C’è una categoria di ascoltatori che ogni anno, come regalo di Natale, aspetta l’uscita di Burial. È la più nutrita e molti di voi ne fanno parte, legati affettivamente alle tracce centellinate col contagocce dal producer anonimo più chiacchierato dell’universo. Poi c’è un altro gruppo, più ristretto ma non meno appassionato, per il quale il vero regalo di fine anno, puntuale e robusto quanto può essere un album di un’ora e passa, è un altro. Ci piace definirci membri del Moon Wiring Club, quella specie di setta misteriosa di cui si narra tra le pagine della Gecophonic Productions. Una storia ai limiti della fantasia che inizia nei primi anni del ‘900 e che vi consigliamo di leggere proprio come è raccontata dall’etichetta, con quell’aria enigmatica e quei bizzarri ritratti fantasy sotto ogni paragrafo.
Le musiche di questa storia sono scritte da Ian Hodgson, producer britannico che si è sempre tenuto fuori dai grossi giri mediatici, con quell’aria così sfuggente e superiore, che non ha bisogno di successo o fama globale (sebbene i magazine britannici parlino di lui non di rado). Ogni anno, sempre a metà dicembre, sempre per la solita Gecophonic, tira fuori un album dal titolo strambo e con minimo venti tracce dentro, un distillato di modernità e ingegno orientato verso atmosfere criptiche e ritmiche affilate, con un fascino sempre inimitabile, che nessun altro può vantarsi di possedere. Anche quest’anno l’appuntamento ovviamente è rispettato: l’album si chiama “A Fondness For Fancy Hats”, in copertina c’è sempre uno di quei ritratti suggestivi (stavolta anche un po’ inquietante) e le musiche sono sempre una soddisfazione di rara intensità. Per noi del Moon Wiring Club il Natale è già arrivato. Se volete unirvi alle nostre celebrazioni, potete partire dallo streaming. Coi nostri migliori auguri.