Niall Mannion è senza alcun dubbio uno dei nomi nuovi più interessanti del panorama deep house e il suo album “Changing Days” in uscita su Permanent Vacation sarà probabilmente il passo della consacrazione definitiva, un po’ com’è avvenuto per John Talabot l’anno scorso. In molti hanno già speso parole importanti per lui, come Kristian Beyer degli Âme che ha dichiarato recentemente in un’intervista “grazie a Mano le Tough, non ho alcun timore per il futuro dell’house”, ma il suo fan club include anche figure chiave della scena nu-disco come Prins Thomas e Tensnake, che hanno voluto alcune sue tracce nelle proprie etichette e artisti più pop come TEED e Roisin Murphy, che lo hanno scelto come remixer. La sua musica è molto legata all’aspetto emotivo dell’ascolto, e in quest’intervista ci racconta come emozioni e stati d’animo siano sempre il punto di partenza della sua produzione musicale, oltre a descriverci la vita a Berlino dal punto di vista di chi ci si è trasferito ma si porta sempre dentro le proprie origini.
Qui in Italia ti conosciamo da relativamente poco anche se la tua prima release è del 2009. Ti va di raccontarci la tua storia?
Sono originario di Greystones, in Irlanda. Mi sono trasferito a Berlino nel 2007, produco musica elettronica da sei o sette anni e faccio il dj da un paio d’anni prima di allora. Mi piace leggere, giocare a golf e bere Guinness.
Il 2012 è stato un anno piuttosto intenso per te, con le tue release che ti hanno consacrato come uno dei breakthrough dell’anno e ti hanno permesso di ottenere complimenti e lodi da alcuni dei top player della scena. Com’è cambiata la tua vita quotidiana dopo un anno così ricco di soddisfazioni?
E’ stato un cambiamento graduale nell’ultimo paio d’anni, che ha accelerato di recente. Il cambiamento principale è che sono molto più impegnato, ho più date, più viaggi etc. Cerco di mantenere un equilibrio comunque, per trovare del tempo per stare a casa con le persone che mi sono più vicine ed essere sicuro di avere tempo per produrre musica. E’ stato fantastico però, mi sento davvero fortunato a essere in grado di fare quello che amo.
Da artista berlinese d’adozione, pensi che avrà ancora senso, in futuro, trasferirsi in un’altra nazione per prendere parte a una scena locale oppure la rete e la possibilità di spostarsi a basso costo renderanno obsolete le scene legate a un posto fisico?
Penso sia più che altro un viaggio personale, ognuno dovrebbe fare ciò che gli va meglio. Per me aveva perfettamente senso trasferirsi a Berlino quando l’ho fatto, ho avuto il tempo e il modo di crescere come artista e come dj. Per altri potrebbe non essere lo stesso. Credo ci saranno sempre posti che sono una mecca per la musica, come è attualmente Berlino per house e techno, ma credo sia molto salutare per la musica che le persone creino le loro scene nei luoghi dove vivono. In fin dei conti, è questo che fa crescere la musica.
Parlando di Berlino, hai visto cambiare la città negli ultimi anni, non solo in relazione alle nuove regole della GEMA? Pensi sia ancora il centro nevralgico della club culture europea?
Sì, è certamente ancora il centro della club culture europea, basta girarla nei weekend per vederlo. La città è piena di gente che viene nei weekend per andare ai party e ascoltare musica. E’ sicuramente cambiata da quando mi sono trasferito qui, ma penso sia cambiata in un modo tutto sommato positivo. Il fatto che la musica elettronica è così profondamente parte dell’identità culturale della città è il motivo per cui mi sono trasferito qui e questo è per me una fonte di ispirazione tuttora.
Ti consideri un clubber? Ti piace andare a sentire altri dj o in generale, ai party? E se sì, hai ancora tempo di farlo e magari vuoi suggerirci dei dj o dei produttori che ti piacciono e magari non conosciamo?
Direi che la mia relazione col clubbing è cambiata molto nell’ultimo paio d’anni. Suono tutti i weekend ora, per cui la mia voglia di stare in un club dopo aver suonato è in qualche modo diminuita. In qualche modo, però, è anche quello che ha fatto crescere il mio amore per la club culture. E’ ancora il miglior ambiente possibile per ascoltare e vivere la musica, e ovviamente mi piace comunque uscire con gli amici e divertirmi!
Nelle tue produzioni, e in particolar modo nel tuo album, si nota un desiderio di costruire non tanto dei dj tool ma vere e proprie canzoni. Pensi che questo possa aiutarti a raggiungere anche un pubblico più ampio, non necessariamente legato al clubbing? E in generale cosa pensi dei crossover sempre più frequenti tra la musica ‘da club’ e quello che una volta si chiamava ‘pop mainstream’?
Non so se mi aiuterà a raggiungere un pubblico più ampio, ma sicuramente potrebbe avere un riscontro più vasto rispetto solo a chi va nei club techno. Parlando di canzoni, aveva semplicemente senso per me produrre un album così. Credo che la scena musicale sia diventata sempre più aperta negli ultimi anni, la musica house si è avvicinata molto all’indie in un certo senso. Certamente c’è sempre la roba molto mainstream, da classifica, con tutte le tracce che hanno un beat cheesy house ma credo che sia solo un sintomo sfortunato di quello che in realtà è un fenomeno più ampio. La musica elettronica è diventata parte del tessuto di praticamente tutti i filoni della musica pop, e penso che questo sia molto positivo. Più gente si apre alla musica elettronica, meglio è.
A proposito, la voce che si sente in alcune tracce del tuo album, come “Primative people” e “Cannibalize” è la tua?
Sì, sono io.
Una delle tracce che mi hanno colpito maggiormente dell’album è “The Sea Inside”, in cui il feeling “marittimo” si sente tantissimo, come pure qualcosa di distintamente irlandese. Hai cercato intenzionalmente di trasmettere queste sensazioni, oppure è solo la tua origine irlandese e marittima che viene allo scoperto? E in generale, di solito cominci la produzione delle tue tracce partendo da una sensazione che vuoi trasmettere all’ascoltatore?
Vengo da una piccola città sul mare e la canzone parla assolutamente di quello, della mia infanzia e di come il luogo da cui provieni rimane con te. Cerco sempre di esprimere sensazioni o stati d’animo quando produco musica, il senso di tutto è all’incirca questo per me.
Pur essendo assolutamente ‘Mano Le Tough’, il tuo album si inserisce perfettamente anche nello stile della Permanent Vacation. I ragazzi dell’etichetta hanno partecipato alla realizzazione dell’album oppure hai dato loro le 10 tracce finite?
Ho ovviamente prodotto io tutta la musica, ma loro mi hanno dato una grossa mano a realizzare la mia visione del prodotto finito. C’è sempre stato un dialogo durante il processo di produzione dell’album e mi hanno dato alcuni consigli, ma alla fine tutte le scelte sono state mie.
Parlaci di Maeve, l’etichetta che gestisci assieme a The Drifter e Baikal, e di Passion Beat, il tuo party mensile. Qual’è l’idea dietro questi due progetti?
The Drifter e io abbiamo iniziato i party Passion Beat tre anni fa al Kleine Reise, un club gestito da alcuni nostri amici irlandesi qui a Berlino, e poi ci siamo spostati al Loftus Hall, la loro nuova location. Abbiamo avuto un sacco di grandi guest come Âme, Nicolas Jaar, John Talabot, etc. e ci siamo divertiti un sacco. A Maeve, invece, abbiamo dato vita per poter stampare la nostra musica.
Ora che hai a disposizione una grossa quantità di materiale tuo pubblicato e un album all’attivo, hai intenzione di portare in giro un live set o continuerai a fare il dj?
Almeno per il prossimo futuro, conto di continuare a fare il dj. Forse un giorno prenderò in considerazione l’idea di un live set, ma solo quando sarà il momento. Non ho fretta.
English Version:
Niall Mannion is without any doubt one of the most interesting new kids on the block in the deep house scene, and his new album “Changing days” coming out on Permanent Vacation will probably be his final step towards a definitive consecration, in a similar way to what happened last year to John Talabot. Many big players have already spent words about him, like Âme’s Kristian Beyer who recently stated in an interview “thanks to Mano le Tough, I have no fears for the future of house”, but his fan club features key figures of the nu-disco scene like Prins Thomas and Tensnake, who wanted some of his tracks on their labels, and even some more pop-oriented acts like TEED and Roisin Murphy, who picked him as a remixer. His music is heavily influenced by the emotional side of the listening experience, and in this interview he tells us about how emotions and moods are always the starting point of his music production process, besides speaking about life in Berlin from the viewpoint of an expat who still has his hometown among his main influences.
Here in Italy we’ve known you for a relatively short time, even if your first release dates back to 2009. Can you please tell us your story?
I’m originally from Greystones in Ireland. I moved to Berlin in 2007, I have been making electronic music for about 6 or 7 years, djing for a few years more. I like reading, playing golf and drinking Guinness.
2012 has been pretty intense for you, with your releases making you one of the breakthrough artists of the year and amazing feedbacks from most of the top players in the club scene. Did you daily life change after a year so full of accomplishments?
It’s been a gradual change over the last couple of years which has accelerated recently. The main change is that I have gotten a lot busier, more gigs, more travelling etc. I try and keep it balanced though, to make time for being at home with the people closest to me and make sure I have time to make music. It’s been amazing though, I feel very lucky to be able to do what I love.
As an expat, do you think it will still make sense, in the future, for an artist to move to another country to take part in a local scene, or maybe the Internet and low-cost travels will make local scenes obsolete?
I guess it’s just a personal journey, everyone should do what suits them. For me it made perfect sense to move to Berlin when I did, I had the time and space to grow as an artist and dj. For others it might not be the case. I think there will always be places that are a mecca for music, as Berlin is currently for House and Techno, but I think it is really healthy for the music that people create their own scenes in the places they live. In the end that is what makes the music grow.
Speaking of your actual hometown, Berlin, did you notice any changes in the mood and the lifestyle of the city in the last few years, not only in relation with the new GEMA rules? Do you think it still is the center of European club culture?
Yes, it is definitely still the centre of European club culture, you just have to go out at the weekend to see that. The city is full of people here for the weekend to party and listen to music. It has changed since I have been here but I think in a pretty positive way overall. The fact that electronic music is so much a part of the city’s cultural identity is the reason I moved here and it still inspires me today.
Do you see yourself as a clubber? Do you like to go listening to other djs or, in general, to parties? And if you do, do you still have time to do it? And are there any djs or producers you like that we probably don’t know about and you want to suggest?
I guess my relationship to clubbing has changed a lot over the last few years. I play every weekend now so my appetite to be in a club after that has diminished somewhat. But in a way it’s also made my love of the clubbing culture grow. It is still the best environment to listen to and experience the music and of course I still love to go out sometimes with my friends and have fun!
Your productions, and particularly your album, convey a distinct desire to build not just some dj tools, but actual songs. Do you think this may help you to reach an even wider audience, maybe not necessarily clubbing-related? And in general, what do you think of the recently frequent crossovers between club music and what was once called “mainstream pop”?
I don’t know if it will help me reach a wider audience but certainly it might have a broader appeal than people that just go to techno clubs. In terms of songs, it just made sense for me to make an album this way. I think the music scene has grown increasingly open over the last few years, house music has grown a lot closer to indie music in some way. Obviously you have the really mainstream chart stuff where all the tracks have a cheesy house beat but I think that is just an unfortunate symptom of what is wider phenomenon. Electronic music has become part of the fabric of pretty much all streams of popular music. I think this is very positive, the more people are open to electronic music, the better.
By the way, speaking of songs and singing in your album, is the voice that appears in some tracks such as “Primative people”, or “Cannibalize” yours?
Yep, that’s me.
One of the tracks that striked me most in your album is “The sea inside”, in which the “seaside” feeling is extremely strong, and which has something i would define as distinctly Irish. Did you intentionally try to convey these feelings, or is it just your origins coming out? And in general, do you usually start producing your tracks with a mood you want to transmit to the listener?
I come from a sea side village and the song is definitely about that, about my childhood and how where your from stays with you. I definitely try and express moods or feelings when I make music, that’s kind of the point for me.
Even if your album sounds most definitely “Mano le tough-ish”, it also fits perfectly with the Permanent Vacation style: did the guys at the label have a part in the making of the album, or did you just hand them the finished product?
I made all the music obviously but they definitely helped me in realise my vision of the finished product. There was always a dialogue during the album process and they made some suggestions but in the end the choices were mine.
Tell us something about Maeve, the label you run with The Drifter and Baikal, and about Passion beat, your monthly party. What’s the concept behind these projects?
The Drifter and I started Passion Beat three years ago at Kleine Reise, a club run by Irish friends here in Berlin, it then moved to Loftus Hall, their new location. We have had a lot of great guests Âme, Nicolas Jaar, John Talabot, Barnt etc and it has been a lot of fun. We started Maeve as an outlet for our music.
Now that you have a good deal of your own material, are you planning to do a live set or do you think you will continue djing?
Djing for the forseable future. I would consider doing live shows sometime but only when the time is right. I am in no rush.