Giustamente era stato molto convinto ed assertivo, Gernot Bronsert, metà dei Modeselektor, quando un paio d’anni fa c’eravamo fatti una discreta chiacchierata successiva all’uscita dell’album “Who Else”: “spingeva” parecchio quel lavoro, lo sosteneva a tutti gli effetti, ne parlava come del disco giusto fatto nel modo giusto al momento giusto. Deve essere così, in effetti: perché l’artista che non crede in quello che fa nel qui&ora non esiste – o se esiste, non è davvero un artista. Onestamente però non ci aveva impressionato molto quell’LP, e lo diciamo da fan del gruppo; e questo scetticismo è stato poi abbastanza confermata dal corso reale delle cose, alla fine “What Else” non ha minimamente ottenuto l’eco, la diffusione, la potenza e l’iconicità del precedente “Monkaytown” (su cui Bronsert nell’intervistata suddetta spese parole un po’ così, ma che resta un disco della madonna) ma nemmeno della fulminante doppietta d’esordio su BPitch (“Hello Mom” e “Happy Birthday!”, 2005 e 2007 rispettivamente), che poi è quella che li aveva catapultati nelle attenzioni e negli amori di mezzo mondo, dai più bufali e tamarri fino a Thom Yorke, grandissimo fan dei due fin dagli inizi, prima ancora che arrivasse la fama vera (su cui, peraltro, il suo endorsement ha contato non poco: la saga Moderat e il trionfo vero del sodalizio con Apparat sarebbero arrivati molto dopo).
Era un disco, “What Else”, non troppo ispirato. L’impressione è che la cavalcata moderatiana fosse stata talmente intesa, per Gernot e Szary, da averli in qualche modo prosciugati come energie. Infatti, proprio l’entità-Moderat era stata messa in pausa di comune accordo, non c’è mai stato nessuno screzio reale fra i tre, era solo una pacifica esigenza; ma evidentemente nel momento di tornare “a casa” l’approdo è stato più facile per Apparat – anche perché in mezzo a cose più “tranquille” e pensoso, meno bisognose di instant satisfaction – che per i Modeselektor. I quali Modeselektor però non potevano stare farmi, dovevano tornare in pista (in tutti i sensi: perché il loro luogo d’elezione musicale ed emotiva resta il dancefloor). Si sono quindi un po’ forzati a farlo e a farlo tenendo l’asticella alta, cioè presentandosi con un album vero e proprio ed ambizioso il giusto. Sbagliando. Era prematuro.
La lezione dev’essere servita. Perché se da un lato “Extended” conferma che non è ancora tornato lo stato di grazia dei primi lavori, e le idee più sfavillanti – se ci sono – sono ancora tenute a macerare in laboratorio, per invecchiare poi bene come il vino buono, al momento dell’imbottigliamento; dall’altro, è un lavoro che mantiene tutte le promesse. Quali sono, le promesse? Le promesse – e premesse, anche – è che si tratta solo di un mixtape e non di un album vero e proprio; le tracce sono abbozzi di tracce, non canzoni fatte e finite. La lucidità è stata quella di allertare ad attivare il socio di vecchia data Krsn Brasko (già nei Pfadfinderei) con la collaborazione di Tobias Staab e di creare, così, un contenuto extra. Guardatelo:
All’interno di “Work”, contenuto che vede la luce grazie alla collaborazione con la benemerita Arte (ah, date un occhio a questa serie), la musica di “Extended” assume un nuovo significato, un potenziale aumentatissimo, una veste molto efficace. Ascoltata da sola, è un mah; ma come architrave di questa performance del ballerino Corey Scott-Gilbert è, semplicemente, una bomba.
Tra l’altro è molto interessante questa indagine sulla correlazione tra ballo, fisicità e musica elettronica. Correlazione, ed artisticità. Infatti, le litanie minimal hanno abituato tutti un po’ troppo ad una fisicità “scontata”, a movimenti uguali e un po’ spenti (o pedalatorii…) su una trama ripetitiva. Ora, non è che tutti si debba essere provetti ballerini – ad esempio chi vi scrive a ballare fa abbastanza schifo – però è anche vero che recuperare una dimensione in cui ballo e musica elettronica da dancefloor diano vita a qualcosa di sfaccettato, diverso, creativo è a dir poco necessario, visto che è un collegamento che sembra ormai essersi perso da anni (…non diciamo dai video di Chris Cunningham e quelle più freak, ma quasi). Cosa che è un gran peccato, davvero.
“Work”, costruito su “Extended”, è quindi un lavoro molto, molto importante. “Extended” da solo magari colpisce il giusto, sono appunto più degli “appunti di viaggio” di Gernot e Szary che un lavoro fatto e compiuto, ma la cosa è dichiarata: si parla appunto di “mixtape”, non di “album”. Ma il capitale di energie artistiche e creative e gli stimoli che si sono radunati attorno a questa operazione sono tanti, sono preziosi. I Modeselektor hanno allora forse fatto un passo indietro, ma nel farlo hanno fatto compiere a tutti quanti noi due passi avanti, nel recuperare una linea creativa ed espressiva preziosa. Il bilancio, è in attivo. Se poi consideriamo che comunque Gernot e Szary dicono in vari interviste e comunicati che molto altro materiale è in arrivo, siamo più che propensi ad aspettare fiduciosi e ben disposti: se lo sono meritato.