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[tab title=”Italiano”]Un negozio di strumenti, un amico che ha bisogno di un passaggio, un buon posto di lavoro come credito, un commesso bravo a vendere e tanta, tantissima voglia di credere in un sogno. Una volta bastava questo per diventare uno dei pionieri dell’house di Chicago, oggi sarebbe senz’altro molto più complicato. La storia di Marshall Jefferson è una scintilla che innesca un fuoco inestinguibile, con un vettore formidabile come gli Stati Uniti degli anni ’80, così pieni di ispirazione e talenti da scoprire e generi musicali ancora in fase embrionale. Quando ci sono questi presupposti è impossibile che non esca fuori qualcosa di notevole, e così è stato con la grande, grandissima famiglia formata da artisti e addetti ai lavori nata durante quel fortunato periodo di tempo. Abbiamo avuto occasione di parlare con lo stesso Marshall di come questo sentimento di unione persista ancora oggi, di quanto la sua vita sia cambiata per sempre in pochi attimi e di come si sia diametralmente perso il modo in cui veniva concepita la musica elettronica negli States a quel tempo. Non vi resta che leggere.
Possiamo, senza timore alcuno, definirti uno dei personaggi che hanno scritto pagine importanti nella storia dell’house di Chicago. Questo titolo a tuo modo di vedere è da considerarsi come una responsabilità da portare sulle spalle o è semplicemente qualcosa di cui poter andare fieri?
Direi entrambe per quanto mi riguarda. Sento di rappresentare Chicago ogni volta che suono.
Partiamo proprio dai bei tempi andati: quali sono stati i tuoi primi passi nella musica e in particolare nei generi elettronici? Com’era strutturata la scena musicale in cui sei cresciuto?
Be’, il mio primo passo è stato quello di comprare tutte le apparecchiature. Dopo di che ho dovuto imparare ad utilizzarle fino a quando non sono stato in grado di produrre una traccia. Tra tutto, diciamo che ci sono voluti circa tre giorni. Forse anche meno!
Ho letto che hai cominciato a produrre grazie ad una storia particolarissima. Hai accompagnato un amico musicista in un negozio di strumenti musicali e senza saperne quasi niente di come funzionava sei uscito praticamente con un intero studio di registrazione. Ti piacerebbe raccontarci com’è andata?
Un amico aveva bisogno di un passaggio al Guitar Center e fui io a darglielo. Il commesso del negozio mi disse che avrei potuto suonare le tastiere come Stevie Wonder se solo avessi avuto un sequencer. Anche se non avevo la minima idea di come si suonassero. Il sequencer era uno Yamaha QX1 e io gli credetti, ma costava qualcosa come 3000 dollari, che io di certo non avevo. Si offrì di aprirmi un conto e di farmi credito non appena gli dissi che lavoravo all’ufficio postale, che era un gran bel lavoro prima che arrivassero le e-mail a mandare tutto all’aria. Comprai il QX1, delle tastiere, alcune drum machines ed altri componenti. Mi chiusi nello scantinato di casa mia fino a che non uscii finchè non avevo capito come far funzionare il tutto. Come già detto ci vollero circa tre giorni per registrare il mio primo pezzo. Da lì in poi ho composto altri pezzi e poi altri ancora, fino a che non mi sono licenziato dall’ufficio postale e mi ci sono pagato da vivere per il resto dei miei giorni.
E com’è stato il tuo approccio con sequencer, tastiere e tutte queste nuove diavolerie che ti eri trovato per le mani? E’ stato un processo di apprendimento molto rapido? Come poteva una persona senza basi come musicista comporre qualcosa di così notevole?
E’ tutta una questione di fiducia in se stessi. Io ne ho avuta molta e ci ho creduto con tutto me stesso.
La comunità house di Chicago è sempre stata considerata come una grande famiglia. Com’erano i rapporti tra gli artisti? Frequentavate tutti gli stessi locali e vi scambiavate idee o c’erano dei gruppi separati?
Per quanto mi riguarda ha sempre avuto l’aspetto di una grande famiglia ed ho sempre cercato di essere d’aiuto per essa. Ovviamente ci sono state delle discussioni nel corso degli anni, ma per la gran parte del tempo siamo stati davvero come fratelli.
Questo sentimento di fratellanza è perdurato poi fino ad oggi? Sei ancora in costante contatto con loro? Ti capita di tornare in città a trovare qualcuno? Come è cambiata secondo te la città negli ultimi 30 anni dal punto di vista umano e musicale?
Sono ancora in contatto con tutti grazie a Facebook ed ai social media in generale. Purtroppo Chicago è cambiata perché la gente non ha la possibilità di rivivere ciò che noi abbiamo avuto la fortuna di provare. Al tempo c’erano tonnellate di occasioni per divertirsi. Oggi, purtroppo, non molte.
Qual è stato il personaggio che, secondo te, ha maggiormente rappresentato la scena house della tua città? Molti tuoi colleghi spesso citano Ron Hardy come qualcosa di sconvolgente ed innovativo? Tu cosa ne pensi?
Giuro, c’erano talmente tanti stimoli all’epoca che sarebbe davvero dura focalizzarsi su una sola persona. Gli Hot Mix 5 sono stati estremamente rilevanti. Allo stesso modo Jesse Saunders, Jamie Principle, Vince Lawrence, Frankie Knuckles, Ron Hardy, Wayne Williams, Adonis, Larry Heard, Chip E, Rocky Jones ed anche io stesso. Ognuno di noi ha dato un contributo notevole alla scena.
Proprio Ron Hardy è stato il primo in assoluto (se non sbaglio) a suonare l’house anthem “Move Your Body”, la traccia che ti ha reso celebre, nei club di Chicago. So che c’è una storia molto interessante dietro la diffusione e la pubblicazione di questa traccia, fosse solo per l’entrata in scena di un personaggio storico come Larry Sherman. Potresti raccontarci come è andata?
Abbiamo composto “Move Your Body” nel settembre del 1985 e non è uscita in vinile fino a giugno del 1986. Durante quell’intervallo di tempo sarà stata condivisa tramite cassetta almeno 10.000 volte, prima ancora che fosse poi esportata in Europa. Dopo di che è arrivata alla stampa ed in qualche modo è diventata famosa.
Nel 1987 hai preso parte all’house music tour nel Regno Unito, quando il fenomeno dei rave non aveva totalmente preso piede e dove spesso ci si trovava a suonare di fronte a persone che non conoscevano il genere. Molti parlano spesso dell’Hacienda di Manchester come club migliore di quel periodo, in base alla tua esperienza quali sono stati i luoghi dove hai vissuto i momenti migliori durante quel tour? E quali quelli dove invece ti sei sentito magari fuori posto rispetto a chi ti trovavi di fronte?
L’Hacienda era il miglior club di musica house dell’epoca, ma quello che a tutti piaceva maggiormente era il Rock City a Nottingham. Quando ci si esibiva lì sembrava di essere ad un vero concerto rock per via delle luci sul palco, della macchina del fumo, ecc… E poi la gente conosceva ogni singola canzone. Era impossibile sentirsi fuori posto perché stavamo facendo quello che ci piaceva. Ricordo qualche altro club in cui siamo stati: l’Hippodrome, il The Wall e ce ne sarebbero altri, purtroppo non li ricordo tutti.
In seguito in UK ti ci sei pure trasferito. Quali sono stati i motivi di questo spostamento? Sentivi che Chicago non era abbastanza per stimolare la tua fame di conoscenza?
No, semplicemente mi ero stufato di fare continuamente voli lunghi dieci ore.
Nel teaser del film “The House That Chicago Built” che è già diventato virale nella rete, moltissimi artisti storici (tra cui anche tu) cercano di rispondere alla domanda “Qual è stato il primo disco house in assoluto?” e ci troviamo di fronte a momento di grande dubbio. Molti direbbero “On & On” di Jesse Saunders, qual è la tua risposta?
Io avevo detto chiaramente “On & On” di Jesse Saunders ma mi hanno tagliato dal trailer!
Nei primi anni ti sei sempre mantenuto più come produttore e live composer che come dj. Cosa ti ha portato poi a diventare un dj a tutti gli effetti?
In realtà ero un dj prima ancora che diventare un producer, ma ho preferito mantenere un basso profilo a riguardo perché preferivo espandere il lato musicale del genere attirando più artisti possibili.
Secondo te è possibile essere allo stesso tempo grandi produttori e grandi dj? Mi spiego meglio: spesso accade di avere un ottimo talento ma di non saper trasmettere qualcosa alla pista, di non saperla capire fino in fondo…
Credo che capire la pista sia un dono empatico che solo una cerchia selezionata di artisti possa vantare. Io credo di poter esservi incluso.
Nell’ultimo periodo stai ancora dedicando del tempo alla produzione musicale o hai definitivamente deciso di dedicarti a pieno al djing?
Cerco di comporre musica quando mi trovo ad essere ispirato. Ovviamente non è più una questione di soldi ma si tratta di intrattenere me stesso ed i miei amici. Per questo motivo non mi interessa più far uscire un disco ogni settimana e nemmeno ogni mese. Quando mi ci metto e lo creo vuol dire che viene dal cuore e dall’anima.
Come domanda di commiato, se ti chiedessi cinque dischi che hanno segnato i vari step della tua vita come artista quali sarebbero?
Direi:
1) I’ve lost Control – Sleezy D
2) Move Your Body – Marshall Jefferson
3) Right Back To You – Ten City
4) Can’t Stop Loving You – Richard Rogers
5) Brown – Marshall Jefferson[/tab]
[tab title=”English”]A guitar center, a friend who needs a ride, a good job, a skilled salesman and many, many desire to believe in a dream. Once this was enough to become one of the pioneers of Chicago house music, today it would surely be much more complicated. Marshall Jefferson’s story is a spark that triggers an unquenchable fire, with such an amazing carrier as United States formidable 80s were, so full of inspiration and talents to be discovered and musical genres still in their infancy. When you have these conditions it’s obvious that something substancial will come out soon, and so it was with the great big family, formed by artists and professionals which was born during that period of time. We have had the occasion to speak with Marshall about how this feeling of union persists even today, how much his life has changed forever in a few moments and how people have diametrically lost the way electronic music was conceived in the States at that time. You just have to read.
We can define you as one of the main characters in the history of Chicago’s house scene. Could this title be considered by yourself as a kind of “responsibility” to carry on your shoulders or is it just something you can be proud of?
Both as far as I’m concerned, I feel I represent Chicago every time I play.
Let’s start from the good old days. What were your first steps in music and in particular in the electronic genres? How was the music scene structured during your growth?
Ummm, my 1st step was buying the equipment, then learning how to work the equipment, then learning how to write a song. This process took about 3 days, maybe less.
I read that you started producing music due to a very special story. You accompanied a friend in a music store and without no clue about how it worked you came out with something like an entire recording studio equipment. Would you like to tell us how it went?
My friend needed a ride to Guitar Center. I gave him one. The salesman told me I could play keyboards like Stevie Wonder with a sequencer, even if I didn’t know how to play. The sequencer was a Yamaha QX1. I believed him. I wanted to buy it but it cost about $3000, which I didn’t have. He gave me a credit line when he found out I worked at the Post Office, which was a great job before email came and screwed everything up. I bought the QX1, some keyboards, some drum machines, and some other bits, went home and locked myself in the basement until I knew how to work everything. I wrote my 1st song 3 days later, got a few hits after that, quit my job at the Post Office and I’ve been making a living doing music ever since.
And how was your first approach with sequencers, keyboards and all this new devilry that you had found through your hands? Has it been a very fast learning process? How could someone without any basics as a musician compose something so remarkable?
Confidence is how. I had a lot of it and I believed.
The Chicago house community has always been considered as one big family. How was the relationship between the artists? Were you attending all the same venues to hang out and share ideas or were there separate groups of people?
It’s always seemed like one big family to me and I’ve always tried to help. Sometimes there are arguments, but for the most part we’re like brothers.
This feeling of brotherhood is persisting up to date? Are you still in touch with some of them? How do you think the windy city has changed in the last 30 years in terms of human and musical sides?
I’m still in touch with all of them because of Facebook and social media. Chicago has definitely changed though because young people don’t go out as much as we did back in the day. Used to be a ton of options for partying, now, not so many.
What was the figure that you think has been the most relevant in the house scene? Many of your colleagues often mention Ron Hardy as something shocking and innovative? What are your two cents about this?
Really, it was coming from so many different directions it’s hard to single out one guy. The Hot Mix 5 were extremely relevant, so was Jesse Saunders, so was Jamie Principle, Vince Lawrence, Frankie Knuckles, Ron Hardy, Wayne Williams, Adonis, Larry Heard, Chip E, Rocky Jones, and me. Each had major contributions to the scene.
In fact Ron Hardy was the very first (I guess) to play the house anthem “Move Your Body”, the track that made you famous, in the clubs of Chicago. We know there is a very interesting story behind the sharing and release of this track also including a historical (and controversial) character like Larry Sherman. Could you tell us how it went?
We did Move Your Body in September of 1985 and it didn’t come out on vinyl until June 1986. In between those times it got shared on cassette at least 10,000 times, until ultimately it got to Europe. Then all the press started and it became known somewhat.
In 1987 you took part in the house music tour in the UK. At the time rave’s phenomenon was not totally widespread and it wasn’t unusual to play in front of people who did not know anything the genre. Many artists talk about the Hacienda club in Manchester as the best of that period. Based on your experience, what were the venues where you have lived the best moments on that tour? And what are the ones where you felt totally out of place?
The Hacienda was the best House club at that time, but everyone’s favorite venue was Rock City in Nottingham. Rock City felt like a Rock and Roll gig because it had proper stage lighting, fog machines, the works. And the crowd knew every song. We never really felt out of place because we were doing what we loved. A few clubs I remember going to were the Hippodrome and The Wall, can’t remember all the names though.
Later on you also transferred in the UK, earlier in London and then in Manchester. What were the reasons for this move? You felt that Chicago was not enough to whet your appetite for knowledge?
No, I got tired of 10 hour flights.
In the first teaser of “The House That Chicago Built” that has already become viral on the network, many historic artists (including you) try to answer the question “What was the first ever disco house?” facing moments of great doubt. Many would say “On & On” by Jesse Saunders, what is your response?
I said Jesse Saunders On & On very clearly but it got edited out of the trailer.
In the early years you have always maintained yourself more as a producer and a live composer then as a dj. What led you to become a dj?
I was actually a dj before I became a producer but I kept it on the down-low because I wanted more musicians to get into the genre and expand us musically.
Do you think it is possible to be at the same time a big producer and a great dj too? Let me explain: it often happens that someone has a great talent but doesn’t not know how to fully understand the crowds that he faces… What’s the deal in your opinion?
I think understanding the crowd and people in general is an empathetic gift that only a select few are able to exploit. I believe i am one of those few.
Nowdays are you still taking time to product music or you have decided to dedicate yourself fully on DJing?
I make music when I’m inspired, not to make money, but to entertain myself and my friends. So I’m not going to do a record every week or even every month. But when I do make one it’s from the heart and soul.
As a goodbye question, if you could mention five records that have marked the various steps of your life as an artist, what would they be?
Hmmm…
1) I’ve lost Control – Sleezy D
2) Move Your Body – Marshall Jefferson
3) Right Back To You – Ten City
4) Can’t Stop Loving You – Richard Rogers
5) Brown – Marshall Jefferson[/tab]
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