La musica non ha confini ne stilistici ne geografici. Luogo comune sì, ma assolutamente veritiero, specie se leggiamo la storia di un ragazzo fortunato (come lo stesso nome suggerisce) proveniente dalla Nuova Zelanda, una terra che negli anni ha partorito nuove figure in qualsiasi campo ma, non ce ne vogliano i neozelandesi, a livello di elettronica non contava molte voci in capitolo. A smentirmi ci ha pensato, come detto, proprio Lucky Paul, noto soprattutto nelle vesti di batterista di Feist, la superba cantante canadese. Una veste negli anni diventata piuttosto stretta, pensando soprattutto alle particolari ma utilissime esperienze del buon Paul prima in Brasile studiando percussioni e poi in in India con la leggenda nazionale Pandit Vikash Maharaj. Mancava quindi il passo più impegnativo: buttare giù qualche idea autonomamente. Ecco quindi, dopo pochi mesi, l’esordio con “Slow Ground EP” su Somethinksound. Una firma indelebile su un disco a dir poco spettacolare impreziosito anche dal saggissimo remix di Gadi Mizrahi (Wolf & Lamb, per capirci) e Eli Gold (Soul Clap, per chiudere il cerchio). Da lì la strada è diventata tutta in discesa e Lucky Paul non faceva più rima con sorpresa. I vari owner dell’etichetta londinese dunque hanno voluto scommettere nuovamente sul suo talento ripagato con “Elephant Island”, EP composto da quattro differenti versioni della stessa traccia.
Precisiamo fin dal primo istante una cosa, avendo illustrato brevemente il background di Paul, logicamente dobbiamo aspettarci qualcosa di particolare, non propriamente legato ai canoni house. Infatti, la versione originale si rivela una perfetta orchestra di elettronica, condotta brillantemente da una drum irregolare (cavallo di battaglia dell’artista neozelandese) sposata perfettamente da un’atmosfera idilliaca e dal vocale di Mara Tk, il volto più noto dei connazionali Electric Wire Hustle. Il tocco analogico con basso e strings aggiungono ancor di più profondità ad una traccia molto curata. Passando alla versione “Piano Dub”, come facilmente si può intuire, alla parte vocale si affianca l’armonicità del piano. Synths quasi ad intermittenza, impercettibili percussioni e diversi reverse crash anticipano la tempesta finale con il ritorno di piano e synths.
Il remix di Ossie sconfina dalla pura elettronica e riporta chiaramente il sapore house, con un beat impostato e il sample vocale adagiato di conseguenza. Dopo il primo minuto fanno la loro comparsa ritmiche scostate e martellanti, portando il tutto su un binario completamente diverso. Nota di merito al giovane londinese per questa mossa, consapevolmente e palesemente azzardata, ma decisamente ben riuscita. L’ultima versione è quella di Midland, il cui tocco proietta l’ascoltatore in una viaggio deep house di sola andata. Il groove è condizionato da avvolgenti pads con la duplice funzione di armonizzare il pezzo e porlo in contrasto con una battuta decisamente più incisiva. Tra le quattro, sicuramente la più elegante e quotata componente per un set all’insegna della melodia.
Elettronica, soul, pop, sperimentale. Difficile catalogare questa bellissima release. Una cosa però è certa: l’intero EP è una preziosissima gemma da custodire con cura ed esibire nelle occasioni più meritevoli.