Maiole è uno di quei producer su cui Soundwall punta già da un po’. Oggi esce il suo nuovo singolo “Penny Laze”, che fa da preludio all’album in uscita il 20 ottobre “Music For Europe”. Abbiamo parlato con Marco del percorso che l’ha portato ad accantonare un album pronto all’uscita, per ripartire da capo con un progetto più a fuoco. Elettronica melodica, la definisce lui. Ci siamo fatti spiegare questo concetto e il suo modo di fare musica.
L’ultima volta che avevamo parlato di persona era lo scorso aprile, se non ricordo male. Mi raccontavi di avere un disco pronto e che stavi cercando una label con cui uscire. Da aprile ad oggi so che il disco che avevi in cantiere è stato accantonato e che ora sei pronto ad uscire con un album completamente nuovo. Cosa è successo in questo lasso di tempo? Come mai sei arrivato alla scelta di “resettare” tutto e fare proprio un altro disco?
Sono arrivato a questa scelta in parte perché l’esperienza fatta con i primi singoli che avevo buttato fuori, con quello che prima era solo il mio editore, mi avevano portato a fare nuove sperimentazioni. In più, con i live che aumentavano di numero, ho cominciato ad accorgermi che certi suoni virati più sull’elettronica, che prima tendevo ad evitare, cominciavano a piacermi e ad interessarmi sempre di più.
Hai di fatto completamente rovesciato la medaglia…
Sì. Prima avevo una cosa molto più cantata, con molti strumenti acustici e un po’ di elettronica. Adesso – come dici tu – ho completamente ribaltato la cosa. Ora la mia musica è elettronica con degli elementi di melodia più forti, magari ispirati da un pezzo techno, con qualche strumento acustico. In più adesso c’è questa label che è Malinka Sound, con cui usciranno anche altre cose oltre all’album, che spinge su questo concetto di elettronica con molta melodia.
Del disco vecchio hai tenuto qualcosa o l’hai completamente cestinato? Io tra l’altro l’avevo sentito il disco vecchio e non era brutto.
No hai ragione non era brutto, ma secondo me era poco coerente. Ho tenuto qualche cosa rispetto a quella demo che ti avevo inviato, alcuni campioni e alcune strutture, ma diciamo che “Music For Europe” è un po’ più cosciente, è più a fuoco. Ecco, “a fuoco” è la definizione perfetta.
Rifacendo il percorso di cui abbiamo appena parlato, arriviamo a questa estate, in cui fai uscire prima “Boras”, che è andato molto bene, e poi “Youth Cure Everything” che per te è stato un successone.
“Boras” è andato molto bene! Poi è arrivata “Youth Cure Everything” che mi ha fatto suonare tantissimo ed è stata anche la traccia che mi ha dato più sicurezza in quello che ho prodotto successivamente.
È abbastanza chiaro anche il percorso musicale fatto in questo periodo. Sentendo le cose nuove ormai in uscita, rispetto alle cose con cui sei passato anche su Soundwall, i cambiamenti sono evidenti. Hai abbandonato un po’ quel lato “balearic” che aveva Maiole?
È vero, questo è dovuto principalmente ad una ricerca verso un suono più mio. Non che io abbia mai scimmiottato niente eh, ci mancherebbe, diciamo che ho un po’ abbandonato quelle sonorità anni ’70 o alla Battisti per andare verso cose un pochino più moderne. In parte è dovuto a questa passione per l’ambient, per Sakamoto sopratutto, un po’ è una scelta fatta verso suoni più freddi. Magari il Maiole di prima aveva più un suono estivo rispetto alle nuove cose, non lo rinnego eh. Non so se si possa davvero parlare di abbandono, magari è più uno sviluppo ecco.
Cosa non ti convinceva del Maiole 1.0, che hai cosi stravolto, rispetto al nuovo Maiole che stiamo sentendo ad esempio in questo nuovo singolo?
Adesso mi sembra di avere un progetto molto più a fuoco, non credo che sia cambiata l’impostazione della cosa perché comunque sono sempre canzoni pop fatte in modo elettronico, anche se non c’è un testo preciso. Prima avvertivo più un distacco tra quello che volevo trasmettere e quello che poi arrivava. Secondo me non era percettibile la sezione pop che volevo dare al progetto, perché elettronica e song writing erano ancora molto distanti. Adesso credo di essere riuscito a trovare una formula mia, che ha portato una coesione tra i fattori che ti dicevo prima.
Arriviamo quindi a “Penny Laze” il singolo che anticipa “Music For Europe” in uscita il 20 ottobre. Lo racconti molto bene nel comunicato stampa, Sostanzialmente dici che in una scena sempre più orientata verso sperimentazioni etniche, tu rimani fedele ad un suono abbastanza autoctono, originario nel posto dove sei nato e cresciuto tu. Inizialmente volevo chiederti se questa fosse una polemica, una presa di posizione, o una semplice puntualizzazione. Poi riascoltando l’album, ma soprattutto il singolo, ho capito che è una scelta proprio musicale…
Sì sì è così, Non è assolutamente una polemica, perché adoro tutte le cose “etniche” uscite in questo periodo, anzi l’ultimo disco di Popoulous è anche un riferimento per le cose che faccio ora. L’album e il singolo sono invece una cosa che parte proprio dalle mie basi. Da piccolo ho studiato musica classica e quello che intendo dire è che secondo me nell’elettronica di oggi ci sono due filoni ben distinti. Uno che va più verso il tribale e l’altro che va più verso l’ambient e verso una ricerca sul suono. Con gli studi che ho fatto sono più portato verso il secondo filone. Immagina che comunque io scrivo i miei pezzi sul pentagramma. Se prendi il disco di Andrea Mangia, lui parte da campioni e atmosfere, in quel caso quelle portoghesi. Io invece credo che il fatto di scrivere sul pentagramma abbia più una connotazione europea rispetto ai suoni sudamericani o etnici, o anche hip hop. Prendi anche il disco di Godblesscomputers, bellissimo, uscito in questi giorni, ha quelle derive hip hop a volte addirittura dancehall. Io faccio un discorso diverso perché parto dalle melodie, dalle creazioni armoniche e poi cerco anche io di fare una ricerca sonora sui campioni, semplicemente però lo faccio dopo.
In effetti la scelta musicale è molto precisa. Ad esempio in “Penny Laze” butti dentro questo synthone euro dance. Bella idea quella di legare il discorso “Music For Europe” a questo synth tipico di questi posti.
Ma poi soprattutto, tralasciando l’italo disco, forse possiamo dire che l’euro dance è uno dei pochi marchi musicali italiani conosciuti nel mondo. Del resto anche Lorenzo Senni, anche se in modo molto più estremo, fa uso di quei suoni. Io credo l’euro dance vada contestualizzata e riaffermata come firma italiana nel mondo dell’elettronica.
Forse più che rivalutata andrebbe sdoganata?
Esatto! È proprio quel discorso lì. Chiaramente “Penny Laze” non è un pezzo euro dance, né vuole avere quei grossi riferimenti, però insomma mi piaceva l’idea di inserire in un contesto di un brano, se vuoi anche molto calmo, quel synthone, che non credo suoni cafone.
Tra l’altro dall’euro dance ci siamo passati tutti, bisognerebbe forse cominciare a parlare con più libertà dei proprio scheletri nell’armadio…
Infatti non c’è nulla da nascondere, è un suono che ha una sua dignità. Tra l’altro se pensi all’italo disco, ripresa negli ultimi anni, non è che fosse poi un genere così nobile anzi, le sue “trashate” le aveva anche lei. Credo vada restituita dignità all’euro dance, se ci pensi è vero che è un genere molto spinto ma è anche molto, molto melodico e la melodia è una cosa europea che viene dalla musica classica. Io credo che per il mio percorso artistico la melodia vada studiata anche lì.
In realtà questo discorso era venuto fuori ultimamente anche intervistando i Bicep, che mi dicevano come ormai non ci sia più nessuno che scrive la musica. C’è forse questa necessità di tornare ad una musica suonata e scritta, anche se circoscritta solo ad un ambito elettronico o pop.
Credo sia giusto. La difficoltà di fare musica elettronica secondo me sta nel fatto che, essendo fatta da persone che vi si approcciano tramite il campionamento o le macchine, manchi di armonie o di strutture complesse a livello armonico e melodico. Credo sia difficile fare un discorso sonoro interessante ma allo stesso tempo melodico. La maggior parte infatti dei compositori che mi piacciono quando si sono approcciati all’elettronica hanno completamente abbandonato la melodia. Adesso viviamo in un’epoca in cui anche con i computer non siamo più limitati negli strumenti o nelle cose che facciamo. Io credo che se uno sa scrivere la musica può scriverla sia per la chitarra che per il sintetizzatore, credo si possa andare oltre il semplice loop e il campionamento ormai.
Mi dicevi prima che stai ascoltando un sacco di musica. Cosa ha ispirato “Penny Laze” e “Music For Europe”?
Ho ascoltato tantissimo Indian Wells, sto rivalutando tantissimo Mark Ronson che credo sia ancora sottovalutato.
Lui secondo me è un re mida della produzione in realtà…
In questi anni la figura del produttore è diventata una cosa un pò vaga, Mark Ronson secondo me è il produttore per eccellenza. Lui ha sempre questa idea di progetto con un suo suono abbastanza chiaro e un suo stile particolare, che riconosci subito.
Magari sarà il prossimo Quincy Jones…
Magari lo è già! Allo stesso tempo è uno che non ha fatto solo il produttore, ma ha scritto una delle canzoni più ascoltate negli ultimi anni, quella con Bruno Mars. Tornando a cosa ho ascoltato: sicuramente tutti i dischi di Sakamoto, ma proprio tutti. Sempre per quel discorso della ricerca delle armonie di cui parlavamo.
Tu non ti vergogni per niente, in un mondo dove regna lo snobismo nei confronti del pop e del commerciale, di suonare pop. Tu desideri essere pop!
Assolutamente, anzi io cerco di non essere non pop. Credo sia molto facile fare quelle cose oscure, perché essere pop in modo non banale vuol dire riuscire a creare un qualcosa che ti rimane in testa. Creare qualcosa di orecchiabile per me è un valore aggiunto. Mi spiego, anche nell’ottocento o ancora prima venivano scritte musiche per farle rimanere in testa alle persone, non è che Bach scrivesse pezzi per essere quello intellettuale o inarrivabile. Considera che prima la musica non era divulgata con i mezzi di oggi, le cose si tramandavano cantandole. Noi come essere umani secondo me abbiamo bisogno di ricordare la musica. Io vado molto alla ricerca di questa “memorabilità” che ti rimane in testa.
Quindi: festivalone elettronico la prossima estate o – esistesse ancora – il Festivalbar?
Ahahahah, tutti e due! Diciamo che, adesso come adesso, festivalone. Tenendo d’occhio sicuramente il Festivalbar.
Per uno come te, che appunto scrive la musica sul pentagramma, come si costruisce la melodia perfetta? Il tormentone? Tipo quella di “Portico” ad esempio.
Secondo me deve essere una melodia facile, semplice. “Portico” sono cinque note messe bene. Conta la semplicità e il modo in cui quelle cinque note le piazzi dentro il pezzo. Conta tanto anche quello che ci costruisci intorno, a livello melodico, è quello che poi diventa memorabile, ciò che ti ricordi, che ti provoca la sensazione sulla pelle.
In un disco che già dal titolo ha un forte sapore d’Europa ti chiedo: “Music For Europe” è pronto per andare in Europa o manca ancora qualcosa? E, nel caso, cosa?
Io credo di avere una musica adeguata ad un discorso internazionale. Per andare in Europa credo però servano delle cose in più, legate ad un’eventuale scena. Ti faccio un esempio pratico: pensa alla Francia. Tu dici Ed Banger, Daft Punk, un filone ben presente, costruito, affermato. E’ normale che un francese che fa quella musica si trova poi un terreno molto fertile già battuto. Per noi non è così. Prendi ad esempio Lorenzo Senni, se senti la sua musica non è che ti viene da gridare Italia. A noi manca un po’ questa cosa delle radici nella musica elettronica, ci manca la possibilità di poter percorrere un terreno già battuto o una scena già presente e affermata.
Che risultato ti aspetti da singolo e album? Cosa ti farà dire: “ok! obbiettivo raggiunto” ?
Guarda non guarderò di certo i numeri perché non credo sia su quello che ci si possa valutare. Sono un compositore, credo di aver creato il manifesto del mio momento musicale oggi. Mi piacerebbe che la mia musica entrasse nella testa delle persone, ecco questo sì. Mi piacerebbe affermarmi come un musicista che fa anche elettronica, credo ci sia molto ancora da lavorare. Secondo me il disco è proprio solo il primo step, vorrei che la mia musica venisse trascritta e fare un live con una band come andrà a fare adesso Godblesscomputers. Ecco, sarò soddisfatto se riuscirò a fare dei live con una mia band, quello vorrà dire che avrò centrato a pieno il risultato.
Ultima domanda: tu hai un atteggiamento molto sobrio sia negli show che proprio di persona. Compassato, quasi da medico in visita domiciliare, con la valigetta di pelle The Bridge, la sua camicina, il suo maglioncino, che rappresenta poi il vero studente e compositore di musica classica. Come ti approcci a un mondo che a volte può sembrare all’opposto, così euforico, festoso, così colorato se vogliamo?
(ride) Recentemente ho suonato a questo festival a Roma, il giorno dopo leggo il report e chi l’ha scritto raccontava di me dicendo che a vedermi non mi avrebbe dato una lira perché sembrava un filo nerd, raccontando poi che una volta che sono salito sul palco l’ho sbalordito. E’ vero, viviamo in un mondo molto euforico e colorato, ma è vero anche che viviamo in un mondo molto aperto, anche ad accettare qualche contraddizione. Sicuramente posso sembrare contraddittorio, con la mia camicia, gli occhiali e il mio maglioncino, sono un tipo molto composto, però mi piace l’idea che arriva al pubblico. Vuol dire che la mia musica riesce a parlare anche senza che io sia una manifestazione estetica della stessa, credo sia bellissimo.