Alla fine per voi è solo questione di capire su che sito (o che rivendita o, come vedremo, che PR) andare: ma sappiate che attorno alla semplice faccenda della vendita di biglietti si è in realtà scatenata, da anni, una guerra tra colossi, con un panorama variegato dove compaiono nuovi attori molto rampanti e globalizzati da un lato e dove dall’altro resistono comunque tenaci realtà locali. Insomma, il business del ticketing – cioè tutta l’infrastruttura che sta attorno alla creazione, vendita, rendicontazione die biglietti – è ormai uno dei più grossi in assoluto, anche se forse quello di cui pubblicamente si parla di meno. Sono le società del ticketing quelle che hanno in mano la liquidità, prima di tutto: i vostri soldi vanno prima di tutto a loro, solo poi vengono redistribuiti ai promoter. Ma questa dinamica li ha resi – in alcuni casi – talmente ricchi che, unendosi spesso coi già esistenti colossi dell’organizzazione eventi ma anche quando questo non succede, sono ormai sempre più spesso loro ad anticipare denaro a chi organizza concerti, serate nei club, pur di rafforzare il rapporto e la fedeltà reciproca. Lo fanno a cuor leggero: tanto sanno che poi, evento dopo evento recupereranno quanto anticipato – perché si prenderanno sempre una fetta per quanto piccola per ogni biglietto venduto.
Insomma, un business di importanza capitale. E visto che è alle porte uno dei festival più grandi dell’anno, qua in Italia, il fiorentino Decibel che anche stavolta radunerà decine di migliaia di persone in due giorni (9 e 10 settembre), abbiamo deciso di farci una bella chiacchierata con Marta Fantin, la Director of Music Partnerships in Italia di DICE, la vera grande novità in questo settore degli ultimi anni. Una realtà così ben vista – e ben presentata – quella di Dice da crescere velocissimamente e da continuare a raggranellare investimenti giganteschi (l’ultimo di questi, 65 milioni di dollarI in un colpo solo: non bruscolini). Pure in Italia DICE sta crescendo, a vari livelli (fra i festival che amiamo di più, ad esempio, sia Jazz:Re:Found che Polifonic sono suoi partner); e ha pure messo decisamente nel mirino il mondo del clubbing in sé. Ma lì la situazione è complessa, e si scontra con una pecularità tutta italiana. E quindi: il piatto della conversazione con Marta è particolarmente ricco. E aiuta davvero tanto a comprendere molte dinamiche – e a metterle nella giusta prospettiva.
Se non sbaglio DICE recentemente ha incassato un altro round di finanziamenti piuttosto consistente, parliamo di decine di milioni di euro: insomma, si conferma che il ticketing sta attraendo veramente tanti finanziamenti e tanto interesse da parte dei grandi investitori. Come mai tanta attenzione, tante risorse? Chi è un addetto ai lavori lo sa, ma magari chi non lo è se ne chiede il motivo. Si tratta banalmente di vendere biglietti incassando una percentuale minima per biglietto, in fondo – non di creare eventi, organizzare concerti, gestire artisti, prendersi insomma la fetta principale… Eppure…
L’industria discografica sta lavorando molto bene sullo streaming, da parecchi anni a questa parte: in questo modo i bilanci sono tornati in attivo. Al tempo stesso, l’industria del live è diventata molto più di prima una parte fondamentale dell’ingranaggio: attorno ai concerti girano tantissimi soldi, oggi. Il ticketing di conseguenza è diventato un fattore piuttosto rilevante, ed anzi, spesso queste due cose si intrecciano. Anche in Italia comandano le multinazionali: il leader di mercato nell’industria del live nel ticketing è TicketOne, una società della tedesca Eventim, che negli anni ha acquisito molti promoter italiani; a sua volta l’altra grande realtà, Ticketmaster, è di proprietà di Live Nation, che è il più grande promoter operante in Italia. C’è comunque spazio anche per altre realtà nel mercato: ce n’è per noi, così come altre aziende indipendenti. Chiaro che più il mercato è grande, più c’è spazio per degli attori; ma più attori ci sono, più le cose si fanno difficili, il mercato diventa frammentato, per fare acquisizioni si scatenano aste, e queste aste a loro volta poi erodono i guadagni finali e i margini.
Ma voi di DICE cosa siete? Perché da un lato siete una multinazionale, quindi paragonabili ai grandi colossi che dominano il mercato, le major insomma; ma dall’altro…
Noi siamo comunque una realtà indipendente. DICE vuole lavorare con venue e con promoter che gestiscano capienze indicativamente dalle 300 alle 5000 persone. Poi chiaro, ci capita di lavorare con eventi – magari festival – che attirano anche folle molto più grandi, ma diciamo che il nostro “core” è nel range che ti dicevo. Lavoriamo tantissimo con venue attorno ai 2000/3000 posti di capienza. Lavorare negli stadi o nel palazzetti dello sport non è il nostro obiettivo: a noi interessa soprattutto creare una forte rete di realtà più piccole che creino “densità” all’interno delle città dove siamo presenti. Quindi sì: penso che possiamo essere considerati tra le realtà indipendenti, e non una major.
È vero che per una società di ticketing l’Italia è, in generale, un mezzo incubo? Che per quelli abituati a lavorare cioè in altre nazioni europee arrivare da noi è terribile, per quanto è complicata la nostra burocrazia?
Io sono stata praticamente la prima dipendente assunta da Dice per l’Italia, quindi ho seguito proprio fin dall’inizio lo sviluppo sul nostro territorio. Ti dirò, al di là della difficoltà delle procedure burocratiche in sé, c’è proprio una cosa alla base che rende tutto peculiare e burocratizzato: il fatto che una agenzia di ticketing debba essere connessa direttamente all’Agenzia delle Entrate, col tramite della SIAE. Questa è una cosa molto difficile da far capire, che so, ad un inglese, visto che da lui quando si vende un biglietto non bisogna nemmeno emettere uno scontrino. Quindi sì, da noi il carico burocratico è molto forte. Ma non è che in altri paesi d’Europa sia molto minore: non c’è magari la complicazione legata a questo treccio tra Agenzie delle Entrate e SIAE, vero, ma in Francia ad esempio la fatturazione è un processo molto complesso perché ci sono tantissime aliquote possibili, non è facile orientarsi; ed anche la Germania, in certi campi, non sempre è semplicissima, come ad esempio quando vendi congiuntamente un disco e un biglietto d’ingresso ad un concerto.
Ma da noi, c’è margine per semplificare un po’ le cose?
Mah. Al momento, non credo. Ecco: forse sono le varie società di ticketing che operano sul nostro territorio, grandi e piccole, che dovrebbero parlarsi un po’ fra di loro, per individuare soluzioni che semplifichino la vita a tutti. Potrebbe portare a qualcosa. Ma non è quello che sta accadendo al momento, e non mi pare realistico possa accadere a breve: visto che al momento è più la guerra che ci si fa, fra competitor, con tanto di segnalazioni incrociate all’autorità…
Lo scenario finale sarà avere, nel nostro Paese, solo tre, quattro grandi multinazionali?
Difficile prevedere il futuro. Io posso solo dire che DICE spero che prenda sempre più piede qui da noi: al di là del fatto che io adesso ci lavori, devo dire che ne ero fan anche prima di entrare a farne parte. A differenza delle altre piattaforme di ticketing, che si limitano ad offrire un servizio, noi cerchiamo di fare un passo in più: avvicinare le persone all’uscire sempre più spesso alla ricerca di un evento live. La “discovery” per noi è un punto fondamentale: sei a Parigi, a Milano, a New York, apri l’app e ti chiedi “Cosa potrei fare stasera?” – bene, noi siamo qui per risponderti, e per invogliarti. Questo ruolo di “spinta alla scoperta” per noi è quasi più importante del ticketing in sé. Chiaro, i guadagni arrivano dal singolo biglietto venduto, ma nella nostra filosofia c’è veramente la voglia di creare un ambiente che spinga in generale ad uscire di più, ad essere curiosi. Non ci sentiamo e non vogliamo insomma essere un semplice sito di biglietteria.
Ecco, e verso il mondo del clubbing invece come vi ponete? Perché diciamolo: è un circuito ancora oggi piuttosto diverso rispetto a quella della musica live. E non parlo tanto per le venue in sé, per dove si svolgono gli eventi, quanto proprio per modo di pensare e di operare.
Hai ragione: è molto diverso. Infatti se ci pensi TicketOne e Ticketmaster non sono ancora entrati nel circuito del clubbing, guarda caso, se non in modo molto episodico e quasi casuale. Sì, è una galassia completamente diversa rispetto a quella della musica suonata dal vivo. Soprattuttto in italia.
Soprattutto da noi?
Sì. Perché soprattutto da noi resiste questa cosa dei PR: spesso sono addirittura loro i principali vettori della riuscita di una serata e della vendita di biglietti per essa, sono ancora oggi molto pochi i club che pensano di poterne fare a meno e che vogliono affidarsi solo alla forza della propria programmazione, della propria proposta, senza bisogno di intermediari che la “spingano” e vendano. Un fenomeno che sta pure crescendo: perché per abbattere le spese, sono molti i locali che stanno tornando alle serate con soli dj resident – e quelle sono serate che si riempiono soprattutto col lavoro dei PR, che vanno in giro a dire “Dai, vieni, facciamo festa”, ti ritrovi a fare affidamento solo su quello, non su qualche proposta artistica interessante, qualche ospite particolare capace con la sua sola presenza di richiamare persone. È un mondo insomma abbastanza peculiare e complesso. Noi comunque abbiamo lavorato su partnership di primissima qualità: Decibel Festival, Tenax, Polifonic, giusto per fare qualche nome. Ed è nei nostri piani crescere sempre di più nella sfera del clubbing.
Nonostante appunto queste difficoltà che dicevi, queste differenze di “linguaggi”, dinamiche, abitudini…
Questa cosa del PR è qualcosa che non esiste assolutamente né in Inghilterra né negli Stati Uniti: e sono due nazioni in cui siamo molto forti dal punto di vista del clubbing e della nightlife. In America ad esempio il mercato di Miami – che è uno dei più forti in assoluto – è quasi tutto su Dice: e lì, credimi, la sola idea di usare dei “PR” per riempire le serate è inimmaginabile. Mentre arrivi poi in Italia, e ti spiegano che per riempire un posto da 2000 persone di capienza hai bisogno necessariamente di circa 150 PR: quando lo raccontiamo all’estero, ci guardano quasi increduli… E non ha senso per noi provare a sviluppare delle soluzioni ad hoc per il mercato italiano: sarebbe uno sforzo tecnologico fuori scala. Ecco perché cerchiamo di chiudere delle partnership dove è in primis la proposta artistica in sé quella che fa vendere i biglietti. Non c’è bisogno di qualcuno che ti venga a dire “Vieni, è una bella serata”: no, dovrebbe essere evidente già di per sé che valga la pena andarci.
E pazienza per chi non lo capisce.
Guarda, DICE opera essenzialmente tramite app…
…che è fatta molto bene.
Esatto. Apri l’app, l’app è fatta in modo tale che ti vengano subito messi in primo piano degli eventi che ti possano interessare: non abbiamo bisogno di una terza parte che “spinga” l’offerta. Lo “spingere” lo puoi fare direttamente tu nella app: invitando i tuoi amici e segnalando a loro un evento che ti sembra valido, a cui ti piacerebbe andare non da solo ma con loro. Ma questo consiglio deve essere organico, nella nostra visione, non invece una industria a sé che deve essere remunerata a parte. Da noi, nell’app, puoi creare gruppi fino a 100 persone: è lì che puoi segnalare, condividere, invitare, e lo puoi fare tu da solo, a costo zero per il promoter. È contro la nostra filosofia che il promoter debba pagare un’altra parte ancora per “convincere” la gente a venire ai suoi eventi. Cerchiamo insomma di rendere il rapporto molto diretto tra l’organizzazione e il proprio potenziale pubblico.
In più, state comunque cercando di colmare il “gap digitale” che da sempre contrassegna il mercato italiano un po’ in tutti i settori, non certo solo nella musica e nell’intrattenimento culturale, ma di sicuro anche lì.
Ti dirò: da un certo punto di vista, la situazione è molto positiva perché ad esempio ormai ci capita molto raramente di dover fornire assistenza alle persone. Sì, ci sono sempre quelli che ci chiamano disperati perché non riescono a scaricare l’app, e questo solo perché non si sono accorti che hanno la memoria dello smartphone già piena; ma sono casi irrisori, come numero. Quindi sì, la direzione è decisamente quella giusta anche qui da noi. Siamo però effettivamente ancora indietro per quanto riguarda il pagamento via carta di credito. Resta una sorta di timore diffuso nell’usarla. Il rimedio momentaneo a questa situazione è prevedere pagamenti in altre forme, ad esempio con le prepagate. Però siamo ancora lontani dal poter dire “Bene, in Italia si può rendere tutto cashless”. Al contrario di altre nazioni europee, da noi è ancora molto forte il canale di vendita tramite biglietteria fisica. Ma stiamo osservando che una volta che finalmente convinci le persone a comprare il biglietto via app, poi non tornano più indietro.
L’obiettivo finale è far scomparire definitivamente i biglietti d’ingresso cartacei.
Sì. Anche quando ci sono delle biglietterie fisiche, abbiamo implementato un sistema per cui il biglietto appena acquistato ti arriva sul telefono via SMS: e questa cosa sta piacendo moltissimo ai locali. Perché a loro stai togliendo finalmente dei costi assolutamente inutili come quello per la carta e le attrezzatture per stampare i biglietti. Una necessità che sì, via via sarà sempre più un ricordo del passato.