Sperimentatori mai domi i tedeschi Andi Toma e Jan St. Werner ovvero i Mouse On Mars: formatisi nel 1992 hanno all’attivo undici album – senza considerare progetti paralleli, remix e collaborazioni varie – dei quali l’ultimo, “Parastrophics”, è stato dato alle stampe lo scorso febbraio. La loro musica ha subìto nel tempo diverse evoluzioni, mantenendo immutata la qualità della produzione e l’attitudine a giocare con i suoni elettronici, inglobando sonorità di volta in volta kraute, cosmiche, funk, psichedeliche e pure smaccatamente pop. Parola in codice modernità, possono essere considerati lucidi interpreti della contemporaneità almeno quanto lo sono stati i Kraftwerk a loro tempo.
L’esordio sulla lunga distanza nel 1994 con l’album Vulvaland, definito dalla critica come “Kraut Dub”, fino ad arrivare al 2012 con l’ultimo lavoro Parastrophics, che descrivete come un prisma ruotante che riflette le diverse sfaccettature del vostro percorso musicale. E’ davvero così?
Si tratta di definizioni diverse. La prima ci è stata attribuita dalla stampa, mentre la seconda è il nostro tentativo di trovare una descrizione metaforica su come sentiamo la nostra musica. Non siamo interessati al motivo per cui il nostro suono si sia evoluto in un modo anziché in un altro. Abbiamo lasciato campo libero alle nostre intuizioni del momento, osservando il tutto in modo quasi distaccato. Sicuramente il nostro suono è diventato più denso e carico di stratificazioni acustiche. Siamo saldi in quello stadio di ricerca che ci permette di indagare tutte i possibili spettri di frequenza, le forme musicali, le strategie e possibilità tecniche che la composizione offre per poter scegliere la manifestazione sonora che ci piace più delle altre.
Com’è cambiato il vostro approccio nei confronti della musica elettronica dal 1992 ad oggi?
Lentamente, in modo dolente e sacrificandoci non poco. Ma allo stesso tempo non ci siamo mai negati la curry wurst (uno dei piatti tipici tedeschi a base di wurstel condito di salsa curry e ketchup NDR) e il sonno notturno. Ci consideriamo ancora dei dilettanti, non sappiamo mai precisamente dove andranno a confluire le nostre idee né perché le portiamo avanti. Probabilmente il motivo risiede nel fatto di non essere riusciti a trovare un altro campo lavorativo altrettanto avventuroso quanto quello della musica e anche se siamo diventati più professionali e veloci nel processo creativo del suono ci stupiamo sempre dell’energia che la musica riesce ad evocare e anche della potenza emozionale e fisica che si prova facendo questo mestiere.
Utilizzate campionatori d’ogni sorta, computer, sintetizzatori, strumentazione costruita da voi ma anche strumenti acustici chitarra-basso-batteria. Suoni caldi e freddi stratificati e manipolati. Insomma vi divertite da matti…
Assolutamente si!
Alcuni vostri progetti musicali si sono rivelati dei “work in progress”: nel 2000 ad esempio avete ri-editato l’album “Niun Niggung”, apportando modifiche non proprio superficiali. Ci spiegate questa filosofia assolutamente singolare?
Per noi il suono è come un flusso continuo di esperienza, ogni volta che si ascolta un singolo timbro esso può assumere un diverso significato. Con questa concezione il lavoro di missaggio è sempre un’incognita e può essere eseguito ogni volta in modo differente. Con Niun Niggung abbiamo voluto rendere omaggio al succedersi del millennio, rilasciando una versione pre e post millennio. Abbiamo sostituito alcuni brani e ri-arrangiato l’intero lavoro variandone la sintassi.
Avete anche sviluppato dei software musicali innovativi presentati attraverso progetti live dedicati come ad esempio “Paeanumnion”. Cosa potete dirci in proposito?
Al momento stiamo implementando questi strumenti software per adattarli a piattaforme diverse. Se tutto fila liscio saremo pronti per il lancio commerciale entro la fine del 2012.
Sul palco date vita a dei live set che sono considerati tra i più entusiasmanti nel panorama della musica elettronica. Cosa rappresenta per voi l’attività dal vivo?
Dal vivo proponiamo un ascolto diverso della nostra musica. Il live è più immediato, fisico, rumoroso, un’esperienza ruvida e collettiva. Una delle principali differenze tra musica dal vivo e lavoro in studio è proprio la condivisione del momento. In studio il risultato deve soddisfare principalmente noi. Non abbiamo idea su chi ascolterà il lavoro definitivo. Durante l’attività live abbiamo invece un immediato riscontro in termini di apprezzamento e creiamo l’atmosfera giusta insieme al pubblico.
Fronte collaborazioni non disdegnate il confronto con artisti dalla personalità complessa e magari non immediatamente riconducibili al vostro linguaggio sonoro. Pensiamo soprattutto a Matthew Herbert ospitato in “Idiology”.
Nella musica c’è spazio sufficiente per l’integrazione di esperienze di personalità diverse, anche dissimili fra loro. Ci piace condividere questi spazi con altri, anche se abbiamo bisogno di avere la confidenza giusta con l’artista del caso. Lavorare con i Mouse On Mars può essere un’esperienza sfiancante quindi è necessario avere una personalità tenace per essere in grado di dialogare con Andi e Jan. Con Matthew Herbert avevamo iniziato anche a dare forma ad un progetto musicale in comune chiamato “Dj’s Collapse” ma abbiamo avuto modo di produrre un solo 12” sull’etichetta “Accidental”.
Cinque dischi fondamentali della musica universalmente riconosciuti e cinque altrettanto importanti ma sottovalutati dalla critica, quale scegliete?
Riconosciuti:
Olivier Messiaen: Quatuor Pour la Fin du Temps
Can: Future Days
Neil Young: Harvest
White Noise: An Electric Storm
Iannis Xenakis: Polytope de Cluny
Sottovalutati:
Oval: Systemisch
Helado Negro: Owe Awe
Franco Battiato: Clic
F.X.Randomiz: Goflex
Asa Chang & Junray Jun Ray: Song Chang
(si potrebbe anche scambiare i riconosciuti con i sottovalutati a proprio piacere)
Vi ascolteremo live a Barcellona a giugno nell’occasione del Sonar 2012. Un palco d’eccezione, cosa dobbiamo aspettarci per questo evento?
Cambi nudi e crudi di frequenza, glitch vorticosi, impianto luci audace, visuals innovativi, bassi da pugno allo stomaco, manipolazione di segnali per la mente, sfumate melodie sognanti ed evaporazioni gelate.
English Version:
Never domes, the German electronic composers Andi Toma and Jan St. Werner also known as Mouse On Mars: formed in 1992 they have produced eleven albums so far – without considering side projects, remix volumes and various collaborations – the last of whom, Parastrophics, was given to print this past February. Their music has undergone several changes over time, keeping unchanged the high production quality and the attitude to play with electronic sounds, incorporating from time to time different effects like kraut, cosmic, funk, psychedelic and even blatantly pop solutions. Code-word modernism, they can be considered coherent interpreters of contemporary music at least as the Kraftwerk!
The debut on LP in 1994 with the album Vulvaland, described by critics as “Kraut dub”, until you get to 2012 with the last work Parastrophics, which you describe like a rotating prism that reflects different facet of your musical journey so far. Is it really in this way?
These definitions have nothing to do with each other. One is a definition put upon us by the press the other is our own attempt to find a metaphorical description of how we see our music. We have no interest in understanding why our music has progressed in a certain way over the years. We rather let it happen and watch it happens from a certain distance. Surely our sound has become denser and contains more layers of acoustic information. At the same time we are still in the same research mode that leads us through all possible frequency spectrums, musical forms, strategies, technical possibilities and questions on what music might be and why we find certain musical manifestations more pleasant than others.
How has your approach to electronic music changed since 1992?
Slowly, with great pain and even greater cost. We sometimes eat currywurst and sleep long though. We are still beginners and have no idea about what we are doing and why. We simply haven’t found another more adventurous and abstract work field than music and even if we became more professional and fast in creating sounds we are still amazed by the energy that music can evoke and the emotional and physical power you can experience when you make music.
During the creative process you use a wide range of tools: different samplers, computers, synthesizers, instruments built by your own and also acoustic instruments like guitar-bass-drums. Warm and cold sounds stratified and manipulated. Also do you enjoy really with it, isn’t right?
Yes!
Some of your musical projects are “work in progress”. For example in 2000 you re-edited the album Niun Niggung making not just superficial changes. Can you explain us this unique philosophy of making music?
For us sound is in a constant flux, each time you listen to the very same sound it may occur differently. This is why mixing down a multi track arrangement is always a random task and could be executed differently each time. With Niun Niggung we wanted to pay tribute to the turn of the millennium by releasing a pre and post millennium version. we replaced songs and re-arranged the flow of the whole record.
You have developed several innovative music softwares announced through live projects such as “Paeanumnion”. What can you tell us about this issue?
We work on those software instruments for different platforms at the moment. If everything goes well we’re ready to release those instruments commercially in 2012.
Your live sets are considered among the most exciting in the electronic music scene. What represent the live-activity for you?
Live we propose a way of listening to music in a different way. Live is more immediate, physical, noisy, rough and social experience. One of the main differences between live and studio is the situation of listening alone versus with others. In the studio we define a situation that’s suits ourselves in the first place. We have no idea who else will hear the recordings. Live we do have an immediate impression of how the music goes down and we create a situation together with the audience.
Speaking about collaborations, you don’t despise to relate with complex personality, perhaps not immediately connected with your own sound language. We think especially to Matthew Herbert hosted in Idiology. How did this comparison take place?
Music has enough space for disparate elements brought in by different or even disparate personalities. We like to share this space with others although we do need confident friends to join us. Working with Mouse On Mars can be an enduring experience so you need to have a stubborn personality to be able to deal with Andi and Jan. With Matthew Herbert we had even started our own band called Dj’s Collapse but only got to produce one 12” on accidental.
Five discs of music universally recognized like “fundamental” and five equally important but overlooked by critics, which would you choose?
Official:
Olivier Messiaen: Quatuor Pour la Fin du Temps
Can: Future Days
Neil Young: Harvest
White Noise: An Electric Storm
Iannis Xenakis: Polytope de Cluny
Unofficial:
Oval: Systemisch
Helado Negro: Owe Awe
Franco Battiato: Clic
F.X.Randomiz: Goflex
Asa Chang & Junray Jun Ray: Song Chang
(you can swap official and unofficial as you like).
We will listen to you live in Barcelona next June for Sonar 2012. An exceptional stage, what can we expect for this event?
Bare naked frequency shifts, glitchy whirling wires, explicit lighting, multireferencial visuals, stomach stimulating bass, brain massaging signal processings, hazy fantasy moves, dry ice desert smokes.
Pics by Szary Car