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[tab title=”Italiano”]Con un solido background in architettura e design, Moiré è una delle migliori sorprese emerse negli ultimi tempi dalla sempre fervida scena inglese. Il suo album di esordio ‘Shelter’, una co-produzione Werk Discs e Ninja Tune, è in procinto di finire in molte classifiche dei dischi più importanti dell’anno, per la sapiente miscela di old school techno, convinta attitudine sperimentale e futuribili declinazioni soul. Il producer britannico aveva esordito con l’eclettico ‘Never Sleep EP’ proprio sull’etichetta di Actress per poi replicare gli unanimi consensi con ‘Rolx’, sull’olandese Rush Hour. In questo nuovo lavoro scopre tutte le carte del suo talento, esibendo un suono maturo e sensuale, effettivo sulle casse in 4/4 quanto morbido nei trattamenti vocali, ombroso e sporco da risultare profondamente suggestivo. Per il prossimo appuntamento di _Underpop, mercoledì 12 novembre al Tenax di Firenze, si presenterà, in anteprima italiana, con un nuovo live audio/video capace di immergere lo spettatore in uno spazio multi-sensoriale avvolgente e irresistibile, pulsante di groove e astratte geometrie.
Come hai incontrato Actress e come siete arrivati a fare uscire il tuo ‘Never Sleep EP’ sulla sua Werk Discs? Ci racconti qualcosa sugli inizi della tua carriera?
È stato tutto abbastanza astruso. In realtà non ho mai incontrato Actress per la produzione. Semplicemente un mio amico ha girato la mia musica alla Werk Discs e il loro ufficio mi ha contattato per propormi l’uscita. Naturalmente, da quel momento in poi qualche volta ci siamo incontrati. Non ho idea di come io abbia cominciato a fare musica. Credo sia semplicemente accaduto. È davvero difficile, per me, vedere il mio percorso come una “carriera musicale” perché non l’ho mai pensata in questi termini. La musica, banalmente, mi permette di comunicare senza usare le parole. Per quanto mi ricordo ho sempre fatto musica: sperimentando con i suoni, provando idee differenti, campionando, collezionando dischi. I miei genitori amano profondamente la musica e quando ero un bambino organizzavano un sacco di feste a casa. Ricordo che volevo fortemente imparare a suonare la chitarra ma ho perso presto la pazienza e così mi sono buttato sui piatti, sul computer e sulle macchine.
Il tuo album di debutto ‘Shelter’ sembra la perfetta sintesi della tua visione musicale con temi che arrivano dalle tue prime produzioni che dialogano con elementi nuovissimi. Ci dici qualcosa sul concept e le idee dietro questo album?
‘Shelter’ è un lavoro che riguarda lo spazio che mi permette di scoprire la musica. Scrivere musica per me è qualcosa di veramente speciale che, per certi versi, mi fa sentire invisibile. Ecco perché provo a restare connesso alla musica più tempo che posso. Voglio esserci dentro di modo che la musica possa darmi un riparo. Quasi come uno spazio meditativo nel quale anche chi lo ascolta possa immergersi completamente. Ecco perché questo disco non poteva essere una semplice collezione di tracce.
Potrei dire che ‘Shelter’ suona come un futuristico e psichedelico invito all’escapismo. Sono impazzito o c’è qualcosa di vero in questa impressione?
Hai ragione: ‘Shelter’ ambisce ad essere futuristico ed escapistico. In generale credo che i viaggi mentali siano una gran cosa perché ti danno la possibilità di fuggire dal nonsense della vita quotidiana. Tutto ciò che succede fuori perde di importanza quando ci sei dentro. Questa è l’idea dalla quale il titolo e il concept arrivano: volevo creare qualcosa nella quale perdersi, spegnersi ma che, al contempo, permettesse di vedere tutto chiaramente. Troppo spesso mi trovo eccessivamente realista. Seguo quello che succede nel mondo e mi deprimo per la fine che la razza umana sta facendo. Quel mondo reale mi mette voglia di fuggire – magari in un club a suonare musica profonda – di dimenticare e di fare qualcosa che amo. Ecco: ‘Shelter’ rappresenta tutto questo per me.
Hai spesso descritto la tua musica come ‘London techno’. Quanto ha influenzato la tua musica la città nella quale vivi?
La mia musica è quello che è. Non ho idea e non penso alle sue definizioni. Semplicemente la faccio seguendo quello che provo al momento. Non mi piace pianificarla e sapere già come suonerà. Ho bisogno che venga fuori naturalmente. La produzione musicale, per me. È molto simile alla scultura. La vedo come una forma che ho bisogno di scolpire fino a quando non coincide con l’idea. ‘London Techno’ è un’espressione che mi pare descrivere il modo nel quale la mia città mi ispira. Non ha nulla a che fare con la musica. Non sto cercando di creare un genere. Riguarda quello che vedo. Londra sarà sempre importantissima per me. È un posto duro e poetico allo stesso tempo. Una scena musicale fantastica e un’eredità straordinaria la rendono fondamentale. La vedo come un puzzle che si ricompone costantemente. Io, semplicemente, mi siedo, la osservo e mi faccio ispirare. È la varietà della gente e dei movimenti che la attraversano a renderla unica.
Le forme libere che spesso emergono dalle strutture musicali dei tuoi pezzi fanno spesso pensare al jazz. Ci vedi qualche connessione possibile?
Si, mi piace l’idea ‘mentale’. Mi piace l’idea di perdere la testa e poi tornare a riprendersela. Mi piacciono le composizioni jazz che definirei ‘fottute’. Ho sempre ascoltato molto jazz ma anche tantissima musica africana che ha avuto una straordinaria influenza su di me.
Il tuo nome, l’artwork dei tuoi dischi, i videoclip e la componente visuale delle tue performance live: quanto è importante l’aspetto visivo per la tua musica?
Sono ossessionato dagli effetti visivi. Non riesco a spiegare a fondo questa cosa e l’effetto Moiré mi sembrava il perfetto esempio. Sappiamo cosa è e lo possiamo descrivere e definire ma perché esso accada è ancora misterioso, come la musica d’altronde. Il design è solo un altro livello della comunicazione musicale. Entrambe le discipline si ispirano a vicenda. Quindi il design è una componente essenziale della mia musica. In genere disegno e compongo contemporaneamente: realizzo degli schizzi assurdi legati ai suoni e quando la traccia è finita completo il disegno o lo do da sviluppare al mio grafico di fiducia (Disguise).
Qualche influenza cinematografica da dichiarare?
Troppe. Giusto per nominarne alcune: J.L.Goddard, L.Malle, Henri.G. Cluzot, J.P.Melville, DoP Jack Cardiff, Quay Brothers, Werner Herzog, Paolo Sorrentino, Akira Kursawa, Katsuhiro Otomo…
Puoi raccontarci come funziona il tuo nuovo live che porterai presto in Italia?
È semplicemente imprevedibile. Posso solo dire che si tratta di un live completamente basato su attrezzature hardware, nessun laptop. Solo macchine e folli live visual immersivi.
Qualche piano per il futuro da confessare?
Sto lavorando su un universo parallelo dove ognuno di voi sarà in grado di avere più musica del sottoscritto.[/tab]
[tab title=”English”]With a background in architecture and design, London-based producer Moiré is creating something personal and honest, and inviting others to get lost in the patterns. ‘Shelter’ is his debut album on Actress’ Werk Discs via Ninja Tune imprint showcasing a concept sound that highlights Moiré’s vision in its entirety, blending old and new elements from his musical research. It finds Moiré experimenting outside traditional patterns to create something unexpected and raw, dynamic yet immediate, inciting us to engage in the experience on a musical, visual and physical level. We got an exclusive mix of immersive, trippy future house and techno; restrained and broken dancefloor tunes taking the form of escapist electronic music for our mind and body. To go with the mix we have an exclusive interview to celebrate his upcoming show in Florence (at Tenax Club for _Underpop), on 12th november, which will be the Italian premiere of his brand new ‘Shelter’ audiovisual show.
How it happened that you met Actress and your “Never Sleep EP” was released on Werk Discs? Please, let us know more about the beginning of your musical career.
It was pretty abstract. I didn’t meet Actress. I don’t really know him. My good friend knew him, and he passed my music to Werk Discs, and they approached me for the release – thats how the ‘Never Sleep’ EP happened. Of course we met a few times since. I have no idea how I started, – its one of those things that was meant to happen I guess. I don’t see it as a ”musical career” – I never think that way, for me music is more than career – it allows me to speak without words. I’ve been always making music, experimenting with sounds, trying different ideas, recording, sampling, collecting a variety of records. My parents love music and there where loads of parties in my house when I was a kid. I remember I wanted badly to learn how to play guitar but I lost patience – so I turned to decks, machines and computers.
Your debut album ‘Shelter’ highlights your musical vision in its entirety bringing themes from your earlier productions together with newer elements to form a complete concept. Can you tell us something about the concept and your ideas beyond that album?
‘Shelter’ is about the place that allowed me to discover music. For me writing music is very special. I feel almost invisible when I write and I always try to be connected with music as much as possible. I want to be in it, and gives me ‘Shelter’. Almost like a meditative space. I wanted the LP to feel complete so you can listen to the album as a piece rather than just as a collection of tracks. I wanted the listener to go deep into my space and be immersed in it.
‘Shelter’ sounds quite trippy to me. Like a futuristic and psychedelic invite to escapism. Am i crazy or there is something true in these impressions?
Yes it meant to be futuristic and escapist. Trips are great, they allow you to forget about the nonsense of the everyday world around you. Whatever happens outside is not important when you are in. Thats where the name and concept came from – I wanted to create something that allows me to switch off and see everything clearly and be lost in it. Too often I found myself to be too much of a realist. I follow what happens around the world and it worries me where we are heading as human beings. That real world makes me want to escape – mainly to the club and play some deep music – to forget, and do something that I love – and that what Shelter represents for me.
Often you described your music as ‘London techno’. Can you explain how much has London’s musical scene influenced you?
It is what it is. I have no idea, I don’t think about it. I just make it the way I feel in every moment. I don’t like pre-planning or deciding on sound before it’s made. It needs to come out of me naturally. Sound production for me is like sculpting. I see it as a form that I need to shape so it fits my idea. ‘London Techno’ – it’s my own term about how i feel when I look at this city and things that inspire me in it. It’s has nothing to do with music, I’m not trying to create a genre. It’s about what I see. London will always be very important to me. It’s very a hard and inspiring place. A huge musical scene and heritage makes it undeniably important. It’s like an ever-changing puzzle, and I just sit and observe and get inspired. Also it’s not only music. It’s the variety of people and movements that appear and evolve – that makes it very special.
The kind of free forms that i can see beyond the musical structure of your tracks make me think about Jazz. Do you see any connections?
Yes I love the ‘head’ idea. Making it loose and then coming back to the head. I like how fucked up jazz compositions are. I’ve been always hugely into a variety of jazz but also african music, some of which I found very intense and stimulating.
Your name, the artwork for your records, the videoclips and the visual side of your live show: how much important the visual design is for your music? How you use to develop it?
I’m obsessed with visual effects I can’t explain- and Moiré is the perfect example. We know what it is, we can describe it and define it – but the reason why it happens is rather mysterious, like music. Design is just another level of communicating music. Both disciplines inspire each-other. So for me design is an essential element for my music. Usually I will be making music and drawing same time – I will make some weird sketch based on the sounds – and later when the track is done I finish it or I give it to my mate designer (Disguise) to develop it.
Any cinematographic influences to declare?
Loads. To mention a few: J.L.Goddard, L.Malle, Henri.G. Cluzot, J.P.Melville, DoP Jack Cardiff, Quay Brothers, Werner Herzog, Paolo Sorrentino, Akira Kursawa, Katsuhiro Otomo…
Can you describe us your live act and the set up?
Unpredictable. It’s all hardware based, no laptops just machines and mad immersive visuals.
Any future plans to confess?
Working on the parallel universe where you gonna be able to get more of my music.[/tab]
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