Vi sarà capitato di attendere con trepidazione un disco senza sapere minimamente cosa aspettarsi dall’artista. E’ un po’ quello che è accaduto a molti con “Monkeytown”, l’ultimo dei Modeselektor. Non sapevamo se aspettarci un ritorno alle origini, un nuovo “Happy Birthday” o qualcosa di veramente nuovo… Unica cosa di cui eravamo sicuri, e ci abbiamo preso, era che sarebbe stato un album eclettico e imprevedibile. Sono queste le costanti del duo, costanti che accompagnano Gernot Bronsert e Sebastian Szary da sempre. I due, dopo la scuola dell’obbligo, si sono ritrovati ad un rave illegale nel 1992 e hanno iniziato a collaborare con il nome “Fundamental Knowledge” inoltrandosi in molti e differenti generi musicali. E’ poi nel ‘96 che nasce il progetto “Modeselektor”. Un’altra caratteristica inconfondibile è sicuramente il loro particolare interesse per le collaborazioni: negli anni hanno lavorato con il collettivo Pfadfinderei, Ellen Allien, Apparat, Thom Yorke, Otto von Schirach, Siurismo e questi giusto per nominarne alcuni, “alcuni” veramente. Ci siamo messi in contatto con Sebastian per parlare un po’ della storia dei Modeselektor, delle loro abitudini, della loro città e della loro musica, ma anche del loro ultimo lavoro che sì, è sicuramente poliedrico e a volte spiazzante, ma ha una linea sonora di fondo costante, data da precise scelte degli artisti. Invece parlando di rivisitazioni: cosa ne pensano Gernot e Sebastian di un album di remixes?
Ciao Szary, benvenuto! Vorrei partire proprio dall’inizio del vostro viaggio e forse anche da un po’ prima dell’inizio vero e proprio; dopo la caduta del muro tutta Berlino, ed in particolare la Berlino del’Est, si trovava in una situazione molto particolare: il caos, l’anarchia, la ricerca e la formazione di un nuovo equilibrio. Tutto questo si rifletteva ovviamente anche sulla scena musicale. Voi stessi avete affermato “Nobody, especially the authorities, knew what to do, so they didn’t interfer when someone put up a pair of speakers”. Quali sono le correlazioni fra quella realtà e la vostra musica? Come vi ha influenzato quel periodo?
Ci ha influenzato la filosofia del “fallo e basta”, del “tutto è possibile”. Ci hanno influenzato non solo dal punto di vista musicale ma anche personale. Spesso facciamo cose senza pensarci troppo su. Dall’altra parte invece a volte pensiamo troppo prima di agire… In una visione di insieme è tutto abbastanza bilanciato.
Già vi conoscevate in quel periodo? Come vi siete conosciuti e quando avete deciso di intraprendere assieme questo progetto?
Ci conosciamo fin dai tempi della scuola. All’inizio non ci prendevamo molto a causa della differenza di età. Ci conoscemmo realmente ad un rave nei primi anni ’90; da quel giorno iniziammo a creare qualcosa insieme. Ad esempio iniziammo ad organizzare feste con i nostri amici della Pfadfinderei e così iniziammo anche a suonare live. Suonavamo sempre di più così alla fine abbiamo deciso di dare un nome a ciò che stava nascendo: Modeselektor.
Sappiamo che il vostro nome viene da una funzione del Roland Space Echo, ma non sappiamo il perché! Come mai avete scelto proprio quella funzione? E’ stato un caso, suonava semplicemente bene o ci sono altre motivazioni?
A quel tempo, nei nostri primi anni, lo Space Echo era uno strumento fondamentale per le nostre produzioni. Era tutto abbastanza caotico, tutto era molto contaminato dal Dubstep, dall’erba e non ci uscivano mai tracce inferiori ai 12 minuti.
Non è facile definire la vostra musica e penso siate abbastanza contenti di questa cosa. Proprio per questo trovo interessante conoscere le vostre origini musicali: in quale ambiente musicale siete cresciuti?
Siamo dei bambini “Hip Hop & Techno”. La migliore combinazione di sempre!
Immaginate una realtà identica alla nostra ma senza musica, senza le parole che sono state ideate per definire ed identificare le varie correnti e generi musicali! Come spieghereste in una simile realtà la vostra musica?
Ci piace nuotare controcorrente.
Sul sito della Monkeytown Records è scritto “In 2009, on the occasion of the international financial crisis […] they decided to found their own label: Monkeytown Records […]”. Siete sempre stati, almeno apparentemente, liberi nelle vostre produzioni e nelle scelte musicali. Come mai avete scelto di creare questa piattaforma? E cosa centra la crisi economica, era solo un gioco?
No, non è un gioco. C’era realmente la crisi finanziaria e molte persone erano spaventate. La gente aveva e ha ancora paura di dar vita ad un proprio business. Noi l’abbiamo semplicemente fatto. La ragione fondamentale per cui abbiamo fatto nascere la Monkeytown Records è stata quella di dare una vera casa al nostro amico Siriusmo!
Negli ultimi anni Berlino sta sempre più diventando un città un po’ per tutti, il che potrebbe anche essere una cosa positiva; forse però il fenomeno “Berlino” si sta lentamente commercializzando… In ogni caso dal di fuori sembra sempre che la città mantenga costantemente vivo il suo lato underground. Com’è invece la visione dal di dentro? Le cose stanno pian piano cambiando? Se sì come?
E‘ una situazione abbastanza complicata. Berlino è cambiata molto negli ultimi 20 anni… E‘ in realtà non si può parlare di un cambiamento “lento”. I primi anni ’90 sono stati fantastici: molta libertà, molte opportunità. Questa Berlino andò avanti fino agli ultimi anni ’90, poi tutto iniziò ad andare come solitamente vanno le cose: commercializzazione e così via… Quindi diciamo che i primi 10 anni sono stati segnati da un lento progresso, mentre invece i successivi 12 da un progresso affannoso e commercializzante.
Come voi stessi avete affermato la vostra non è musica creata su “leather chair”, in altre parole non nasce tutta in studio, ma nasce dalle amicizie, dall’amore per la musica stessa. Come nascono allora i vostri album e le vostre produzioni? Unite idee che via via si formano nel tempo? Come stabilite che un pezzo è completo?
Ognuno di noi mette in pratica piccole idee creando piccole tracce che poi ci scambiamo. Dopo aver selezionato le idee migliori iniziamo a lavorarci su… Sembra facile, ma non è così.Solitamente spendiamo molto tempo sul sound di ogni traccia. I suoni influenzano nel profondo il carattere della traccia e noi siamo fissati con il lavorare sui suoni. Questo è il motivo per cui non possiamo mai sapere se una traccia è realmente finita, perché incessantemente continuiamo ad affinare i suoni.
E invece per quanto riguarda il nuovo album: quali sono le novità di Monkey Town? E’ il vostro primo album fatto completamente in studio! Come avete vissuto questa nuova esperienza?
E’ il primo album che facciamo completamente insieme in studio. Prima di ogni cosa abbiamo dovuto riorganizzare la nostra strumentazione. Solo dopo aver posizionato in modo ragionevole le nostre macchine analogiche abbiamo iniziato a lavorare. Entrammo subito nella routine: alle 10 in studio e subito a lavoro! Ci sono volute sole 10 settimane per terminare l’album.
Quel è secondo voi il tocco che i PVT hanno dato alla traccia “Green Light Go”? Come vi siete trovati a lavorare con loro?
L’altro anno ho ascoltato il loro ultimo album “Curch With No Magic”, dopodiché ci siamo incontrati un giorno che dovevano suonare qui a Berlino. Abbiamo iniziato a scambiarci tracce, idee e alla fine è uscita fuori “Green Light Go”. Abbiamo lavorato online, quindi scambiandoci file. Dave e Laurent sono in Australia, Richard a Londra, noi siamo a Berlino… Ormai è così che si lavora.
Qual è il collegamento fra il titolo dell’album e il nome della vostra label nata nel 2009? E’ solo un omaggio o c’è un significato nel titolo che è da collegare direttamente all’album?
Abbiamo sempre desiderato chiamare un album “Monkeytown”. Quando avemmo per la prima volta questa idea non immaginavamo che avremmo poi creato un’etichetta con questo nome. Così quando è arrivato quel momento, abbiamo deciso di chiamare la label “Monkeytown Records”. E ora questo nuovo album non potevamo che chiamarlo nello stesso modo, come abbiamo sempre voluto, era questa l’idea di partenza. Il nome è un tributo alla città in cui viviamo, un tributo a Berlino e alle realtà che creiamo con le nostre etichette, la Monkeytown Records e la 50WEAPONS.
Un ultimo album sicuramente diverso, cambia il sound, cambiano i suoni veri e propri… Come pensate verrà accolto dal pubblico? Ma soprattutto questa è una cosa che vi interessa?
Sicuramente il pubblico avrebbe preferito un’altra “Kill Bill Vol. 8” o una “Black Mega Block”, ma siamo noi a non volerle. Abbiamo preferito lasciare l’impronta delle nostre emozioni in questo album, abbiamo preferito mettere su disco il modo in cui ci sentivamo durante la produzione, e ci sentivamo strani. Ma siamo comunque molto interessati a cosa pensa la gente dell’album.
Avete già pensato a un album di remixes?
No, per ora non stiamo pianificando nessun album di remixes, per ora…
Oltre ai PVT sono presenti moltissime collaborazioni nell’album, come accade spesso nelle vostre produzioni! Come mai? Cos’è che vi piace del “creare assieme”?
Ci piace semplicemente lavorare con altre persone. Ci sono così tanti musicisti lì fuori che potrebbero produrre cose migliori delle nostre, che hanno un approccio differente dal nostro che non ci va di restare chiusi nelle nostre teste e seguire solo il nostro approccio. E interessantissimo condividere le idee e vedere poi come si evolvono in maniera inaspettata.
Quando vi si chiede di Thom Yorke quasi sempre non spendete molte parole; una vostra risposta che mi ha colpito è stata “Thom makes tea with water like everybody else”. Sta di fatto però che sono molte le collaborazione che avete avuto: cos’è che vi lega?
Andiamo semplicemente molto d’accordo e abbiamo lo stesso approccio alla musica. Non abbiamo bisogno di parole, dobbiamo solo metterci a fare musica così da parlare la stessa lingua. E’ una situazione molto genuina: amici che escono, si prendono una pizza, una birra e fanno musica.
Per concludere lasciateci una curiosità: qualsiasi cosa su qualsiasi argomento, basta che sia vera!
Vi dico innanzi tutto che è stato veramente un miracolo finire quest’album in sole 10 settimane… E poi vorrei veramente ringraziare tutti coloro che sono stati coinvolti nella realizzazione!
English Version:
It happens to wait with trepidation an album, not knowing what to expect from the artist. It’s what happened to many with “Monkeytown”, the last of Modeselektor. We did not know if there would be a return to the roots or a new “Happy Birthday”… The only thing we were sure about was that it would be an album eclectic and unpredictable. These are the duo certainties, certainties that are accompanying Bronsert Gernot and Sebastian Szary from the beginning. The two, after school,met up again during an illegal party in 1992 and they began working together as the “Fundamental Knowledge”, venturing in many different musical genres. Then, in 1996, the project “Modeselektor” was born. Another unique feature is definitely their special interest for collaborations. Over the years they worked with the collective Pfadfinderei, Ellen Allien, Apparat, Thom Yorke, Otto von Schirach, Siurismo and these just to name a few. We got in contact with Sebastian to talk a little of the history of Modeselektor, of their habits, of their city and their music, but also of their latest work that yes, it is certainly multifaceted and unpredictable, but it always has a constant sounds line at the base, line given by some precise choices of the artists. Talking about reworkings: what do Gernot and Sebastian think about an album of remixes?
Hello guys, welcome! Let me start from the beginning of your trip: after the Wall came down, Berlin, and in particular the Est side, was in a very particular situation: chaos, anarchy, the research and the creation of a new equilibrium. Obviously, all this was reflected on the music scene, and you yourselves said “Nobody, especially the authorities, knew what to do, so they didn’t interfer when someone put up a pair of speakers”. What are the correlations between that reality and your music? How did that period influenced you?
This “Let’s just do it” feeling, “Everything is possible” has definitely influenced us – both personally and musically. We often do things without too much thinking. On the other hand, sometimes we think too much… It’s all a balance.
Did you known each other at that time? When and why did you decide to give life to this project?
We’ve known each other since school days. First, we didn’t really hang out because of the age difference. But in the early 90ies we met each other at raves and started to do things together. For instance, we started to organize small parties with our friends from Pfadfinderei and started to play live there. We played more and more and finally decided to just give that thing we did a name: Modeselektor.
We know your name comes from a function of the Roland Space Echo, but we do not know why! Why did you choose that function? Was it a case, does it simply sound good or are there other reasons?
Back then, in our early years, the space echo was a central part of our productions back then. It was 1998. Everything was pretty much infiltrated with Dubstep, Weed and no track was shorter than 12 minutes…
To define your music is not easy and I think you are quite happy about this thing. In 2008 you won the “Best Dubstep and Grime Artist” at the Beatport Awards, but this doesn’t define your music. This time, more than others, I find your musical roots very interesting: in what kind of musical environment were you born and then you grown up and how did this environment evolve?
We are Hip Hop & Techno kids. The best combination ever!
Imagine a reality like this, but without music, without words which are coined to define and identify the various musical genres! How would you explain your music in this hypothetical reality?
We like to swim against the stream.
On the web site of Monkeytown Records is written “In 2009, on the occasion of the international financial crisis […] they decided to found their own label: Monkeytown Records […]”. You always were, least apparently, free in your productions and musical choices. Why did you choose to create this platform? And about the international crisis: is it just a joke?
This is not a joke. There was a financial crisis and a lot of people were scared by it. People were afraid (and still are to some extent) to start their own business. We just did it. The main reason for setting up Monkeytown Records was to give our buddy Siriusmo a real home.
In recent years, Berlin is increasingly becoming a city a little “for all”, which could also be a good thing, though perhaps the “Berlin” phenomenon is slowly selling… In any case from the outside the city always seems to constantly keep alive his underground side. Instead, how is the vision from the inside, your visions, your thoughts? Are things slowly changing? If so, how and why are they changin in your opinions?
It’s a pretty complexe situation. Berlin has changed so much over the past 20 years… This is not really “slow” … But the early 90ies were really exceptional – a lof of freedom and opportunities. This went on until the late 90ies and then everything went as it seems to always go: gentrification and so on… So overall, it’s 10 years a slow progress and the next 12 years a speedy progress…
As you said your music is not music created on “leather chairs”, it isn’t music that born and evolves only in the studio, it’s music that comes from friendships, from the love for music. How your albums and your productions born? Do you join ideas that gradually take form over time? How do you decide that a track is complete?
Each of us builds little scatches, track ideas which we play for each other then. We then start to sort out the better ideas and work with them. Sounds easy, but it’s not … Most time we spend on the sound of a track. The sound can really influence the character of the track a lot. That’s the reason why we can never really tell if a song is finished or not…
Regarding the new creation: what’s new in “Monkey Town” album? It’s your first album made entirely in the studio! How did you feel with this new experience?
It’s the first album we did 100% together in the studio. We first re-arranged our studio and it’s equipment. Finally plugged in all of our analog machines and just went playing around with them. We got into a daily routine of showing up at the studio at 10am and just start playing… It then took only 10 weeks until the album was finished.
What do you think PVT gave to the track “Green Light Go”? How was working with them?
I listened to PVT’s album “Church with no magic” last year and got in touch with them when they were here in Berlin for playing one of their shows. We started to exchange track ideas and finally “Green Light Go” came out of it. We worked online, so exchanged files. Dave and Laurence are in Australia, Richard is in London, we are in Berlin. That’s the modern working style nowadays…
What is the connection between the album title and the name of your label? Is it just a tribute, or is there a meaning in the title which is to be connected directly to the album? What is the meaning?
We always wanted to name an album “Monkeytown”. When we first got this idea we would have never imagined that we’d start a label ourselves. So when we decided to do so, we just named it “Monkeytown Records”. And now, with our new album on our own label we needed to call the album “Monkeytown” as always wanted… It’s a tribute and definition to the city we live in – Berlin and the camps we build with our labels Monkeytown Records and 50WEAPONS…
A new album definitely different from the others, mood changes, sounds change… How do you think this album with all its changes will be received by the public? But above all, is this something that interests you? Why yes, why not?
Maybe the audience wants to have another “Kill Bill Vol. 8” or “Black Mega Block”, but we didn’t want to do this. We rather wanted to have a fingerprint of our feelings in our music – how we felt during the production. This was a pretty strange feeling. We are really interested in what people think of the album!
Have you already thought about an album of remixes? If yes, could you give us one or two names of the artists that you’ve choose?
No, we didn’t plan any remixes for the album tracks yet …
In addition to that one with PVT, there are a lot of collaborations on the album, as happens often in your productions! Why? What do you like about “create together”?
We just like to work with other people. There are so many musicians out there who can do things better than we do and have a different approach, that we don’t want to be so single-minded and only use our own approach. It’s also nice to get something from someone else and then do something completely different with it. For instance, we sent Richard’s voice (PVT) through a vocoder or pitched Busdriver’s voice…
When you are asked about your collaborations with Thom Yorke, you often do not spend many words. An answer you gave that I liked was “Thom makes tea with water like everybody else”. But it’s a fact that you worked toghether lot of time: what is that binds you? What do you like of his music approach?
We just get along really well and have the same approach to music. We don’t have to talk a lot but just do music and speak the same language then. It’s just guys hanging out, having pizza and beer and making music …
Finally, leave us a curiosity: everything you want to say about any argument… But something real!
It’s just a miracle that we finished the album in 10 weeks… We thank everybody who’s been involved in the production!