Ebbene si, sono un nostalgico. No, aspettate, urge una precisazione fondamentale: non un nostalgico nel senso politico del termine, di quelli con il bustino di Mussolini in casa e che tra loro si chiamano ancora “camerata”. Niente di tutto ciò, ben lungi da me. Sono un nostalgico nel senso letterale del termine, ovvero che ho nostalgia del passato. Musicale, ovviamente. Nonostante il genere si sia evoluto tantissimo nel tempo e si sia soprattutto frammentato in decine di sotto-generi più o meno attinenti con il concetto iniziale, io resto ancora intimamente, visceralmente, legato alla musica house delle origini, quella che ha spaziato in tutto il globo dalla metà degli anni’80 fino alla fine degli anni ‘90. Certo, l’essere cresciuto con quel genere, sia in senso anagrafico che in senso artistico-professionale, ovviamente gioca il suo ruolo fondamentale in questo innamoramento pluridecennale. Ma che ci posso fare? Per questo motivo, forse in preda ad una crisi d’astinenza, ho deciso di intervistare “Little” Louie Vega e Kenny “Dope” Gonzalez. Non come produttori solisti, bensì in coppia nelle loro storiche vesti di Masters at Work, nonostante da molto tempo non facciano uscire tracce con questo loro pseudonimo e facciano dj set assieme solo di rado. Penso che non ci sia bisogno di spiegare, nemmeno per i più giovani di voi, chi siano questi due artisti e che importanza abbia avuto il progetto che hanno creato insieme ventitre anni fa. La redazione ha accettato la mia sfida, si è mossa con i suoi potenti mezzi ed ha fatto pervenire le mie domande ad entrambi, proponendo l’intervista. Il tempo passava e su quei due fronti tutto taceva, sia io che i ragazzi in redazione abbiamo iniziato a preoccuparci che ci avessero completamente snobbati; poi è arrivata una mail da Louie Vega, nella quale ci chiedeva un po’ di tempo per poter rispondere in maniera corposa alle (molte ed ampie) domande che gli avevo fatto. Salti di gioia in casa mia: non solo Louie aveva accettato l’intervista, ma voleva pure rispondere in modo adeguato. Cosa si poteva volere di più? Poi purtroppo tutto il giubilo se n’è andato di colpo con la risposta di Kenny, che invece ci comunicava di non accettare l’intervista. Delusione, sconforto, indecisione sul da farsi: aveva ancora senso un‘intervista ad un duo quando nella pratica era solo uno a rispondere? Abbiamo avuto il responso a questo spinoso dubbio con l’arrivo delle risposte di Louie. Dopo averle lette, dopo aver assaporato e metabolizzato ogni sua riflessione, concetto dopo concetto, abbiamo capito che la risposta era “Assolutamente SI!”. Quindi eccoci qui. Vi lascio alla lettura dell’intervista, così potrete giudicare a vostra volta.
Negli anni ’70, ’80 e ’90 era frequente che un musicista avesse nel proprio albero genealogico un altro musicista, crescendo immerso nella musica fin da bambino. Voi ovviamente non fate eccezione: Louie è il figlio del saxofonista Jazz Luis Vega ed il nipote del cantante Salsa Héctor Lavoe, mentre il padre di Kenny, Hector Torres, è a sua volta un musicista oltre che un grande esperto di Salsa. Ultimamente invece la maggior parte dei nuovi artisti inizia a fare musica senza avere alle spalle un background approfondito come base di partenza, ma semplicemente avendo dalla propria la passione per un genere musicale nella sua forma attuale. Credete che avere una cultura musicale forte e radicata possa dare ad un nuovo artista un vantaggio concreto rispetto a chi non ce l’ha oppure è meglio concentrarsi solo sul presente senza influenze dal passato che possano distogliere l’attenzione dalla ricerca di nuovi stili musicali?
Penso che aiuti avere quel tipo di background, come nel nostro caso. Crescere in generale a NYC ci ha fatto diventare quello che siamo oggi. Il background latin/salsa è solo una piccola parte. C’erano così tante cose a NYC da cui abbiamo potuto farci stimolare artisticamente. Personalmente mi ritengo fortunato di aver potuto assistere alla nascita dell’hip-hop, al periodo di massimo splendore della disco, di aver potuto godere in prima persona del R&B, del soul, della new wave, del rock e di tutta la musica migliore prodotta negli anni ’70 ed ’80. Vivevo nella parte sud del Bronx, ricordo che andavo un isolato più giù al Bronx River Project e potevo sentire Afrika Bambaataa, Jazzy Jay, Red Alert, Afrika Islam che suonavano tutti queste incredibili sonorità, con i breakers che si scatenavano mentre il dj di turno spaccava in console! Le mie sorelle erano “Disco Divas” (l’equivalente negli anni ’70/’80 dei nostri clubber attuali nda) e per anni hanno ballato tutta la notte a NYC sui dischi che mettevano David Mancuso, Nicky Siano, Larry Levan al Loft, The Gallery e al Paradise Garage. Sono state anche allo Studio 54 nel suo periodo di massimo splendore. Anche il guardare da bambino programmi tv come Midnight Special mi ha permesso di vedere artisti e band come Stevie Wonder, Earth Wind & Fire, Elton John e molto altri in rare performance televisive. Programmi tv come quelli sono pietre miliari, unici nel loro genere, andate a cercarli su Youtube e guardateli. Andavo anche sui pattini a rotelle, il che era stilosissimo in quel periodo, nei primi anni ’80 andavo a pattinare cinque giorni a settimana nei posti più fichi di NYC. Nel 1980 sono riuscito ad entrare al Paradise Garage, grazie all’aiuto delle mie sorelle; vedere Larry Levan al lavoro mi ha dato moltissima ispirazione ed ha fatto sorgere in me il sogno di diventare a mia volta un dj. Dopo aver visto e sentito tutti quegli incredibili maestri ho iniziato anche io a mettere i dischi; in quel periodo andavo ancora a scuola e suonavo il pianoforte con impostazione classica, con mio padre che nel mentre faceva le sue jam session di sax influenzate da John Coltrane, Miles Davis e dalla Fania Records. Poi capitava che mio zio arrivasse da noi con i provini delle suo nuove tracce e le ce le facesse ascoltare prima ancora che le radio le passassero. Fare il dj divenne il mio destino e fu anche il primo passo per diventare il produttore musicale che sono oggi. Quindi, in poche parole: sì, avere tutto questo attorno a me mi ha aiutato e mi ha dato un vantaggio per l’acquisizione del sapere musicale. Essere lì e provare in prima persona tutte quelle esperienze mi ha dato quel tipo di lezioni che non puoi avere nemmeno a pagamento.
Sia nella vostra carriera come Masters At Work che in quelle soliste avete prodotto sia tracce originali che remix di altri artisti. Sono sicuramente due approcci al lavoro in studio molto diversi, soprattutto nelle fasi iniziali di pre-produzione e di arrangiamento. Quale dei due trovate più stimolante e/o competitivo? Quale è il vostro approccio in un caso e nell’altro?
Mi accosto ad una sessione in studio in base al progetto su cui devo lavorare. Quando creo tracce personali siamo solo io e la mia tastiera, nasce tutto partendo dal groove. Qualche volta creo un beat basilare sul quale poter iniziare a costruire il groove con la tastiera, spaziando liberamente in qualsiasi direzione io voglia. Una volta che ho ottenuto il groove inizio a creare via via tutto il resto. Mi capita qualche volta di creare tre o quattro groove in una sessione, vengo ispirato di più o di meno e lavoro più o meno velocemente in base ai suoni che sto usando. Con quei groove a disposizione scelgo l’autore (nel senso di autore del testo nda) che penso possa tirarne fuori il risultato finale migliore. La maggior parte delle volte ho già un titolo o almeno un’idea di titolo in mente da passargli, in modo da iniziare insieme la collaborazione artistica da quel punto di partenza. La cosa più competitiva è lavorare insieme all’artista sulla sua traccia, cercando di rimanere sempre focalizzati sull’idea creativa che ho in mente ma facendo parallelamente in modo che l’artista si senta sempre a suo agio su di essa. Se quest’ultima cosa non avviene gliene propongo un’altra. La maggior parte delle volte gli artisti si fidano delle mie idee. Sono un visionario e l’ho dimostrato attraverso i miei lavori, che ho creato partendo da piccole e semplicissime idee poi diventate vere e proprie immagini bellissime! Fare un album invece necessita di molto più tempo, ho speso moltissimo tempo nel produrre i miei album, ecco un pò di dettagli in proposito per potervi fare un’idea di ciò che dico: Masters at Work “Our Time Is Coming”: oltre un anno per il completamento. Nuyorican Soul “Nuyorican Soul (coi MAW)”: un anno e nove mesi per il completamento. Elements of Life “Elements of Life (come Louie Vega)”: un anno e dieci mesi per il completamento. Elements of Life “Eclipse (è il nuovo doppio album, in uscita tra poco)”: quattro anni e mezzo per il completamento (è composto da più di trenta tracce).
A proposito di remix: grazie alla qualità dei vostri lavori in studio, nel corso della vostra carriera alcune tra le più note pop star vi hanno commissionato remix delle loro tracce. Com’è lavorare con nomi così importanti del firmamento musicale? Sono esperienze che ti fanno crescere artisticamente, entrando a contatto con talenti di altri stili musicali, oppure l’importanza dei suddetti artisti complica parecchio la vita in studio, aggiungendo molti vincoli alla propria libertà creativa?
Come Masters At Work abbiamo lavorato con molti grandi artisti nel tempo, ma essere un grande artista non significa che tu sia una pop star. I grandi artisti con cui ho lavorato in studio sono: Donna Summer, Luther Vandross, George Benson, Tito Puente, Eddie Palmieri, Roy Ayers, Josh Milan, Anane, Lisa Fischer, Cindy Mizelle, Raul Midon, BeBe Winans, Kenny Lattimore, David Byrne, Marc Anthony, Cirque Du Soleil, Patti Austin, James Ingram, Joe Sample, Luis Salinas, Stephanie Mills, Jody Watley, Jocelyn Brown, India, Dan Hartman, Gloria Estefan, Will Smith, Jazzy Jeff, Luisito Quintero, Osunlade, Ursula Rucker e molti, moltissimi altri ancora. Questi sono i nomi che mi vengono in mente al volo. Ho imparato qualcosa di nuovo durante ogni singola sessione fatta con la maggior parte di questi artisti. Il mio modo di lavorare in questi casi gravita principalmente sul farli sentire a loro agio nel loro ambiente, comunicare con loro e fargli capire bene cosa voglio ottenere in veste di produttore musicale, lasciando loro però massima libertà d’espressione creativa in modo che possano fornire anche i loro input. E’ una vera collaborazione. Una volta che ho in mano le loro performance ci lavoro all’interno dell’arrangiamento e finalizzo il tutto.
Parlando sempre di pop star che si accostano alla musica elettronica, sembra che in questo momento quasi nessun artista mainstream possa esimersi dall’introdurre nella propria discografia almeno un brano dance prodotto musicalmente dall’artista elettronico più quotato del momento; oppure addirittura facendo dei featuring direttamente sui brani originali di quell’artista. La diretta conseguenza è che il dj/produttore è diventato ufficialmente la pop star del nuovo millennio, con gig davanti a decine di migliaia di persone e cachet stellari. Come vedete questo fenomeno? E’, come dicono alcuni, un ottimo modo per la scena dance di diffondersi verso nuovi ascoltatori oppure, come sostengono altri, è l’ennesima mercificazione da parte dell’industria discografica, esattamente come quella avvenuta con la musica disco che peraltro ne ha decretato il declino? Si riesce a coniugare immediatezza all’ascolto con qualità stilistica elevata?
Io arrivo da una dimensione completamente differente rispetto a questo. Oggigiorno il dj è una specie di rock star ma io non mi vedo in quel modo. So di aver fatto stare bene molta gente con la mia musica e con i miei dj set. La vita da “dj rock star” è molto di più che uno show con luci, spettacoli pirotecnici e dj set pre-programmati. Non ho nulla contro queste cose, è semplicemente un modo differente di fare una performance. Suono tutto quello che suono scegliendo le tracce in tempo reale, senza pianificarlo prima, col risultato che è tutto molto spontaneo, è una performance realmente realizzata dal vivo; il contatto che voglio stabilire col mio pubblico è quello di toccare le loro anime. Qualche volta facciamo anche noi grandi show, nei quali usiamo i visual per mostrare il nostro background, da dove veniamo, mantenendo però le performance assolutamente spontanee (ad esempio gli show come MAW o i miei show personali). Poi ci sono i live con la band degli Elements of Life al completo, quelle sono performance su un piano completamente diverso, che includono visual e lavoro sull’acustica. Mettiano insieme entrambi gli universi!
Con l’avvento di internet e della distribuzione digitale i costi di gestione di un’etichetta sono diminuiti drasticamente ed ormai nascono nuove label tutti i giorni. Il panorama elettronico non fa eccezione, anzi. Noto però sempre più spesso che l’appassionato di musica dance tenda più ad affezionarsi al singolo artista mentre prima era spesso l’etichetta al centro dell’attenzione, soprattutto dei dj che ne seguivano tutte le uscite indipendentemente da chi fosse l’artista del caso. Insomma, prima l’etichetta faceva da garante del livello di qualità delle sue uscite grazie alla sua reputazione, ora si mantiene un livello qualitativo nella media mentre si punta maggiormente sul numero di release in catalogo o sull’avere magari l’artista o il remixer di rilievo. Come vedete il mercato discografico dance al momento? Si è evoluto in positivo o in negativo?
Penso che avere un’etichetta discografica sia semplicemente uno strumento per far arrivare la tua musica ai tuoi fan ed alle persone che ti seguono. E’ la via per esprimere me stesso musicalmente attraverso i miei progetti. Attraverso di essa sono anche in grado di permettere ad altri artisti la stessa cosa e di avere l’opportunità di unirsi alla Vega Family. Si fanno tour mondiali, un sacco di relazioni pubbliche, si ha accesso ai media, si aprono tantissime possibilità di sfruttare in maniera proficua la propria musica, si hanno a disposizione innumerevoli modi per far arrivare la musica di Vega Records alle masse. Essere parte del marchio Vega ti fornisce un’esperienza di indubbia qualità. Quindi si tratta di una cosa assolutamente positiva. Il lato negativo della cosa è tutto il fenomeno del file sharing, ma c’è un mondo sconfinato là fuori e internet ti permette parallelamente di raggiungere quel mondo in un modo grandioso che non ha precedenti per una label indipendente. Quindi devi semplicemente essere intelligente e sfruttare tutte le nuove modalità dell’universo virtuale per generare ricavi economici. Ci sono molte più possibilità di prima ora come ora.
Un altro strumento che la rete ci ha messo a disposizione è lo streaming, grazie al quale i produttori possono far conoscere i propri pezzi/remix/re-edit e i dj possono dimostrare le loro skill tecnico-selettive, il tutto pubblicamente ed maniera (quasi) gratuita. E’ corretto sostenere che lo streaming nel panorama elettronico ha raccolto l’eredità dei mitici radio show che tanto hanno fatto per la diffusione di sotto-generi come la soulful house o la garage (per citarne uno su tutti, il Tony Humphries Radio Show su KissFM in UK)? E’ uno strumento di auto-promozione che sfruttate anche voi?
Certo, lo stiamo sfruttando positivamente. Ora ho la mia applicazione per smartphone e Anane ha la sua, chiamata “djananesworld”. Avete a disposizione molti dei nostri mixati da ascoltare in streaming sui vostri smartphone e sui vostri tablet, siano essi basati su iOS o su Android. In tutto il mondo mi hanno sempre chiesto “hai un cd?”, “dove posso reperire i tuoi mixati?” ed ora li avete. L’aspetto positivo è che quando cliccate su una traccia inclusa nella tracklist vi si apre iTunes e potete subito comprarla se volete, oltre al fatto che in quel modo potete entrare a contatto anche con gli altri mix e le altre versioni di quelle tracce. Questa è una delle tante possibilità dello streaming dal nostro punto di vista. Ecco i miei radio show che potete ascoltare live in streaming: Louie Vega’s Dance Ritual and Roots NYC Live, su www.wbls.com (il venerdì notte dalle 22 a mezzanotte, fuso orario di NYC). Kaya FM’s Dance Ritual, su www.kayafm.co.za (il sabato notte dalle 22 alle 23, fuso orario del Sudafrica). Potete anche consultare l’archivio di Roots NYC Live su www.undergroundnyc.com. Questa è una piccola parte dei nostri show e della nostra musica disponibile in streaming. Usiamo anche Soundclound, etc.
La vostra carriera come dj e produttori è iniziata a cavallo tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, un periodo in cui la club culture e la musica dance erano in una posizione di predominanza nel panorama musicale mondiale. Sono passati tre decenni da quel momento e negli ultimi anni la musica dance sta vivendo una nuova “età dell’oro”, andando a conquistare addirittura il panorama pop. Quali sono le evoluzioni, positive e negative, che avete notato nella scena elettronica da quel momento ad oggi? Ad esempio una cosa che sto notando sempre più frequentemente rispetto a prima è la sinergia tra la figura del dj e quella del produttore, se fai il dj devi fare anche i dischi; è una naturale fusione, agevolata dalla maggior semplicità nel fare dischi e nel distribuirli, oppure si tratta semplicemente di un ennesimo cliché? Alla fine, per quanto parte dello stesso universo, sono due professioni ben distinte molto differenti tra loro nella pratica.
Fare il dj e produrre musica vanno benissimo a braccetto. La maggior parte dei dj vogliono diventare produttori o possono addirittura finire a fare i grandi manager nell’industria musicale. Personalmente vedo la figura del dj come il punto di partenza per molti tipi di carriere professionali. Ovviamente oggigiorno le due cose vanno di pari passo ed ha senso se sei un dj finire col produrre musica, fa tutto parte dell’ambito artistico. La musica dance è sempre stata una parte fondamentale del panorama musicale per decenni. Sta ormai entrando a far parte della cultura mainstream e gli artisti pop vogliono fare tutti tracce dance, quando invece tempo fa inserire una traccia dance nei loro album era vista come un tabù o una cosa sbagliata. Per me la buona musica è la buona musica e anche nella dance ci sono tracce di notevole qualità, è presente anche lì grande musica. Gli artisti pop che vogliono fare musica dance non significano nulla per me, perchè nella maggior parte dei casi lo fanno per moda o semplicemente per fare più soldi, oppure come conseguenza delle pressioni dei manager discografici che gli dicono quello che devono fare o non. C’è solo una manciata di loro che rispetta veramente la musica dance e la vuole fare perchè la apprezza concretamente. Quelli sono gli unici che godono della mia stima.
Le nuove tecnologie, sia in studio che in console, hanno costi tutto sommato abbordabili ed una sempre maggiore semplicità d’uso. Per questo motivo il numero di dj e di produttori è aumentato esponenzialmente negli ultimi anni. Anche in questo caso pensate che sia un’evoluzione che ha apportato benefici alla scena oppure la ritenete una involuzione che fondamentalmente sta penalizzandone l’aspetto qualitativo?
Beh, ci sono pro e contro su questo tema. Oramai chiunque è un dj e può essere in grado di farlo con pochissime e banali operazioni sul suo computer. Mettiamola così: ci sono differenti modalità per fare il dj e differenti tipologie di dj. Si sa quali sono, non c’è nemmeno bisogno di menzionarle.
Avete fatto della vostra passione una professione, passando la vostra vita tra gigs in giro per il mondo e lavoro in studio. Questo sulla carta è sicuramente fantastico, ma sappiamo bene che ci sono anche una serie di effetti collaterali, come il vivere la propria quotidianità tra aerei ed alberghi, avere orari di sonno e sveglia assai anomali o dover costantemente rimanere attivi a livello artistico per non scomparire nell’oblio. Quali sono, a vostro parere, i pro ed i contro della vita da artista dance? E’ sufficiente la soddisfazione che se ne ricava per giustificarne i lati negativi?
Il lato negativo è quello di non poter stare abbastanza con la mia famiglia. Faccio del mio meglio per bilanciare il tempo tra le due cose il più possibile, ma qualche volta è difficile riuscirci perchè questo non è il classico lavoro programmabile. Ci sono impegni che arrivano quasi in tempo reale e qualche volta si vanno a sovrapporre al tempo dedicato alla famiglia. Per questo motivo cerco di non essere via per lavoro durante le vacanze, i compleanni, gli eventi di famiglia, etc. Un altro lato negativo è il vivere nelle stanze degli hotel, alle volte può essere davvero monotono e farti soffrire di solitudine. D’altro canto però impari ad ottimizzare il tuo tempo al massimo, ti riposi ad ogni occasione disponibile e parallelamente cerchi di vedere e scoprire nuovi posti e nuove culture. Tra i lati positivi c’è sicuramente il fatto di essere un lavoro incredibile e far star bene gli altri è una bella sensazione. Ora che anche mia moglie Anane Vega fa la dj giriamo assieme ed abbiamo creato un nostro marchio chiamato Sunset Ritual attraverso il quale mettiamo musica in prestigiosi beach club in tutto il mondo. Portiamo la nostra famiglia in giro per l’Europa e passiamo il tempo tutti insieme anche durante i tour estivi.
Rimanendo in tema: quali sono le tre gig, insieme o individuali, di cui avete il miglior ricordo?
Le mie tre gig preferite:
1) Mettere i dischi in South Africa per oltre 30 mila persone ad un evento speciale di YFM (Yona Ke Yona FM, una radio del Sudafrica nda) nel 1999, la gente di quel posto mi ha davvero toccato il cuore, la reazione del pubblico è stata fenomenale e l’amore in quel posto era incredibile. Non dimenticherò mai quanto quell’evento abbia aiutato a cambiare e ad ispirare la musica a Johannesburg, Sudafrica, è stato un onore farne parte!
2) Comporre una canzone per il Cirque Du Soleil insieme ai Blaze con Anane come voce principale ed eseguirla dal vivo al Dophin Stadium davanti a 70 mila persone, oltre che in diretta televisiva con 145 milioni di telespettatori sintonizzati. Evento e show surreali!
3) Mettere i dischi ed esibirmi live a NYC al Central Park Summer Stage con i Nuyorican Soul, Roy Ayers, Jocelyn Brown ed altri ancora. E’ stato uno show magico. Mi ricordo un momento in cui stavo mettendo i dischi, sul deck c’era una traccia con la ritmica di Tito Puente ed il famoso discorso di Martin Luther King, è stato magico!
Italia vs Resto del Mondo: essendo stati spesso qui da noi a suonare, cosa avete trovato nel nostro paese che altrove non c’è? In certe città, come Napoli, siete venerati quasi come delle divinità, immagino che questo stimoli notevolmente un artista durante le proprie performance.
Provi una sensazione incredibile quando metti i dischi in Italia, l’amore della vostra gente è fortissimo e siete i fan più fedeli che si possa avere. Adoro il fatto che gli italiani amino le buone melodie e possano cantare sopra i pezzi che metti anche se non sanno molto l’inglese. Possono imparare facilmente una canzone e cantarla tutti insieme, rendendo quel momento davvero superbo per il dj che sta suonando. Ti stimola decisamente e ti carica di andrenalina che riversi poi sulla pista con grande intensità.
Prima voi suonavate spesso in coppia mentre gli altri dj suonavano principalmente da soli, ora tutti suonano in coppia mentre voi preferite suonare individualmente. E’ più stimolante suonare in back-2-back, avendo ovviamente gusti musicali compatibili ed un ottimo affiatamento, oppure la performance individuale permette maggiore libertà d’azione? Tra l’altro un paio d’anni fa vi abbiamo visti protagonisti di un’eccezionale data nuovamente insieme al Moxa Club di Mantova, uno dei club che sta mantenendo vivo il suono house classico e l’atmosfera da grande tribù dei dancefloor di un tempo; un club che sta ridando risalto all’Italia nel panorama internazionale. Com’è stata la vostra esperienza in quell’occasione?
Quando mettiamo i dischi insieme è tutta un’altra sensazione perchè stiamo parlando di due persone che danno il loro input in tempo reale, è un pò come quando dei musicisti jazz fanno una jam session, remixiamo tracce in tempo reale senza prima aver provato a farlo in studio, è qualcosa che va in scena solo in quel momento. Quando invece suoniamo separati emergono inevitabilmente di più le nostre personalità individuali ed il risultato è un viaggio musicale completamente diverso. Quindi, per concludere, entrambe le versioni sono per noi molto speciali. Al Moxa siamo stati veramente molto bene, sono stato in quel club sia come MAW, sia con Anane mettendo i dischi insieme a lei e poi anche da solo. La pista del Moxa è molto ferrata in fatto di musica, il che ti permette di scavare in profondità andando a suonare cose che non si sentono in giro spesso. Mi sono divertito parecchio durante tutte le mie gig al Moxa, specialmente quella nel parco (la location estiva di qualche anno fa nda).
In un ambiente fortemente competitivo come quello musicale, dove il palcoscenico è molto piccolo e gli attori sono moltissimi, come sono i vostri rapporti con gli altri esponenti della scena? E’ indispensabile essere in competizione (una sana competizione) oppure è preferibile fare networking creando un fronte comune per far crescere e migliorare l’intera scena elettronica?
Ho molto amici nell’ambiente musicale, parecchi dei miei amici personali fanno musica e sono dj molto famosi dotati di grande talento. Penso che sia una buona cosa essere in sana competizione con loro, senza prenderla però troppo seriamente perchè ognuno di noi ha un talento speciale e se così non fosse non faremmo quello che facciamo ora. Crearsi una rete di contatti e mantenerla attiva è molto importante in questo ambito, dobbiamo essere disponibili con gli altri e supportarci a vicenda, solo così facendo si può rendere più forte la scena.
Conoscere le radici per capire il presente: se io fossi un ragazzo che inizia ora ad appassionarsi di musica elettronica in generale e di house in particolare, quali sono le tracce e/o gli artisti/band imprescindibili che mi consigliereste di ascoltare per capire da dove arriva questo genere? In generale, che consigli dareste alle nuove leve che vogliano entrare attivamente in questo mondo?
Se si parla di musica house ti direi di partire dal principio, conoscere le origini della musica disco e della scena club, è da li che sono nate le idee per creare quel genere: Salsoul Record, Prelude Records, Philly International, Fantasy Records, West End Records, Sam Records, TK Disco, Island Records, questi sono giusto alcuni nomi da cui partire. Poi analizzare gli albori del genere in sè: Like Trax Records, Dj International, Transmat Records, Strictly Rhythm Records, Nervous Records, Nu Groove Records, Warlock Records, per iniziare. Consigli: qualsiasi occasione che vi capiti di potervi sedere a fianco ed osservare altri artisti/produttori affermati mentre lavorano in studio, coglietela immediatamente. Andate, sedetevi accanto a loro, assorbite quanto più vi è possibile e fategli domande. Studiate uno strumento: pianoforte, chitarra. E studiate la musica. Se vi occupate degli aspetti tecnici della produzione quello che posso consigliarvi è di frequentare un corso o un percorso di studio per tecnici del suono, in modo da poter gestire in autonomia le vostre tracce all’interno della vostra DAW (Digital Audio Workstation, banalmente il software in cui creare le vostre tracce, nda). Siate umili in questo lavoro. La preparazione è la chiave di tutto, ricordatevene. La passione rende tutto migliore, quando perdete la passione non è più la stessa cosa. Amate quello che fate, la musica che suonate, dovete esserne coinvolti al 100% quando vi esibite. A meno che non vogliate essere un robot. Imparate ad usare bene tutta la vostra strumentazione e come gestirla in autonomia. Studiate il business musicale, ci sono libri in proposito, consultate un avvocato quando stringete accordi e ricevete dei contratti. Leggete gli accordi/contratti ed imparate come esaminare e comprendere quello che state firmando. Gestite il vostro tempo e rimanete in salute, prendetevi cura del vostro corpo.
Per concludere, parliamo un pò anche del presente e del futuro. Da quando le vostre strade artistiche si sono separate Louie ha introdotto molte contaminazioni latin nelle proprie produzioni e nei propri dj set facendo evolvere l’intera scena soulful house in quella direzione, mentre Kenny ha riabbracciato principalmente l’amato flavour della black culture afro-americana. Possiamo dire ufficialmente “back to the roots”? Oppure avete in serbo nuove sorprese rivoluzionarie di cui volete e potete parlare? Siamo dannatamente curiosi.
Kenny ed io abbiamo origini di vario tipo che portiamo nella nostra musica. Entrambi abbiamo le nostre versioni di radici latin e black, non si tratta di uno dei due che ne ha solo una e l’altro che ha solo l’altra come dici. Se ascolti quello che abbiamo fatto da soli ed insieme puoi chiaramente sentire le origini latin, brazilian, jazz, R&B, soul, funk, gospel, hip-hop, rock. Cioè, dai, abbiamo fatto oltre 1500 registrazioni, c’è così tanto da ascoltare ed analizzare. Potresti non credere alle influenze che abbiamo, può essere sorprendente. Il che mi porta a menzionare le sorprese: una sorpresa rivoluzionaria è in arrivo, vedrete. Non vi vogliamo svelare nulla!
English Version:
Ok, I’m a nostalgic. Wait a second, I have to do a fundamental revision to this sentence: not a nostalgic in a political way, one of those people which own a Mussolini bust and which call each others “comrade” (like people enrolled on the Italian fascist party, nda). Nothing at all about that, definitely. I’m a nostalgic in the litteral meaning of the word itself, i miss the past. Musical past, obviously. Despite the genre was developed a lot during last years and was splitted in many sub-genres more or less related to the original one, i’m still cozily tied to the legendary House Music of the glory days, that one which was spreaded all over the entire planet earth from the second half of the 80’s ‘till the end of the 90’s. Sure, growing up with that genre, both in personal and in artistic/professional sense, have it’s big responsabilities in this romance going on over twenty years. But what can i do about that? For that reason, maybe because of a withdrawal symptom crisis, i decided to interview “Little” Louie Vega and Kenny “Dope” Gonzalez. Not as solo producers, but as the epic duo known as Masters at Work, although they don’t release tracks with this alias since many years and they did dj sets together just few few times during last years. I think it’s unnecessary to explain, even for the youngest of you, who are those artists and how many prestige had (and still have) the project they created twenty three years ago. The editorial staff took on my challenge, they used all their powerful tricks and delivered my questions to them, submitting the interview. Time elapsed and nothing happened, we started to be worried that they totally ignored our proposal; than we received an email from Louie Vega, where he asked a bit of time to be able to answer in a complete way to my (many and wide) questions. I was jumping all over my home: not only Louie accepted the interview, but he wanted even answer in an appropiate way, What could we desire more? Than all our rejoicing left , suddenly, with the answer of Kenny, who let us know he didn’t accept our interview. Disappointment, discouragement, we didn’t know what to do: it still made sense to do an interview to a duo when it’s just on of them who answer to the questions? We had our verdict to this prickly doubt when we received the answers from Louie. After we read them, after we tasted and metabolized each of his considerations, opinion after opinion, we understood that the answer was “Absolutely YES!”. So here we are. I leave you to the reading of the interview, so you can judge by yourself.
In the 70’s, 80’s and 90’s it was common for a musician to have in his family tree another musician, growing up surrounded by music as a child. You obviously do not make exception: Louie is the son of jazz saxophonist Luis Fernando Vega and nephew of Salsa singer Héctor Lavoe, Kenny’s father, Hector Torres, is himself a musician as well as an expert in salsa. Actually the majority of new artists began making music without having a thorough background as a starting point, but simply from their having attraction for a genre in its current form. Do you believe that having a strong and deep-rooted musical culture can give a new artist a real advantage compared to those who did not have it or it is better to focus only on the present without influences from the past that might divert attention from the search for new evolution of that music genre?
I think that is helps having that kind of background as we’ve had. Growing up in NYC in general really made us who we are today. The Latin/Salsa background is one small part of who we are. There was so much in NYC that we’ve experienced which made use become the people we are today. For me I was lucky to be there at the birth of Hip-Hop, the height of Disco, R&B, Soul, New Wave, Rock and all the great music made in the 70’s and 80’s. I lived in the South Bronx and I remember walking down one block into the Bronx River Projects and hearing Afrika Bambaataa, Jazzy Jay, Red Alert, Afrika Islam, all djing these incredible sounds and watching all the breakdancers rock the floors while the djs crushed! My sisters were “Disco divas” and danced all night in NYC to the sounds of David Mancuso, Nicky Siano, Larry Levan, at the Loft, The Gallery and Paradise Garage through the years. They even went to Studio 54 in its hey day! Also watching the infamous tv programs as a child like Midnight Special allowed me to see groups like Stevie Wonder, Earth Wind & Fire, Elton John, and so many more in rare form performances on television! Tv programs like that were one of a kind, look them up on YouTube! I also roller skated in NYC which was huge at the time and I went out five days a week in the early 80’s to skate at all the hot spots on NYC. I went to the paradise garage in 1980 because my sisters were able to get me in and seeing Larry Levan in the dj booth gave me aspirations and dreams as a dj. After seeing all these great djs, I started djing myself, at same time I’m in school and played piano classical style, as my father played his John Coltrane, Miles Davis, Fania Records influenced sax jamming. My uncle would come over with his new made test pressings of his releases and played us his hits before they even blew up on radio. Djing became my destiny and also the stepping stone to being the producer I am today. So in a few words, yes, it did help to have all this and it is an advantage to having the knowledge I do about this music. Being there to experience it really gave me lessons you can’t pay for.
Both in your career as Masters at Work and in the solo work, you have produced original tracks and remixes for many artists. These are definitely two very different studio work approaches, especially in the initial stages of pre-production and arrangement. Which one you find most challenging and / or competitive? What is your approach in either case?
I approach my sessions depending on the project. When I’m creating original pieces solo, it’s me on a keyboard, it starts with the groove. Sometimes I may build a sparse beat so I have room to move where I want on the keyboards in whichever way I want. Once I have a groove it just builds from there. I sometimes create four to five grooves in one session, depending on the sounds I’m using usually inspired how fast I’m creating. Once I have these grooves I choose which songwriter I feel could vibe with the track. Most of the time I have a concept or title I want to give to the songwriter and we collaborate from there. What I find most challenging is placing the track to the artist which I usually get on point, but I also want the artist to feel good with the track, if they don’t I move on to give them another. Most of the time they trust me. I’m a visionary and have shown thru my works that I can create from just a small seed of an idea to become an actual brand even and beautiful picture! Albums take much longer, I put lots of time into my albums, here’s an idea so you know: Masters At Work “Our Time is Coming”: over a year to complete. Nuyorican Soul “Nuyorican Soul (with MAW)”: took 1 year and 9 months to complete. Elements of Life “Elements of Life (as Louie Vega)”: took 1 year and 10 months to complete. Elements of Life “Eclipse (new double album coming)”: took 4.5 years to complete (over 30 songs).
About remixes: thanks to the quality of your works in the studio during your career, some of the most famous pop stars have commissioned you remixes of their tracks. How is to work with such important names in musical firmament? Coming in contact with this talents is something that makes you grow up artistically or there are just more constraints to your creative freedom?
We’ve worked with many great artists over time, but a great artist doesn’t mean you are a Pop star. My favorite artists I’ve worked with in the studio: Donna Summer, Luther Vandross, George Benson, Tito Puente, Eddie Palmieri, Roy Ayers, Josh Milan, Anane, Lisa Fischer, Cindy Mizelle, Raul Midon, BeBe Winans, Kenny Lattimore, David Byrne, Marc Anthony, Cirque Du Soleil, Patti Austin, James Ingram, Joe Sample, Luis Salinas, Stephanie Mills, Jody Watley, Jocelyn Brown, India, Dan Hartman, Gloria Estefan, Will Smith, Jazzy Jeff, Luisito Quintero, Osunlade, Ursula Rucker and many more. This is what comes to my head just now. Every session I’ve worked with many of these artists I’ve always learned something new. My main way of working is to make all these artists feel comfortable in their environment, having communication with them and knowing what I want as a producer, which I always know what I want creatively and I leave freedom open as well for them to give their input. It’s a true collaboration. Then I take their performance and work on it within the arrangement and tailor all.
Speaking about pop stars who are new to electronic music, it seems that at this time almost no mainstream artist can refrain from introducing into his discography at least one electronic or dance track produced by the well-known artist of the moment, or even directly by making featurings on original songs by that artist. The direct consequence is that the dj / producer has officially become the pop star of the new millennium, with gigs in front of tens of thousands of people and an exorbitant cachet. It is, as some say, a great way to spread the dance scene to new listeners or, as others say, is a further commodification by the music industry just like the one that occurred with the disco music, which also has declared its decline? Is it possible to combine easy listening with high stylistic quality?
I come from a different place on all this. The dj today is a Rock star but I don’t see myself that way. I know that I help to heal many people with my music and what I do live as a dj. The Rock star dj life is more of a show with lights, pyrotechnics, and programmed dj sets. I’ve nothing against it, it’s just another way of performing. I play all I do live and non planned, so it’s really spontaneous, so what you get is a real-time performance, and the connection with my people is reaching their souls. Sometimes we do huge shows of that level, so I would use the visuals to show our background, where we are from and some great visuals to go with our live, still spontaneous performances (re: MAW, Louie Vega shows). And when I do my full live band shows with Elements of Life, it’s a whole other level of performance, visuals and sonics!!! We combine all the worlds!
With the advent of the internet and the digital distribution, the costs of running a label declined dramatically and now new labels arise every day. The electronic scene was no exception, in fact. I notice, however, that the passionate of dance music tends more and more often to become much interested about the individual artist while in the past the label was often the center of the customers attention, especially the djs who followed all the releases coming from a label regardless of who the artist was. The labels were able to guarantee the quality of their releases utilizing their public reputation, now they maintain an average level of quality, focusing mostly on the number of releases in their catalogue and/or having perhaps that famous producer or remixer in their roster. How do you see the dance music industry at the moment? It has evolved in a positive or negative way?
I see having a record label as just a tool to get your music to your fans and followers. It’s always the way for me to express myself musically with my projects. I’m also able to allow other artists to express themselves and give them opportunity to join the Vega Family. There are world tours, pr, media, media/ad music opportunities and many other ways of getting the music from Vega Records out to the masses. Being part of the Vega brand gives you the quality experience. So it’s a positive thing. Of course on the negative is all the file sharing, but there’s a big world out there and the internet allows you to reach the world on a way bigger way never reached before by an independent. So you need to be smart and utilize all the new ways within the virtual world to create revenue. There are so many other ways now!
Another tool that the network has made available is the audio streaming, through which the producers can make listening their songs / remixes / re-edits and djs can demonstrate their technical and selection skills, publicly and (almost) free of charge. Is it safe to say that audio streaming in the electronic scene has gathered the heritage of the legendary radio shows that have done so much for the spread of sub-genres like soulful house or garage (naming one for all, “The Tony Humphries Radio Show” on KissFM in the UK)? Are you taking advantage of this tool too?
Yes of course we are taking advantage of this in a good way. Now I have my Louie Vega phone app and Anane has “djananesworld” phone app this is brought to you by mix dj. You have many of our mixes available to be streamlined to you on your iPhone, iPad, Android also has it. I’ve been asked all over the word, “Do you have a cd?”, “Where can I get some of your mixes?” and there you have it. The good thing is when you click on the song with the tracklisting it takes you to iTunes to buy the song if you wish and you have other mixes and versions of the songs. This is just one way of streamlining for us. My radio shows you can stream live: Louie Vega’s Dance Ritual and Roots NYC Live on www.wbls.com (Friday nights at 10pm – midnight, NYC time). Kaya FM’s Dance Ritual on www.kayafm.co.za (Saturday nights at 10pm – 11pm, South Africa time). You can also check out Roots NYC Live archives on www.undergroundnyc.com. Those are just a few of our streamed shows and music. We do use Soundcloud, etc.
Your career as djs and producers began at the turn of the late 70’s and early 80’s, a time when the club culture and dance music were in a position of dominance in the music world. It’s been three decades since then and in recent years dance music is enjoying a new “golden age”, going on to conquer even the pop scene. What are the changes, positive and negative, that you noticed in the electronic scene since then to now? For example, one thing I’m noticing more and more frequently than before is the synergy between the dj and the producer: if you are a dj you have to make also your own records. Is it a natural fusion, facilitated by the greating ease in making and distributing music, or it is simply just another cliché? In the end, even if they belong of the same universe, they are two distinct professions very different from each other.
Djing and making music go great together hand in hand. Most djs want to become producers, or even end up becoming big executives at music companies, etc. I see djing as a stepping stone to many types of careers. But today yes it goes hand in hand and makes sense if you are a dj to go on to produce music. It’s all part of the artistry. Dance Music has always been a big part of music in general for decades. Its now going thru the mainstream and pop artists all wanting to make Dance records, when before it was taboo or not good to make a Dance record on your album. For me good music is good music and in Dance Music there is good quality songs and great music. Pop artists wanting to do Dance Music doesn’t do anything for me, as it’s just a fad for most of them or the way to make money, or the pressures of executives telling them what they have to make. There are only a handful that really respect Dance Music and would make it because they love it. Those are the ones I can appreciate.
New technologies, both in studio and behind the decks, have now affordable costs and ease of use. That is why the number of djs and producers has increased exponentially in recent years. Even in this case you think it’s an evolution that has brought benefits to the scene or you consider it an involution which basically is penalizing the qualitative aspects?
Well there are ups and downs to that. These days just about everyone is a dj and now you have the ability to dj without making much of a move on your computer. Look at it this way, you have different arts and categories of djing. You know what they are, I don’t even have to mention.
You have turned your passion into a job, spending your life between gigs around the world and work in the studio. This is definitely great on paper, but we know that there are also a number of side effects, such as living your daily life on planes and in hotel rooms, having times of sleep and wakefulness very anomalous or having to stay costantly active on an artistic level for not disappearing in the oblivion. Which are in your opinion the pros and cons of living a dance artist’s life? Can the satisfaction that you get justify all the downsides?
The downside is not being with my family enough. I try my best to balance the time as much as possible but sometimes it gets difficult, as this is not a usual everyday schedule type of job. There are spurts of work that come in and sometimes go over family time. So I try the best I can to not go away on family holidays, birthdays, family events, etc. Another downside is living in hotel rooms, yes it can get monotonous and lonely at times. But you learn to make the best of your time, resting at every opportunity is important and try to see the land and culture. The pros, it’s an incredible job to have and the healing process is a good feeling. Now that my wife Anane Vega djs as well we go out to tour together and have created a brand of our own called Sunset Ritual, where we dj at the prestigious beach clubs around the world. We bring our family out to Europe now and spend time together during summer med tours as well.
Still on the same subject: what are the three gigs, together or individually, that you have the best memory of?
Three favorite gigs:
1) Djing South Africa for over 30,000 at a YFM special event back in 1999, the people there really touched my heart, the reaction was awesome and love in that place was incredible! I will never forget how that one show helped change and inspire music in Johannesburg, it was an honor to be a part of it!!!
2) Composing a song for Cirque Du Soleil with Blaze, Anane singing the lead and doing the show live at Dolphin Stadium in front of 70,000 people and live on tv in front of 145 million people. Surreal event and show!!!
3) Djing and performing in NYC at Central Park Summer Stage with Nuyorican Soul, Roy Ayers, Jocelyn Brown and more. A magical show it was. I Remember playing music and one mix was a Tito Puente rhythm track with the infamous Martin Luther King speech, it was magical!!!
Italy vs. Rest of the World: having played often in our Country, what you found here that you didn’t elsewhere? In some cities, such as Naples, you are venerated almost like gods, I guess that it can stimulate significantly an artist during his performance, is it true?
It’s an amazing feeling you get here in Italy when djing, the love here is powerful from the people and they are the most loyal fans you can have. I love the fact that Italians love good melodies and can sing along even if they don’t know much English. They can learn a song quickly and reciprocate by singing in unison, making it a superb moment in dj time!!! It definitely stimulates you and you get filled with super adrenaline and give back in a big way!
Back in the days you played ofter as a couple while other djs were playing mostly alone, nowdays all djs play in couple and you prefer to do it individually. Is it more stimulating to play “back-2-back”, having obviously compatible music tastes and a good team spirit, or individual performances allow you complete free hand? By the way, a couple of years ago you played together once again at the Moxa Club in Mantova, a unique place that is keeping alive the classic house sound and the original mood of its legendary dancefloors, a club that is giving new emphasis to Italy on the international scene. How was your experience there?
When we play together it’s a whole other feeling ad you are talking two people giving their input live, it’s like Jazz musicians jammin’, we are remixing songs live on the fly and unrehearsed, it’s something that can only happen at that moment! Playing separate is more our own individual expression and that’s another musical journey, so both ways together and separate are very special!!! At Moxa we had a great time, I’ve been there with MAW, with Anane (djing together) and solo. The crowd at Moxa is very musically inclined which allows you to dig deep and play jams you don’t hear all the time. I enjoyed myself very much at the Moxa parties, especially the one in the park.
In a highly competitive environment such as music, where the stage is very small and the actors are many, how are your relations with the other members of the scene? Is it important to be in competition (a fair competition) or it is preferable to do networking and creating a common front to grow and improve the overall electronic scene?
I have many friends in the music scene and many of my peers make music as well and are very well known djs and talented in their own right. I think it’s good to have fun competition, but not take it so seriously, we all have a special talent, if not we’d not be doing what we do today. Networking is very important in this business, we need to be there for each other and help support each other, it only makes it stronger!
Knowing the roots to understand the present: if I was a guy who starts now to get passionate about Electronic music in general and in particular House, what are the tracks and/or artists/bands you would recommend as essential listenings to really understand where this genre comes from? In general, what advices would you give to “new recruits” who wish to enter actively into this world?
If it’s House Music I would say start from the beginning, know the Disco/Club roots, that’s where House Music ideas came from: Salsoul Record, Prelude Records, Philly International, Fantasy Records, West End Records, Sam Records, TK Disco, Island Records, this is just a few to get started. Then get into early House Music: Trax Record, Dj International, Transmat Records, Strictly Rhythm Records, Nervous Records, Nu Groove Records, Warlock Records, to get started. Advice: any opportunity you have to sit in and check out other established artists/producers work in studio, get in there and sit in, absorb as much and ask questions. Study an instrument, piano or guitar and study music. If you are into the technical side of things which I advise for everyone to get into this, take a class or course in engineering, if you want to program all your music or run your computer software. Be humble in this business. Preparation is key for all, remember that. Passion makes it all that better, when you lose the passion it’s not the same. Love what you do, the music you play you have to be into for it to come 100% when you perform. Unless you want to be a robot. Learn your instrument and know how to operate all your gadgets yourself. Learn the business, there are books; and get a lawyer when making deals and receiving contracts. Read your deals/contracts and learn how to disect and understand what you are signing. Balancing your time and stay healthy, take care of your body.
Finally, let’s talk about the present and even the future. Since your artistic roads were splitted Louie has introduced many Latin influences in his own productions and dj sets, leading the whole Soulful House scene in that direction while Kenny has embraced mainly the beloved flavor of black African-American music culture. Can we officially say “back to the roots”? Or do you have any new revolutionary surprise you want to share with us? We’re pretty damn curious!
Kenny and i we have many different roots we bring into the music. We both have our versions of Latin and Black roots, it’s not one having just one of the styles as you are thinking. If you listen to what we’ve done solo and together you can clearly hear the roots of Latin, Brazilian, Jazz, R&B, Soul, Funk, Gospel, Hip-Hop, Rock. I mean , come on! We’ve made over 1500 recordings, there is so much to hear and disect. You wouldn’t believe the influences we have, it can be very surprising. Which brings me to surprises, a revolutionary surprise is on the way, you will see!!! We are not telling!
A cura di: Francesco Raconi e Federico Raconi.