Non avremmo potuto sperare in una chiacchierata più vera, intensa e ricca di spunti per inaugurare la collaborazione che vedrà coinvolte la nostra rubrica Giant Steps e 180gr. Il protagonista di questo botta e risposta non può che essere il suo timoniere e ideatore, quell’Enzo Iannece, in arte N-Zino, che da qualche tempo sta portando i vinili di alcuni degli artisti di maggior talento del nostro panorama in giro per i mercati rionali d’Italia. Palermo, Bari, Salerno e Napoli sono sono alcune delle tappe che la crew di 180gr ha toccato da quando ha dato il via a questa avvincente avventura, ponendosi come obiettivo quello di mettere in evidenza, attraverso il vinile, gli usi e le tradizioni della nostra terra.
“[…] ci sono dj che hanno da dire tanto, anche fuori dal club e dj nati solo per far ballare. Io sono alla ricerca dei primi.”: N-Zino e 180gr, quindi, cercano di mettere l’accento sul lato più vero e sincero dei dj ospitati, finalmente liberi dai vincoli che inevitabilmente il dancefloor impone quando li vede all’opera, aspirazione che ci sentiamo di condividere quando, ogni settimana, andiamo alla ricerca dei nostri Giant Steps.
Partiamo dalle basi: 180gr porta la musica di alcuni degli artisti di maggior valore della nostra scena all’interno dei mercati rionali. C’è qualcuno che vi ha presi per matti?
All’inizio quasi tutti, ma quelli più scettici e spiazzati dal nostro progetto sono state le amministrazioni, probabilmente dubbiose circa il nostro fine reale: pensavano fosse un pretesto per fare un festino unconventional. Ora invece sono i nostri primi sostenitori.
In che modo il vinile, coi suoi centottanta grammi, può (e deve) contribuire alla valorizzazione del territorio e delle culture locali?
Il vinile in questo progetto è l’anello di congiunzione tra i due mondi. Senza il vinile 180gr non avrebbe senso. Non è integralismo radicale, nulla contro chi utilizza supporti digitali nei club; non credo che chi propone musica in vinile sia più bravo, oppure più figo di chi invece, per diversi motivi, preferisce le chiavette USB. Il vinile è semplicemente l’esempio calzante che ciò che accade nella distribuzione musicale è sovrapponibile a ciò che caratterizza la nostra società. La riscoperta delle tradizioni, il ritorno alle cose di un tempo, il calore, il peso, il tatto…tutto ciò vale per la musica come per i prodotti della nostra terra. Le abitudini, la possibilità di potersi interfacciare e fidarsi di chi vende sono i motivi per cui il mercato non morirà mai, proprio come il vinile.
Se la memoria non mi inganna, il primo in assoluto ad esibirsi in un mercato è stato Richie Hawtin, che ha fatto più volte tappa a La Boqueria di Barcellona durante alcuni degli ultimi Off Sònar. È qui che è nata la vostra idea?
Questa domanda mi viene rivolta spesso. All’inizio mi fa incazzare, poi respiro e mi accorgo che mi piace tanto: è inutile negare che Richie Hawtin sia stato quello che in qualche modo ha fatto scoccare la scintilla. Provo a fare un esempio: vedi un contenitore che ti piace tanto. Quel contenitore contiene dei liquidi. Lo guardi e ti accorgi che lo potresti utilizzare per metterci il sale da cucina. In poche parole lo scenario è lo stesso di Hawtin…i contenuti sono totalmente diversi, forse un po’ più “nobili”.
Più volte mi è capitato di sentir definire, anche da addetti ai lavori piuttosto quotati, che 180gr rappresenta la nostra Boiler Room. A nostro avviso le due realtà presentano approcci e attitudini comunque differenti: mentre Boiler Room si rivolge al “sistema clubbing” in modo diretto, 180gr lo fa in modo più marginale, presentando i suoi show a un pubblico non necessariamente danzante. Streaming a parte, pensi ci siano davvero dei punti di contatto tra i due format?
L’accostamento mi lusinga, qualche mese fa non l’avrei mai immaginato. Sono fiero di quello che stiamo facendo, ma Boiler Room è una realtà mondiale, noi siamo solo dei piccolissimi artisti che rincorrono un sogno. Credo innanzitutto che la scena italiana meriti di essere valorizzata. Ai tempi della minimal eravamo schiacciati da tutto ciò che arrivava dall’estero, soprattutto dalla Germania; ora se penso al genere musicale di 180gr faccio fatica a trovare artisti stranieri bravi come i nostri giovani talenti. Detto questo la differenza sostanziale tra noi e Boiler Room è che loro guadagnano tanto e noi invece abbiamo un bilancio rosso sangue! (ride, ndl) Scherzi a parte, loro testimoniano ciò che accade nei club, nei festival e nei party in generale. Io invece quando vedo un clubber davanti alle nostre telecamere mi incazzo, e non poco. Noi del club non vogliamo raccontare nulla, ma proprio nulla; non a caso, per evitare convergenze di un target lontano dal contesto dove ci insidiamo, non comunichiamo mai la data delle riprese sui nostri canali. Io voglio lasciare incontaminato il più possibile i luoghi dove ci inseriamo per valorizzarlo, senza intaccarli minimamente. Noi proponiamo la musica dei nostri dj proprio come se fosse un prodotto a km0. I vecchietti, le casalinghe, i venditori con le mani sporche di terra è ciò che vogliamo raccontare. I clubbers che ballano birra alla mano li conosciamo già troppo bene, non è ciò che vogliamo catturare. Inoltre mi si drizzano i peli quando ci etichettano come quelli che vogliono far ballare nei mercatini. Il festino lo facciamo altrove, 180gr è un progetto digitale, rivolto ad utenti online. Poi se qualche pensionato durante la spesa ci regala una performance dance non ci dispiace a fatto. Questa è la differenza sostanziale tra noi e Boiler Room.
In cosa, onestamente, pensi che 180gr possa migliorare per maturare e affermarsi come già successo per Boiler Room? Possiamo considerare questo uno dei vostri obiettivi?
Per raggiungere i livelli di Boiler Room dovremmo aprirci a tantissimi altri generi musicali, rinnegando il nostro DNA e spalancando le porte ad artisti che suonano in digitale. Questo credo che non accadrà mai. Sicuramente abbiamo ancora diversi punti deboli, soprattutto tecnici, ma il problema è che siamo un progetto autosostenuto e i mezzi a disposizione al momento restano limitati. In ogni caso crescere a questo punto è un dovere, ma non voglio non voglio vivere con l’assillo di raggiungere il successo a tutti i costi, rischiando di perdere la nostra identità e coerenza.
Ora che grazie a Facebook e alle sue dirette tutti possono condividere live il proprio show, quali pensi siano gli ingredienti necessari per distinguere il proprio streaming dagli altri?
I contenuti e la spontaneità. Usi e abusi sono direttamente collegati, sempre. Chi utilizza questo strumento in modo intelligente, per raccontare qualcosa di veramente interessante senza forzature, avrà uno strumento in più per interagire con la propria community. Per gli altri credo sarà un boomerang.
Nello specifico, quali sono gli elementi che, secondo te, hanno contribuito a costruire l’immagine di 180gr? Mi piacerebbe provassi a raccontarmeli attraverso una manciata di aneddoti.
Mi dispiace che spesso la qualità degli artisti che proponiamo passi in secondo piano rispetto ad elementi visivi raccontati durante le loro performance, anche se è inevitabile affermare che sono stati alcuni fraim a rendere popolare e virale il nostro progetto in tutto il mondo in pochi giorni. Mi piace pensare però che la musica resti l’elemento principale che contraddistingue l’immagine di180gr. Sicuramente i due vecchietti che nelle prime riprese hanno dato vita al ballo della “sciatica” e del “bastone” restano impressi nelle menti della nostra community.
Ormai cominciate ad avere uno storico piuttosto sostanzioso. Avete riscontrato differenze tra i diversi mercati dove avete portato 180gr?
Dico sempre che i mercati rionali sono l’Ombelico del Mondo. Ogni mercato racconta quelle che sono le tradizioni del posto che lo ospita. Il mercato è il luogo dove convergono gli odori, i colori, le espressioni e le abitudini del territorio e quindi sono tutti uguali e diversi al tempo stesso. Quelli del sud sicuramente sono più facili da raccontare per via del modo di porsi delle persone che lo vivono. C’è molta interazione e tanti prodotti tipici da valorizzare. Al nord è bello catturare la qualità e l’organizzazione che un mercato rionale può contenere sotto ogni punto di vista.
Il vedere all’opera il dj di fronte a un pubblico radicalmente diverso rispetto a quello con cui è solito confrontarsi mi ha immediatamente incuriosito e affascinato. Quali sono stati i commenti “dall’interno”?
Sono tutti molto positivi. Mi piace vedere che tanti artisti nei giorni precedenti alle registrazioni si impegnino a costruire un set diverso dal solito, che faccia conoscere il loro lato nascosto, quello che spesso nei club resta soffocato. Tutti si ingegnano per 180gr affinché possano lasciare il segno, quello della loro anima. Questa cosa mi piace. Ad essere sincero, qualche tempo fa ho provato a chiedere ad un dj affermato di partecipare ad una registrazione. Questi mi ha risposto che non trovava nessun gusto ad esprimersi davanti ad anziani e casalinghe che passavano indifferenti davanti la sua console. Questa cosa mi ha fatto riflettere tanto e alla fine sono giunto alla conclusione che ci sono dj che hanno da dire tanto, anche fuori dal club e dj nati solo per far ballare. Io sono alla ricerca dei primi.
Immaginiamo che il lavoro che precede ogni appuntamento è piuttosto complesso. Quali sono le maggiori difficoltà che, di volta in volta, vi capita di incontrare?
Il mio incubo è quello di non essere accettato dai venditori che operano nel mercato, e spesso questo è avvenuto, almeno nei primi minuti, quando arriviamo per montare la console e allestire le scenografie. Bisogna rispettare che si alza al mattino alle cinque per sbarcare il lunario e quindi con discrezione ed educazione bisogna far capire a chi ci affianca durante il nostro lavoro che siamo dalla loro parte e che non siamo lì per intralciare il loro lavoro. Questo aspetto è fondamentale per la riuscita delle riprese, non è facile, ma fin ora ci siamo sempre riusciti.
Quali sono, poi, le caratteristiche degli artisti che decidete di coinvolgere?
Innanzitutto che suonino solo in vinile e che siano disposti ad usare un mixer rotary. Inoltre quando siamo partiti avevo idea di tenere una forbice più ampia sui generi musicali da proporre. La prima slot in assoluto registrata per 180gr infatti è stata la mia ed ho proposto un set house-classic, abbastanza sostenuto. Mi sono subito accorto che, invece, chi sceglie di proporre un set soul, funk e afro riesce a cogliere al meglio l’anima del mercato. Inoltre è un momento storico dove certe sonorità sono molto apprezzate: c’è tantissimo da ripescare dal passato, musica che al mattino “suona meglio” della techno. Le mie radici sono house e in questo momento mi piace suonare disco music, quindi i dj che scelgo, oltre ad essere giovani talenti, devono avere radici ’70. Cosa apparentemente in contrasto, ma in realtà non è così.
Tra qualche giorno daremo vita alla collaborazione tra 180gr e la nostra rubrica Giant Steps. Cosa ti aspetti da questa sinergia? Dove e cosa può diventare 180gr nell’immediato futuro?
L’idea di questa collaborazione mi piace tantissimo. Dall’esterno ho sempre visto Soundwall come un esempio da seguire. Costanza, tenacia e professionalità nel tempo vi hanno contraddistinto. Vi seguo da sempre ed oggi collaborare con voi mi eccita. Inoltre proprio la rubrica Giant Steps ha molti punti in comune con 180gr: siamo entrambi una vetrina per giovani artisti che meritano di più.