Permettetemi di dire che questo “Blomma” è un doppio disco complicato, da spezzettare e assimilare a piccole dosi; quasi tre ore di ascolto diluite in otto “tracce” che, fatta eccezione per una o due, sono nella realtà dei fatti, guardando alla lunghezza e alla struttura sonora, dei veri e propri live act. A dire la verità, non è la prima volta che il duo svedese composto da Marcus Henriksson e Sebastian Mullaert ci propina qualcosa che sguscia dai regolari schemi di collocazione e che difficilmente si lascia incastrare in nicchie stilistiche. “Animals”, uscito nel 2008 sulla stessa Cocoon, andava delineando, seppur in forma contenuta – mediato nelle sue manifestazioni più esplosive da un’etica sonora legata in buona parte al dancefloor -, l’estro artistico particolare del duo. Be’, non si può certo affermare che quell’orientamento sia rimasto estraneo alle dinamiche di creazione sonora messe in atto due svedesi in questo nuovo LP, ma “Blomma” da il meglio di sé quando ascoltato meticolosamente, cogliendone i minimi dettagli. Perciò non aspettatevi di muovere il culo a ritmo di una cassa in quattro, perché resterete scontenti.
Per la verità, è già il titolo a rimandare verso qualcosa di più introspettivo e intenso, ad una musica che è proiezione diretta di uno stile di vita dalla maggior parte di noi non condivisibile; la frenesia della giungla urbana che definisce il ritmo delle nostre azioni si schianta contro un muro sonoro di cinguettii: è l’atmosfera di Malmo, coi suoi boschi, ad influenzare, con forza, l’intero processo creativo in studio, portando alla luce un sound etereo, celestiale, il quale fiorisce – è qui che il significato di “blomma”, dall’inglese “bloom”, viene fuori – con un’armonia e un flusso così spontaneamente naturali da condurci, con lunghi pattern sonori, in un viaggio multisensoriale. Le sensazione è quella di non avere confini attorno a sé, ci si sente liberi e fluttuanti, avvolti soltanto dalle ariose atmosfere ambient, fin quando non fanno la loro comparsa sulla scena quegli elementi ritmici che definiscono i confini di un sound che facilmente lascia spiazzati, come nel caso di “E De Nån Hemma?” – quarantacinque di ascolto in cui, per due terzi della durata, si viene cappottati da pad tenui e soffusi, mentre, si è alla ricerca un punto fermo d’appiglio a cui aggrapparsi. E’ il lato oscuro di “Blomma” e del suo tipo d’ascolto, a volte, così intimistico da trascinare, pian piano, in uno stato mentale nebuloso, vago.
Fatto sta che, al termine di quest’album, mi sono ritrovato con un pugno di mosche in mano, come se un senso di vacuità avesse spazzato via dalla mente quei synth lunghi, quelle atmosfere ariose e quel rilassante cinguettio. Ma, sia chiaro, questa non è una pecca dell’album, anzi, credo stia proprio qui la bravura di Marcus e Sebastian, nella doppia valenza che “Blomma” mostra di avere: un album capace di essere invasivo e personale, quasi fino all’insostenibile, dal momento in cui si comincia l’ascolto, e, altrettanto, fugace e volatile non appena il suono smette di fuoriuscire dalle case. A voi l’onere dell’ascolto.