Di musica ne mastica tanta e la conosce bene. La giovane età può trarre in inganno, ma questo giovane dj italiano, la cui fama internazionale la si deve alla sua assoluta dedizione al lavoro cui dedica anima e corpo, è diventato in poco tempo uno dei nuovi esponenti in quel ramo della corrente della cultura house fatta di ritmi funk e jazz, di bpm rallentati e sonorità spiritual. Dobbiamo poi dirlo: il suo punto di forza è l’esser schietto e limpido, l’esser senza peli sulla lingua. Ci spiega in due parole perchè qui conta solo l’house a marcetta e perchè si deve conoscere il titolare per suonare. Il suo lavoro, invece, è altro ed a quel modo di intender la musica non vuol aver nulla a che fare: la sua è ricerca della qualità, punto. Poi ci dice che con la musica ha iniziato tardi il suo rapporto d’amore e di lavoro: ci chiediamo, dove sarebbe arrivato se l’avesse scoperta prima?
Al solito, ci viene spontaneo chiederti, come è iniziato il tuo percorso musicale? Suonavi già qualche strumento?
No, non ho mai suonato strumenti, ma sono sempre stato uno che amava la musica, in particolare la dance music. Ho scoperto l’house un pò tardi, verso la fine degli anni ’90 quando c’era la scena “spiritual”, intendo quindi Jouse Clausell, Osunlade, Jepthe Guillaume, Antonio Ocasio, Ibadan ecc. Da questo punto di partenza mi sono poi messo alla ricerca di quanto era stato fatto precedentemente, nei primi anni ’90 in particolare per poi arrivare alla disco-funk-boogie degli anni ’70-’80. E’ stato quindi un percorso a ritroso nel tempo, fatto di molta ricerca su tutta quella musica underground che, data la giovane eta’, mi ero perso.
Il tuo genere risente molto delle correnti più deep dell’house, dai ritmi più lenti tipici degli anni ’90. Come mai questa scelta e cosa ti piace di più rispetto all’house più ritmata (e “commerciale”, aggiungerei)?
La musica house piu’ ritmata e commerciale alla quale ti riferisci non l’ho mai scelta e non mi piace perche’ quasi sempre e’ completamente priva di “soul”. Sono inascoltabili molti dj set che vengono proposti, soprattutto nel nostro paese, fatti di marcettine senza senso, soltanto beats e sub bass, niente anima, nulla che contraddistingue un pezzo dall’altro, canzoni usa e getta, senza alcuna musicalita’. L’house che piace a me invece e’ fatta di accordi, melodie, voci, giri di basso, drum machines, strumenti… e’ vitale!
Ti sei fatto le ossa suonando nei locali di Perugia, e da lì in poi la notorietà ti ha permesso di suonare in giro per l’italia e l’Europa. Che differenze trovi tra i locali italiani e quelli europei, specie per l’entusiasmo dato dal pubblico?
Premetto che a Perugia non ho mai suonato anche perche’ non sono un dj, mi esibisco con dei live set e questo a partire da un paio d’anni soltanto, in contemporanea al mio percorso come produttore. Perugia poi e’ una citta’ che se da una parte e’ sicuramente ricca di una grande cultura in termini di musica house & techno, non lascia molto spazio di crescita ai giovani dj di talento, conta piu’ chi conosci, di quale staff fai parte, a chi lecchi il culo insomma. Per fortuna io non ho mai avuto a che fare con questo ambiente malsano, me ne sono sempre tenuto alla larga e adesso ho avuto l’occasione di esibirmi regolaremnte all’estero dove ho avuto l’impressione che in molti posti le cose siano diverse, la gente e’ interessata alla musica, e’ in grado di apprezzarla e si diverte indipendentemente da quanti bpm suoni. Quando ti esibisci in Italia c’e’ sempre la preoccupazione di “menare”, andarci forte con i bpm, sennò la gente non balla, tutto questo all’estero non l’ho trovato, mi sono reso conto di quanto musicalmente parlando la gente sia molto piu aperta rispetto agli italiani. Una volta a Berlino ho iniziato un set nel mezzo della serata, alle 3 di notte, con soltanto 110 bpm, e la gente ha reagito benissimo, credo che in Italia mi avrebbero lanciato i bicchieri invece. Ovviamente ci tengo a sottolineare che anche nel nostro paese fortunatamente ci sono delle situazioni di qualita’ che stanno crescendo e spero diventino sempre piu’ grandi.
Abbiamo spesso discusso a proposito del fenomeno della musica elettronica in Italia, ed in particolare del fatto che i giovani ci sono ma non hanno lo spazio e l’attenzione che meritano. Pensi sia più semplice per un ragazzo che vive a Berlino o a Londra iniziare una carriera in questo mondo?
E’ quello che dicevo prima. In Italia e’ un casino, la gente e’ invidiosa, competitiva, pronta a parlare male del prossimo, non e’ facile fare carriera in italia senza scendere a qualche compromesso o comunque sottostare a delle dinamiche poco limpide. Per fortuna oggi esiste internet, quindi chi vive in Italia ha la possibilita’ di condividere facilmente con il mondo la propria musica, e magari costruirsi una carriera proprio al di fuori del nostro paese. Non bisogna stare per forza a Berlino o Londra per farlo, oggi tramite internet e’ possibile raggiungere chiunque dal proprio computer e questo facilita non poco le possibilita’ di farsi consocere all’estero pur vivendo in una piccola citta’ di provincia.
Le melodie delle tue canzoni risentono molto delle scuole di Chicago e di Detroit: un mix di funk e melodie pop. Prediligi meglio la scuola Americana rispetto a quella del nord Europa?
Non saprei dire su cosa prediligo, mi piace fondere gli stili, credo che quando la scuola Americana si fonde con quella Europea ne vengano fuori le cose migliori. Certamente devo riconoscere che la matrice NY/Chicago/Detroit sia essenziale nelle mie produzioni, pero’ mi piace contaminarla con della sana elettronica europea, soprattutto ultimamente.
Sei ti dovessi trasferire dove andreasti per vivere e lavorare?
Andrei a Londra probabilmente, ma devo dire che per il momento non mi sposterei da qua, sto abbastanza bene a casa mia e mi accontento di viaggiare nei weekend.
Oggi va molto iniziare la carriera musicale con un compagno amico con cui dividere le fatiche ed il lavoro. Tu hai iniziato quest’avventura da solo, complimenti, ma c’è qualcuno con chi ti piacerebbe collaborare?
In studio mi piace lavorare da solo, credo che sia molto difficile lavorare a quattro mani, almeno per quanto mi riguarda. Pero’ certo, una collaborazione con Theo Parrish non la sdegnerei!
Hai già pronto qualche novità e nuovo progetto per il futuro? Ti piacerebbe aprire una tua etichetta?
Ho gia’ la mia etichetta, e’ ancora alle prime armi, si chiama House Sound Recordings ed e’ una label solo vinile dove stampiano sopratutto tracce di altri artisti (e non la mia roba), tra poco dovra’ uscire il quarto volume. Anche se a me piu’ che stare dietro ad una label piace fare musica, non c’e’ nulla da fare. Progetti per il futuro ce ne sono anche se gia’ quest’ultimo mese e’ stato molto intenso con l’uscita del mio album Nu Groove piu’ un singolo su 4Lux. Musicalmente sto cercando di spaziare, produrre qualcosa di meno americano e più europeo per intenderci, magari anche un po di techno!