Allora, facciamo che giochiamo a carte scoperte, togliendo il velo di ipocrisia e di cortesia? Facciamolo, dai. Facciamolo.
…facciamo che diciamo chiaramente che quando questo evento è stato annunciato si sono alzate (anche) battutine, è stato fatto (anche) del sarcasmo: non nascondiamoci, via. C’è chi lo ha fatto perché ha in antipatia Joseph Capriati; ma c’è da chiedersi se ha più in antipatia lui, o quello che lui rappresenta: il dj di successo, dai megacachet, che suona nei meglio festival denarosi, che ha portato la techno nei contesti più mainstream, quindi insomma, per forza un “venduto”, un “venduto della techno”. C’è magari chi lo ha fatto invece perché non stima artisticamente i nomi in cartellone, e va bene. Ma la domanda da fare è: quando non stimate qualcuno, lo ricoprite di ironia, battutine e sarcasmo o, semplicemente lo ignorate?
Così come c’è chi magari ha detto che è tutto “troppo”, che c’è una vena populista e nazionalpopolare di fondo proprio crassa (lo stadio, il fatto che sia un evento dedicato all’Unicef…) e insomma, impossibile fare il tifo a favore di un evento del genere, anzi, proprio eventi del genere avvelenano i pozzi e portano ad una progressivo inquinamento del clubbing e della musica da dancefloor, facendoli somigliare sempre di più ad un circo per famiglie&citrulli e sempre meno ad un antagonismo controculturale e reale, come invece dovrebbe essere da DNA. In quale quadro vi riconoscete?
Beh: intanto vi diciamo in quello in cui ci riconosciamo noi. Ci riconosciamo nel fatto che, a nostro modo di vedere, questo è uno degli eventi sulla carta più importanti e significativi mai creati in Italia per l’ecosistema culturale (non economico: culturale) legato alla club culture, e al suo riconoscimento. Il fatto di saper essere così “popolari” – parlare quindi a molte persone, anche distratte o dozzinali nel loro entusiasmo, e non solo ad una elite di appassionati di livello – potrà anche non piacere, o potrà non essere la propria identità culturale di elezione, ok, ma andrebbe sempre e comunque rispettato. Lo ripetiamo: sempre rispettato. E che la techno riesca a conquistare un luogo iconico come lo stadio San Paolo di Napoli (…che ora, a raddoppiare l’iconicità, è ora intitolato a Maradona), è in realtà una vittoria per tutti, ma è nata non dallo spirito santo o da qualche paraculata ma dal lavoro duro di qualcuno. A suonare in modo credibile allo stadio ci arrivi se hai lavorato negli anni, se ti sei guadagnato un pubblico per davvero, se ti sei fatto un mazzo tanto per non tradire mai la tua crescente fan base. Ma poi ancora: ci lamentiamo sempre che siamo “invisibili” alle istituzioni, e poi quando le istituzioni ci permettono ed anzi ci incoraggiano a fare un evento così, manco fossimo Jovanotti o Vasco, invece di stringerci tutt’attorno a chi ha portato avanti la faccenda sentendoci fieri e rappresentati facciamo a gara invece a fare i distinguo e le battutine? Davvero? Ma allora ce lo meritiamo, l’essere ignorati dalle istituzioni – e dimostriamo plasticamente la nostra incapacità di fare fronte comune.
Per fortuna molti hanno agito in maniera esattamente opposta. E attorno a questo evento si sono stretti. A partire dagli artisti che hanno deciso di partecipare.
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Già, perché non proviamo a ragionare appunto sul cartellone? Ci proviamo, sì, cercando di andare al di là dei gusti personali? Domanda: vi sembra un cartellone che pensa solo a richiamare gli artisti di maggior successo e che possono massimizzare i guadagni? Risposta: no. A noi sembra un cartellone veramente creato, pensato e voluto da Capriati in persona, senza mediazioni. Ci sono quelli che lui reputa dei maestri, ci sono gli eredi dei maestri suddetti, ci sono colleghi che stima realmente, c’è un collegamento viscerale con la storia musicale della propria città, e accidenti quanto è importante e quanto è da “club culture autentica” (e non quella mondializzata, globalizzata, capitalista) avere un legame col proprio contesto di provenienza: vuoi sotto forma di James Senese o Clementino, vuoi sotto forma di Gaetano Parisio e Markantonio.
Se non supportiamo le cose fatte con grande sforzo ed ottime intenzioni da gente che potrebbe anche permettersi di pensare solo di passare all’incasso, allora cosa dobbiamo supportare?
Ecco: Gaetano Parisio e Markantonio. E’ triste che dei supposti “veri appassionati di elettronica” non si rendano conto di quanto questo sia uno dei più grandi tributi popolari mai creati per celebrare quella scuola techno napoletana di cui Capriati è discendente. E’ ingiusto che Capriati sia famosissimo e Parisio e Markantonio no? Boh, chissà, forse sì, forse no, forse vediamo; ma quello che è certo è che Capriati non era tenuto ad infilare quei nomi lì in un evento ad amplissima risonanza, non sono infatti dei vendi-biglietti. Invece lo ha fatto, e lo ha fatto chiaramente come tributo al loro ruolo di maestri. Oh, finalmente qualcuno che lo fa. E finalmente qualcuno che mette in campo il modo per (ri)porre l’accento su quanto incredibile la scuola techno napoletana sia stata, concedendole una celebrazione non solo fra gli addetti ai lavori, non solo fra chi “Eh, ma quando Marco Carola suonava con tre piatti e faceva uscire i dischi stando a Francoforte, allora sì che erano tempi…”. Noi siamo fra questi. Ma: vogliamo solo raccontarcela fra di noi fino alla notte dei tempi, e chi non capisce o non c’era è un coglione, oppure vogliamo fare in modo di iniziare a spargere la voce su questa epopea anche fra chi non c’era e chi di solito non ci sta ad ascoltare?
Insomma, ci vediamo allo stadio San Paolo a Napoli, il 28 maggio, per chi può, per chi ha tempo e modo. Qui i biglietti. I dubbi, lasciateli fuori dalla porta. I proventi dell’operazione, siate contenti che vadano all’Unicef, al netto delle spese. Chi vuole contribuire ulteriormente, per alleviare il dramma che si sta svolgendo sul territorio ucraino, può andare qui. A noi pare tutto bello davvero, ed importante. Capriati e il suo team, che hanno creato da zero questo evento, si meritano solo applausi e supporto se avete a cuore la faccia bella della realtà, se avete a cuore le belle azioni e il potere della musica. Il sarcasmo è fuori luogo. E tutto il resto, invece, è noia.
Sì: in certi momenti diventa sterile, inutile, stolida noia. E scusate se è un po’ troppo naïf e sempliciotto schierarsi in maniera così esplicita, così positiva e supportiva come stiamo facendo noi qui. Ma ehi: se non supportiamo le cose fatte con grande sforzo ed ottime intenzioni da gente che potrebbe anche permettersi di pensare solo di passare all’incasso, allora cosa dobbiamo supportare?
Poi oh, se vi stanno sul cazzo Napoli e/o Capriati per principio, e non c’è nemmeno da discuterne, va bene. Fate voi.