Non più di un mesetto fa ho avuto il piacere di recensire “Mantasy”, l’ultimo long play a portare la firma di Michael Mayer, e devo dire che uno dei pezzi che ho apprezzato maggiormente è stato l’impronunciabile “Voigt Kampff Test”. Un pezzo veloce e divertente, a tratti quasi cafone ma di sicuro impatto ballereccio: basi rotanti, cassa dritta, tuoni, saette e coprifuoco in stile V per Vendetta. Insomma, energia pura, ben diverso dal filo rosso che unisce il resto del disco. Oggi ho il piacere di recensire il primo remix di “Voigt Kampff Test”, figlio della mente brillante di un certo Phillipp Gorbachev – nome che mi suona nuovissimo che più nuovo non si può – e vi dico: mi piace. A differenza dell’originale è molto più tecnico, meno bombardante e decisamente più ipnotico; pieno di strane cuciture ed echi lunari. Rimane comunque fedele all’originale, ma molto più interessante, più elegante.
La seconda versione, quella remixata da Barnt, è certamente la più scura delle tre. Pochi shakers, pochi grassi aggiunti, poca birra schiumosa. Compaiono invece via via una vocina campionata e un crescendo sporco e sempre più ripetitivo. Un frullato di latte scaduto, whiskey e mandorle tostate. Un pezzo difficile da ascoltare, da suonare e da ballare, eppure affascinante come solo le cose (apparentemente) incomprensibili sanno essere. Insomma, qualcosa di nuovo, come la pausa dei tre minuti e trenta: nera, come la notte.
La rivisitazione di “Baumhaus” è affidata a The Mole, mostro sacro delle produzioni contemporanee in versione techno-intelligente. Definizione elevata ma assai meritata, come ampiamente dimostrato in questo lavoro ricercato, lento come il sole e scuro come una mente sempre alla ricerca della perfezione; una mente non allineata, non calibrata e non di moda e per niente underground (o totalmente underground). Menti libere quelle di The Mole e Michael Mayer, come le note di “Baumhaus”.