Quello dell’edilizia sociale deve essere un tema particolarmente caro a Marquis Hawkes, che dopo le polemiche legate alla pubblicazione di “Cabrini Green” su Dixon Avenue Basement Jams (cliccando qui potete farvi un’idea di cosa sia questo complesso residenziale di Chicago), torna a raccontarcene il suono con la sua raccolta d’esordio, riprendendo il discorso musicale intrapreso a partire dal 2012 e affrontato a più riprese – oltre che sulla label scozzese – su Aus Music, Clone Jack For Daze, Crème Organization e Houndstooth.
Proprio qui, dopo gli ottimi riscontri ottenuti da “Fifty Fathoms Deep”, “Raw Materials” e (soprattutto) “Sweet”, esce “Social Housing”, a conferma di quanto label della famiglia Fabric apprezzi e supporti il materiale del producer britannico sotto il suo alias house – a differenza di DVS1, che con la sua Mistress Recordings ha fatto ripetutamente suoi i lavori firmati Juxta Position. Le dodici tracce che compongono la raccolta perseguono, quindi, l’idea di musica da ballo portata avanti dall’artista cresciuto a Londra e ora di base a Berlino: è jackin’ house bella e buona, filone di cui Hawkes è diventato uno degli punti di riferimento più validi e ricchi di talento, che in “Social Housing” trova alcuni delle tracce più valide tra quelle prodotte nel recente passato.
Parliamo di “I’m So Glad” (la bellissima voce di Jocelyn Brown è, per chi scrive, un tuffo nel passato), di “Tim’s Keys” e di “Feel The Music”, che col suo intreccio voce-piano-synth ha tutte le carte in regola per far ballare qualsiasi dancefloor; ma anche del tris di lavori che apre l’album e che mette in chiaro quanto in questi due anni di lavoro Marquis Hawkes si sia impegnato per presentare un disco in grado di non far rimpiangere in alcun modo i suoi EP più ballati.
“Ode To A Broken Heart”, “The Landsberger Funk” e “Fantasy” (la traccia che probabilmente preferiamo), infatti, ci raccontano di un artista estremamente autentico e attento alla pista da ballo anche nei momenti meno “dancefloor” della sua musica. E pazienza, caro Mr. Hawkes, se “non avrei potuto produrre l’album senza la stabilità e la sicurezza che l’edilizia sociale ha dato a me e alla mia famiglia” ci sembra un po’ una forzatura: questo nuovo Houdstooth ci piace e lo consigliamo.