Lo so, può sembrare una deprecabile boutade. Grossolana finché si vuole, ma credo renda l’idea.
Qui si parla di un’etichetta discografica londinese che da anni sfonda il muro del suono con prodotti ad alto tasso di creatività che spopolano nel mondo indie. Solo per darvi un’idea, basterà citare Bloc Party, Hot Chip (a proposito: il 17 settembre Felix Martin djsetta al Plus Fest del Brancaleone), Florence and the Machine, The Drums, Late of the Pier.
Ora però piantiamola di tessere lodi e andiamo al sodo: Silver Columns, nome che probabilmente, alla maggior parte di voi, come a me fino a pochi giorni fa, non dirà niente. Però ve lo dico e fidatevi, date un ascolto ai brani composti da Adem Ilhan e Johnny Lynch (due che provengono da diversissimi percorsi musicali) e non resterete delusi. Synthpop con una costruzione sapiente, unito a un nu-folk alternativo che non vi farà rimpiangere i sempre citati Hot Chip. Già da questo primo album (che trovate in streaming sul myspace), “Yes, And Dance”, si nota una maturità musicale che lascia davvero esterrefatti. Impossibile smettere di ascoltare ipnotici coretti che ricordano certa dance anni ’80, impossibile non dondolare il piede quando alla scrivania fingerete di lavorare sentendovi già trasportati allo Studio 54.
Qualcuno dirà che sembra roba già sentita, che non c’è nulla di nuovo e che forse l’operazione è costruita a tavolino, sin dal mistero iniziale sull’identità del duo, obiezione facilmente smontabile da una considerazione di base: basta ascoltare per credere. I testi sono riflessivi e sagaci, suggeriscono rivelazioni e vi lasciano giusto il tempo per pensare mentre il beat si diffonde. Musica estroversa e parole introverse: le due caratteristiche convivono bilanciandosi alla perfezione. Il Guardian definisce il loro “l’album più bello, unico e insolito che sentirete quest’anno. Composto da due anticonformisti eccessivamente talentuosi che non avevano mai fatto questo tipo di musica prima.”