La techno è un genere musicale che subisce atti di violenza da parte di finti esperti che stereotipano il genere riconducendolo a tracce che di techno non hanno nemmeno una virgola, una vocale, una congiunzione. Francamente quello dello “stereotipo” è ormai uno dei fenomeni negativi che negli ultimi anni incontriamo più spesso nell’ambito musicale, discografico e non. Ogni santa volta ti arriva una promo, leggi le info, leggi l’artista, leggi il genere poi ascolti e la tua faccia diventa simile a quella di uno che si beve una tazza di caffè con dentro due cucchiaini di sale.
Metaforicamente parlando quando ti succede una cosa simile, il tuo atteggiamento diventa quello di un bambino triste e sconsolato che aspetta che il padre prima o poi lo porti sulle giostre. Quel giorno, però, arriva ogni tanto, non troppo spesso ma arriva. Quello di oggi è uno di quei giorni fortunati, riesco infatti a parlare un pò di techno, quella vera, quella che fa tremare le casse spia e i dancefloor per davvero! Chiariamo subito di che cosa sto parlando: ci troviamo di fronte ad un EP composto e arrangiato da Mark Broom e Kris Wadsworth. Il mostro inglese della techno che incontra il bad boy di Detroit, c’è bisogno di farvi capire cos’è venuto fuori da questa miscela? Non mi dilungherò troppo. I due ci consegnano questa “Motorsmoke” rilasciata su Alphahouse, numero ventisei del catalogo dell’etichetta statunitense. La versione originale del disco viene accompagnato dal remix di un altro artista made in USA, Butane, vecchia conoscenza di Crosstown Rebels, Dumb Unit e di Alphahouse appunto.
Il disco originale è veramente una testata nucleare che parte e fa piazza pulita di tutto, non sopravvive nessuno, davvero. Ogni strumento è sfruttato al massimo del suo potenziale. L’effetto del disco è un po’ simile a quando si prende un legno e lo si sbatte con tutta la violenza possibile contro un contenitore di alluminio. La stesura è perfetta, si riesce a mixare alla grande. Si può utilizzare in due maniere: o lo si inserisce in un dj set di simil genere oppure lo si può usare per stravolgere la pista, soprendendo tutti, inserendolo in un set più morbido. Un azzardo, quasi come dire “ora si fa sul serio”. Fidatevi. Per quanto riguarda il remix, premetto che mi piace quando l’artista cercano di dare una connotazione particolare alla sua versione, cercando di comunicarci qualcosa di nuovo. In questo caso Butane c’è riuscito in pieno, il suo “Paris Is Burning Remix” rimanda veramente a una fuga, un evento per il quale tutti si muovo, tutti scappano correndo frettolosamente. Il disco è rapido, lascia poco spazio all’elaborazione macchinosa, “toccata e fuga” direbbe Bach.
Chi volesse un piccolo reminder sulla techno “attuale”, può ascoltare la versione originale di questo bellissimo Alphahouse.