Allora, è il 2020, no? Bene: sarebbe il caso di iniziare a sfatare alcuni luoghi comuni. Ad esempio, che l’Italia sia condannata sempre e per sempre ad essere scollegatissima “provincia dell’impero” nella musica elettronica. In realtà col giusto mix di talento, perseveranza, fortuna la qualità paga, e crea in modo naturale tutte le connessioni necessarie. Poi certo, bisogna saperle valorizzare e comunicare (…e certo, noi che facciamo informazione dobbiamo dare una mano, quando pensiamo ne valga la pena). Nella nostra testa e nei nostri automatismi mentali, artisti che incidono su Optimo, R&S o la Mesh di Max Cooper, e che si fanno remixare da Prins Thomas e Red Axes, sono ganzissimi; ma nella nostra testa ci viene difficile da pensare siano italiani. E men che meno arrivino da città come Taranto e Cosenza.
E invece, così è. Non è poi un exploit singolo. Michele Minnini (il tarantino) e Indian Wells (il cosentino) sono attivi da anni. Nel “rumore di fondo” rappresentato da un lato dalla mostruosa abbondanza di uscite (e conseguenti PR sbilanciate verso i “sistemi” inglesi e berlinesi) dall’altro dalla mancanza di tempo e dalla possibilità di fare dell’informazione un lavoro full time (una lezione per chi stigmatizza il professionismo nell’attività legate alla musica elettronica) a essere penalizzato è stato soprattutto Mininni, di cui nel tempo avremmo dovuto occuparci maggiormente rispetto a quanto fatto, più che Indian Wells, che avendo potuto contare su asset più tradizionali per promuoversi – ad esempio, il booking in mano ad una delle migliori agenzie d’Italia o una nemmeno voluta affiliazione iniziale a certe traiettorie indietroniche – se l’è passata meglio ed è finito più volte, con assoluto e totale merito, fra le nostre e altre pagine.
Ad ogni modo: in questi giorni sia l’uno che l’altro hanno fatto uscire delle cose piuttosto importanti. Nel caso di Michele Minnini, l’EP “Fortuna”: un brano che in mano sua riprende il filone “etno-psichedelico” nel dancefloor che è diventato un valore aggiunto un po’ per tutti perché l’ha spinto in primis Four Tet, ma che in realtà è in giro già da un po’ di tempo e un valore aggiunto lo è davvero. Bello il brano, belli e prestigiosi i remix: uno di Prins Thomas, l’altro dei Red Axes. Potete sentire tutto qui:
Per quanto riguarda Indian Wells invece, continua a non sbagliare un colpo: l’anteprima dal prossimo EP in uscita il 22 ottobre a titolo “New Ruins” e per i tipi della Mesh di Max Cooper è sapidissima sia come suono (uno specie di swing sospeso e granulare) che nella confezione video, come potete vedere voi stessi qua sotto. Alessio Anthony e Chiara Tomati hanno dato infatti una veste davvero affascinante a “Black Trees”.
Non sono dei re dei social, Mininni e Indian Wells, né personaggi flamboyant; arrivano da città e zone geografiche dove tutto è doppiamente difficile, se vuoi uscire dalla bolla mentale della cultura e socialità da tronisti televisti; ma sono anche zone e città bellissime, dove non mancano eccellenze assolute. Chiaro: è più facile ottenere risultati se stai a Berlino o Milano e ci sguazzi dentro, se hai i soldi per pagare un social media manager cazzuto, se sei bello, se sei paraculo, se [aggiungete voi attributo a piacere]. Ma lo ripetiamo: con l’incrocio di talento, perseveranza e fortuna i riconoscimenti almeno in parte arrivano. E se ami la musica che fai, facendola con le migliori intenzioni, non sarà mai un problema guardarsi allo specchio.