lontanissima dalle premesse degli inizi, quando ancora Desolat doveva esplodere del tutto e quando l’idea di una residenza a Ibiza era solamente un’ombra minacciosa che aleggiava alle spalle di Cocoon e della crew capitanata da Sven Väth.
Poi la storia è cambiata un po’ per tutti, con il buon Dice a seguire le orme “indipendentiste” dei vari Luciano e Richie Hawtin, con quest’ultimo unico vero vincitore insieme a Marco Carola, almeno dal punto di vista degli eventi sull’isola e in giro per il mondo. Minus (prima), Cadenza e Desolat (poi) hanno un po’ perso il bandolo della matassa, piegandosi a ragioni di booking e finendo per abbassare i propri standard e quindi per perdere un pubblico di affezionati che si era legato a una tradizione che, per ciascuna delle tre piattaforme, fatte le dovute distinzioni, parlava chiarissimo.
È per questa ragione che i sette anni che dividono “Underground Sound Suicide” da “7 Dunham Place“ rappresentano un periodo sufficiente per separare due romanzi distinti: quello dell’artista “pseudo-underground” e quello dell’artista diventato, definitivamente, mainstream. Una storia tutta nuova, quindi, un qualcosa che non può non cambiare radicalmente la percezione che avremo (fan o non fan) di Loco Dice e della musica che ha animato in questi anni i dancefloor calpestati da molti di noi. Il nuovo album annunciato dal patron di Desolat, per questa ragione, è l’occasione migliore per riflettere, prima ancora di tirare le somme sulla qualità effettiva della raccolta e prima ancora di ragionare sul contributo dei featuring (Neneh Cherry, Chris Liebing, Miss Kittin e Pulshar non sono davvero poca roba), su cosa la musica sta diventando in termini di prodotto su cui investire: l’imprevedibilità dei dollari del mercato discografico può toccare chiunque, non solo gli “impuri” Bob Sinclar, il trio Swedish House Mafia e David Guetta, quindi occhio a chi destinare i nostri improperi integralisti.
Certo, sul fatto che il titolo “Underground Sound Suicide” suoni quasi un’ammissione di colpe non ci sono dubbi.