Ci tocca ripetere quanto detto lo scorso anno, altrove, a proposito di “I Don’t Want This Groove to Ever End”, album del quale questo nuovo “Ain’t Nothing But a Groove” si propone come ideale “gemello”. Ovvero: se c’è uno che sa trattare la materia dance con amore e rispetto, che ne conosce la storia e le pieghe più recondite, e che la sa plasmare a suo piacimento in materiale prodotto con un orecchio da appassionato e l’altro da dj, quello è Luca Trevisi. Un veterano della scena nazionale, collezionista e produttore, attivo fin dagli anni ’80 e in carriera egualmente a suo agio con disco, funk, breakbeat, acid jazz, latino e house. Maestro soprattutto nell’arte dell’edit, alla quale la coppia di album in questione è dedicata.
Edit con ritocco, va detto. Perché l’emiliano parte sì campionando materiale afroamericano di qualche decennio fa, e lo dilata evidenziandone spinte ritmiche e potenzialità ipnotiche come da tradizione di questa ormai pluridecennale disciplina, ma non si ferma lì. E sulla traccia così creata aggiunge beat, linee di basso, effetti e cassa, mimetizzandoli quasi perfettamente nel suono sporco e analogico di partenza. Degli edit potenziati, diciamo, che diventano tracce a se stanti. Come per certa house newyorkese d’annata, ad esempio, ma con i tempi rallentati intorno a una media di 105 bpm, in un trionfo di ipnotici groove ad andamento lento e dettagli funk. Tipo “Discover Me”, pulsazione sinuosa e lampi di wah wah sulla chitarra, o “Funk Is On”, house cosmica con urla da tormentato soul singer. Tipo un titolo da profezia autoavverante come la possente “Linear Funk”, o i quattro quarti spediti e il pianoforte da braccia in aria della conclusiva “Holding On”.
In tutto, nove tracce dai sei minuti in su. Molta sostanza, anche se forse le cartucce migliori stavano sul suddetto album gemello. Molta sostanza, ma racchiusa in un disco tanto orgogliosamente quanto inesorabilmente di genere. Musica meravigliosa, ma trattata in maniera fin troppo rispettosa, e raccolta intorno a una idea e una soltanto. Fatta come Dio comanda, e impossibile da rifiutare se si conosce e si ama il filo rosso della musica nera. Ma se si cercano novità, o anche solo approcci nuovi a materie vecchie, meglio cercare altrove.