Mark Morris cresce nella nostra realtà, senza vizi, spreco di soldi (ad averceli), un po’ come tutti noi: una persona normale in un mondo malato, dove la malattia siamo noi! Peggio, non poteva nascere se non nella grande Torre di Babele del globo, l’Italia. Qua vincono solo i più forti. Con un poco di arguzia e magari anche un pizzico di fortuna si è immesso in questa strana dimensione, che è la musica e non intende mollarla così facilmente. A colpi di cassa è riuscito a spianarsi la strada verso un successo futuro, ma è anche vero che i cavalli si vedono al traguardo. Forza Mark!
Cosa dire di te, del tuo percorso, delle tue esperienze e della tua formazione nel mondo della musica? Chi è Mark Morris? Raccontaci la tua storia.
Mark Morris nasce per gioco come progetto come anche il nome lascia immaginare, dieci o undici anni fa tutto ebbe inizio: partendo dai rave a parties organizzati in scuole abbandonate, a tour sud americani, alle esperienze accumulate nelle varie nazioni in cui ho vissuto, passando dal “Bel Paese“ alla Spagna, alla Germania fino ad arrivare in Cile. Mark Morris è la voglia di raggiungere la speranza, il grido di libertà ad una vita che non ti lascia decidere il tuo futuro. Mark Morris è forse ciò che sarei voluto nascere.
Agli inizi c’è sempre qualcuno che ti da un’incanalazione, un’infarinatura generale. Thomas Pardo (aka Technoyzer) è un grande producer a mio avviso, che rappresenta per te?
Thomas Pardo è un grande amico prima di tutto ed è stato il trampolino di lancio verso il mondo della produzione ad un livello professionistico. Technoyzer, quando io cominciai a produrre, era già un ottimo produttore con delle basi teoriche di gran livello. Ho avuto l’opportunità di vederlo all’opera quando ancora non sapevo cosa fosse un sequencer. E’ stato sicuramente il gancio che mi ha trascinato in questa dimensione.
Con tutti i compromessi, accordi ed i vari sotterfugi radicati nel campo della techno a volte si potrebbe pensare anche di mollare tutto e cambiare…
L’anno scorso sono stato vicino a mollare il mio lavoro perché non provenendo da una famiglia “dal reddito alto” ho sempre dovuto vedermela da solo fin da quando avevo 14 anni. Ad un certo punto divenne insostenibile, ma non al punto di abbandonare tutto. La vita mi sembrò completamente vuota in quel momento e decisi di tornare a lottare e sono ancora qui sperando di raccogliere un giorno questi fantomatici frutti.
Con quale stimolo si continua a produrre e a suonare anche se a volte le cose non vanno come dovrebbero?
Lo stimolo è sempre quello di non poter stare senza farlo. Produrre è il mio hobby, il mio lavoro, la mia passione… Sarebbe come smettere di respirare!
In parallelo ad Alpha Code, progetto trasversale di Logotech, hai sviluppato un altro alias più rude e molto interessante: Omega Code. Cosa ci dobbiamo aspettare da questo progetto?
Omega Code è un progetto che non provvede a soddisfare i canoni della vendibilità della musica. Propongo ciò che farei in piena libertà: un suono più rude, rapido, con synth ossessivi. E’ l’altra faccia della medaglia.
Ketra Rec: la tua pupilla! Parla di lei come se fosse la tua figliola.
Ketra è ciò che mi ha dato la possibilità di non preoccuparmi più di andare a cercare persone che s’interessassero al mio sound; sono io a decidere ciò che è adatto a quello che voglio costruire nel futuro e Ketra è una cura alla dipendenza dal mercato.
Dal Cile con furore hai conosciuto Kata Mercato, siete freschi di matrimonio a quanto pare, complimenti! Occhio alla concorrenza, in casa!
Sì, sono stato un anno in Cile dove ho consolidato il rapporto con mia moglie nonché partner ormai in tutti i miei progetti; la concorrenza non mi ha mai spaventato!
Gira voce che tramite Zero2Nine proponete eventi veramente troppo underground anche per Berlino. E’ veramente un’occasione unica e rara, la piattaforma perfetta, made in Italy!
Zero2Nine è un progetto creato con altre 2 persone, Davide Romano e Francesco Arancio. Finora sono stato solo una figura di supporto, ma verso settembre inizieremo un nuovo progetto che prenderà il nome di “Aschenbecher-für-Menschen“ ed una delle location sembra che sarà il Kantine del Berghain.
A proposito di Berlino, ci sono varie teorie sull’evoluzione della capitale della techno. Pensi davvero che stia decadendo e commercializzando come dicono in tanti, o è ancora la base dei clubbers più accaniti?
Berlino… Più aumenta la sua fama e più aumentano gli artisti che arrivano per necessità, quindi di conseguenza essa diventa sede ed epicentro di un’eventuale “Technopoli”. Diciamo che per un’artista è più facile vivere dove c’è più domanda e quando la medesima aumenta anche la richiesta incrementa creando un mercato vivo e prolifico acquistando cosi l‘aggettivo di “commerciale”.
L’influenza dell’America del Sud e dell’Europa ha reso sì che tu sviluppassi l’album dell’anno, a mio avviso: 33 tracce, una più bella dell’altra all’insegna della techno e dell’elettronica. “Complicated Connection” è sicuramente uno dei tuoi prodotti migliori. Collegaci a questo concept.
Complicated Connection è l’emblema della difficoltà di questo mondo dove ho deciso di concentrare tutte le mie forze per dare un messaggio forte da parte del mio alias artistico. Tutto si è sviluppato nell’arco delle esperienze che ho raccolto, nei luoghi dove ho vissuto e dove ho viaggiato per lavoro aspettando il momento giusto e le giuste conoscenze teoriche per pubblicarlo. Amo molto questo album per qualità e valore affettivo che racchiude.
Qual è il sottile legame che congiunge il suono alle nostre emozioni?
Se vogliamo parlare dell’aspetto scientifico, il suono e le emozioni sono prettamente connessi dalle frequenze e dalle stesse che influenzano il nostro cervello provocandoci quelle che tutti conoscono con il nome di “emozioni”, ma io lo vedo anche come uno strumento per ristabilire armonia.