Nell’attesa di sentire il suo live con cui presenterà l’omonimo album a Club To Club a Torino, Kelly Lee Owens – giovane promessa gallese della scena elettronica internazionale, mina vagante tra dream pop sognante e ambient techno – si racconta a Soundwall.
Ai tempi della scuola cantavi in un coro e poi, ad un certo punto, hai anche iniziato a suonare la batteria. Attualmente produci musica elettronica (con particolare predilezione per l’analogico). In che modo si amalgama il tutto e qual è l’aspetto più interessante del tuo ruolo di compositrice?
Il tutto si amalgama semplicemente perché fa parte del mio bagaglio musicale. Il canto rientra prepotentemente nella tradizione popolare irlandese, mentre la batteria ha per me rappresentato un qualcosa di primordiale e divertente. I synth analogici si sono aggiunti al tutto da quando mi ci sono avvicinata, scoprendone le qualità in prima persona grazie all’attività di producer. Tutto è successo in modo graduale e naturale, senza fretta, né pressioni. Nei processi di registrazione e composizione non ho mai svelato solo una parte di me e non mi sono mai sedimentata in un unico genere predefinito. Ciò che per me conta di più sono la produzione e l’editing – sono molto propensa alla cura dei dettagli e provo un sacco di soddisfazione nell’operare a livello microscopico, zoommando sui dettagli e poi facendo in modo che il risultato sia scorrevole, nonché espressione dei miei stati d’animo.
Anni fa ti sei ritrovata coinvolta nell’ambito della produzione della cosiddetta “musica da cubbing” grazie a Daniel Avery, con cui hai collaborato all’Lp “Drone Logic” (2013). Come e in che modo?
Dan ed io abbiamo lavorato assieme in un negozio di dischi, lui sapeva che ero una cantante e che avrei voluto scrivere la mia musica. Collaborare con lui per la parte vocale è stato magico. E’ stato Erol Alkan, in seguito all’ascolto di “Drone Logic”, a suggerirmi in un qualche modo di continuare a lavorare assieme. La prima traccia che ho scritto con lui e Ghost e Culture è stata “Keep Walking” e da allora mi sono assuefatta alla vita da studio, desiderando passarci sempre più tempo.
Hai dichiarato in un’intervista che non sei mai stata una “party girl”, non essendo mai stata solita spassartela in giro per club. La situazione ora è diversa o continui a non provare interesse per la party nightlife? E se è così, potresti dirci quali sono le tue attività extra-lavorative preferite (a parte passare del tempo in studio e giocare coi tuoi adorati “giochini analogici”)?
La situazione è cambiata solo perché mi chiamano più spesso nei club a mettere su dischi o a fare live. Per fare un esempio, andare in tour negli Stati Uniti con John Talabot mi ha portata a ballare ogni notte durante i suoi set, dato che il sound era pazzesco; però, sì, continuo a non provare smania per la “party life”. Ciò che più amo, musica a parte, è immergermi nella natura o stare in posti dove ci sia dell’acqua – tutto questo mi aiuta a sentirmi sana, in pace con me stessa. E poi, adoro bere caffè e mangiare. Sono propensa ai piaceri semplici. Quando passi periodi della tua vita perennemente in tour c’è la tendenza a ricercare questo tipo di benessere.
Quando si tratta di produrre, come trovi l’equilibrio tra la parte musicale e quella vocale? Da cosa inizi? E la situazione è per caso cambiata nel tempo ora che sei sempre più immersa nel “paradiso della strumentazione elettronica” e ci sguazzi con sempre più consapevolezza?
E’ la parte musicale ad arrivare per prima. Sono sempre consapevole delle sonorità che voglio e amo editarle sul momento – aspetto forse un po’ limitante… Magari dovrei concentrarmi maggiormente a buttare giù svariati concept per poi riordinarli. Il punto è che mi sento come se queste idee fossero già nitide nella mia testa, pronte all’uso. La parte vocale entra in gioco a seconda di quello che esprime il sound a livello emozionale. A volte basta una frase, altre volte c’è bisogno di dire di più. Non sono una che utilizza testi con il solo scopo di utilizzarli: devono essere capaci di aggiungere qualcosa. Non ho paura degli “spazi” offerti dalla musica, è proprio in questi spazi che penso possano accadere delle piccole magie.
Una volta hai affermato che i tuoi testi sono altamente emozionali e in un qualche modo terapeutici. C’è qualche artista che consideri particolarmente abile nel combinare questi elementi? E con chi ti piacerebbe idealmente collaborare seguendo questo tipo di modalità?
Nick Drake, Thom Yorke, Björk.
Abbiamo scoperto che ti piacerebbe comporre musica per il cinema. Quali sono le tue colonne sonore preferite e perchè?
Amo l’essenzialità e la semplicità. Proprio per questo ti direi che prediligo le composizioni di Mica Levi per il film di Jonathan Glazer “Under the Skin”, in particolare la traccia “Death”. A seguire “Requiem For Soprano, Mezzo Soprano, Two Mixed Choirs and Orchestra” di Gyorgy Ligeti per “Odissea nello Spazio 2001”. Infine, il “Main Theme” di Alan Silvestri per “Cast Away”.
La tua collaborazione con Alexander McQueen ti ha fruttato nuove connessioni con il mondo della moda? Avresti mai immaginato di comporre musica per quel settore e provi dell’interesse per quell’ambito creativo?
Beh, è proprio a partire da quella collaborazione che Hermès ha usato il mio pezzo “Bird” per la recente sfilata della Collezione Donna Primavera Estate ’18 e pare che un altro immenso stilista abbia deciso di utilizzare un’altra mia traccia – questo si vedrà col tempo, nulla è ancora certo. Personalmente, mi piacerebbe moltissimo lavorare a strettissimo contatto con gli stilisti, in modo da riuscire ad esprimere appieno la loro visione estetica e concettuale.
Tre parole chiave per descrivere il tuo album di debutto “Kelly Lee Owens”.
Onesto, sognante, rappresentativo di me stessa.
Hai qualche spoiler riguardante i tuoi progetti futuri per i lettori di Soundwall?
No, preferisco il mistero.
ENGLISH VERSION
You used to sing in a choir during school days and, at a certain point, you also started playing drums. Nowadays you produce electronic music (preferring an analogic approach, though). How do everything match and what’s the more interesting aspect in your composer role?
The co-ordinates join-up because it’s all part of my experience of music. Singing is a huge part of welsh culture & tradition, drums felt so primal & fun to me & then analogue synths came in to the picture after being exposed first-hand to that kins of production – it was all gradual & natural, nothing forced or rushed. When it came to the record or making music – I wasn’t content to show just one genre or side of me. I don’t feel the need to be defined. For me the part I like the best is producing / editing tracks – I am very detail orientated & it’s so satisfying going in with a microscope to operate, then to zoom out again to check it flows & allows for the feeling.
Several years ago you started to be involved in the clubbing music production-wise thing thanks to Daniel Avery, with whom you also collaborated on the Lp “Drone Logic” (2013). How and why?
Dan & I worked together in a record store, he knew I was a singer & also wanted to make my own music – teaming up with him to do vocals was magic – Erol Alkan heard ‘Drone Logic’ & suggested we continue to work together in some way – the first track I wrote with him & Ghost Culture was ‘Keep Walking’ – then I was hooked & wanted more time in the studio.
You once said in an interview that you never used to be a “party girl”, not hanging around that much in clubs. Has the situation changed or are you still not interested in party nightlife? If so, could you maybe explain why and which are your favourite extra-work activities (except being at studio and playing with your beloved “analogic toys”)?
It’s only changed because i DJ more & sometimes play live in club settings – for example touring with John Talabot in the US I danced every night to his sets because the music was incredible. But yeah I don’t really seek partying that much. My love outside of making music is being in nature or near water ( it helps keep me sane ) , drinking coffee & EATING. I’m sticking to the simple pleasures , because when you’re always touring you seek out those comforts.
When it’s about producing, how’s the balance between building up sounds and adding lyrics? What comes first? Is the situation changing now that you’re always more into “gear paradise” and maybe you feel more confident about it?
So far the music has come first , I always know what sounds I want & I love to edit in the moment, which maybe is limiting – I should probably be more open to laying down ideas first – but in a way the ideas are already living inside my head. Depending on what the music is saying or already feeling- that’s when the lyrics or words come to play – sometimes it only needs a phrase , other times more needs to be said. I’m not somebody that has lyrics for lyrics-sake. It has to add something, not take it away. I’m not afraid of space in music. In-fact that’s for me, where the magic sometimes happens.
You once said that your texts are very emotional, autobiographical and kind of therapeutic. Do you have any artist which you consider great in combining such elements? And with whom would you ideally like to collaborate in these modality (you can also choose an artist which is not here with us anymore…)?
Nick Drake, Thom Yorke, Björk.
We discovered that you’d like to compose music for cinema. Which are your favourite film soundtracks and why?
I like spareness & simplicity. Mica Levi’s track “Death” included in his soundtrack for “Under The Skin”, a film directed by Jonathan Glazer. “Requiem For Soprano, Mezzo Soprano, Two Mixed Choirs and Orchestra” by Gyorgy Ligeti for “2001 a Space Oddyssey” and Alan Silvestri’s “Main Theme” for Spielberg’s “Cast Away”.
Did your collaboration with Alexander McQueen open some new connections with fashion world? Have you ever imagined you would make music for a such a fancy setting and are you interested in fashion somehow?
Well since then Hermes has used my track Bird for their recent Womens’s SS18 run-way show & it just confirmed that another huge designer will be using a track of mine – that will be revealed in time – so maybe. Personally I would like to work from the ground up with designers – for the music to truly reflect the vision they have.
Three keywords you would choose to describe your debut Lp, “Kelly Lee Owens”.
Honest, escapist, me.
Do you have any spoiler about your future projects for Soundwall readers?
No, I prefer mystery.