What is Techno?
“Termine che definisce un genere musicale di cui pochi conoscono le vere origini, ma la cui definizione così semplicemente perfetta è riuscita a segnare l’evoluzione della musica popolare moderna in maniera spesso controversa… Semplicemente la techno è stata la cosa giusta al momento giusto”.
Con questo chiaro concetto Andrea Benedetti ci presenta il suo libro “Mondo Techno”, un bel viaggio all’interno della vera storia della musica, partendo da molto lontano, da confini inesplorati. Molto scorrevole e molto leggero, racchiude in 150 pagine la rivoluzione americana partita dalla metà degli anni ’80 a Detroit. Il libro così si articola in 3 parti. Nella prima “Techno: storia di una musica nera” vengono tracciate le linee generali di quelle che sono le vere e proprie origini di questa cultura musicale. Una musica che ha rotto una barriera, tra quella bianca e quella nera, giovani molto promettenti come Juan Atkins, Kevin Saunderson, Jeff Mills, Derrick May, sono stati tutti ragazzi amanti della musica bianca, musica new wave, musica industrial ed anche della musica soul essendo nati a Detroit. Un background nato intorno all’ ’82/’83 ma la prima etichetta che si fregia di appartenere alla techno è Metroplex, creata da Juan Atkins nel 1985. Successivamente l’ ’86 e l’ ’87 sono stati anni chiave, una compilation della Virgin Recording ha avuto il merito di far diffondere questa cultura musicale in tutto il mondo. Un genere che si stava diffondendo molto anche in Europa. Successivamente presero parte a questa corrente anche i vari Jeff Mills, Alan Oldham e tra l’altro c’era anche un giovanissimo Richie Hawtin, il primo bianco ad interessarsi alla techno. Underground Resistence ha rappresentato una vera svolta in tutto il panorama techno mondiale. Etichetta discografica nata dalla fusione di due grandi Dj: Jeff mills e Mike Banks, nel 1990. Il loro obiettivo era sicuramente creare una vera e propria cultura underground prendendo di mira network con programmazione commerciale.
Nella seconda parte “La techno in Italia”, l’attenzione viene spostata in casa nostra, si approfondisce molto la cultura elettronica italiana. Uno dei primi esploratori del suono in Italia è stato Pietro Grossi con i calcolatori elettronici aveva visto una nuova espansione delle capacità compositive, creando dei veri e propri software per la composizione di musica. Anche Franco Battiato ha contribuito molto ad incrementare la scena elettronica italiana, basti pensare che nel 1972 il suo album “Fetus” era ricco di arrangiamenti con sintetizzatori che rendevano tutte le sue composizioni più ritmate. Ci fu anche molta scena new wave in Italia verso la fine degli anni ’80 soprattutto nelle città di Firenze e Bologna, basti pensare che un brano di Alexander Robotnick, “Problèmes D’amour”, spopolò nei vari club di Detroit. Anche in Italia ci fu una vera e propria scena techno. Due in particolare le città prese di mira: Roma e Napoli. Da una parte i vari Lory D, Marco Passarani, Mauro Tannino, Max Durante, hanno dato una vera e propria spinta underground in tutto il panorama romano in concomitanza con la nascita dei primi Rave abusivi. Anche la scena partenopea ha dato molto nel panorama techno italiano. Un giovane Marco Carola iniziò fin da giovane a farsi le ossa nei vari club napoletani, sfruttando la conoscenza di un amico del padre proprietario della più famosa stazione radio FM di Napoli, Kiss Kiss. Si riuscivano ad organizzare anche serate con più di 3000 persone. Altri Dj contribuiscono molto ad aumentare la scena techno partenopea, tra cui Gaetano Parisio e Rino Cerrone. In queste due città il fenomeno è stato molto sentito, dando vita anche a diverse etichette come la SNS e la ACV (per quanto riguarda gli artisti romani), la Design (prima etichetta napoletana).
L’appendice del libro infine si occupa di un concetto molto spinoso, relativo alle differenze tra mondo pop vs mondo techno. Mentre ci sono stati remix di pezzi house e pezzi pop, la techno è sempre stata considerata di nicchia. Molto bistrattata dai musicologi e sempre vista con un occhio molto critico perché definita musica di puro rumore. Ovviamente non è mai stato così. E’ stato proprio il motore dell’underground del continuo sperimentare di suoni che l’ha resa musica del futuro.