Ci siamo morsi la lingua, aspettando la release ufficiale, dopo aver ricevuto il promo settimane fa. Abbiamo provato a riascoltare più volte, sperando di esserci sbagliati. Ma nulla da fare, la seconda sortita della Kraviz a fare da preludio all’album in arrivo è, decisamente, ancora più discutibile della prima: se già “Skyscrapers” infatti col suo tentativo di forma-canzone in salsa moderna accompagnato da immaginette da cartolinia miliardaria fra i grattacieli di Dubai era infatti un discreto “Mah“, “This Time” che nelle intenzioni vuole riportare – citiamo il comunicato stampa – “a Cindy Lauper, a Laura Branigan, alla prima Madonna” è musica discretamente inutile. Anzi: fastidiosamente inutile.
Sarà che non sentivamo troppo la mancanza di un certo synth-pop anni ’80 (che i suoi capolavori li ha tirati fuori eccome, ma che comunque è una musica molto figlia dei suoi tempi e che qui è riproposta in maniera calligrafica e slavata), sta di fatto che questa svolta retromaniaca della Kraviz ci convince proprio poco per una serie di motivi. Uno: perché la sua voce è quella che è, non è nemmeno male in fondo, ma manca di espressività e sfumature per fare veramente la differenza nel 2021. Due: fermo restando la libertà di un artista di fare quello che gli pare, la Kraviz si è fatta conoscere – e a nostro modo di vedere bene – incidendo nel mainstream techno con una serie di detournement e recuperi particolari, inaspettati, comunque taglienti. Non sarà un drago nel mixare, forse, ma nell’ultimo decennio ci è apparso di tutti i nomi mainstream del clubbing quello che più si è preso dei rischi, che più ha cercato di scompaginare la routine. Questa cosa non gliela riconosci solo se non la sopporti come personaggio (e sappiamo che vale per tanti, il fatto di non sopportarla… Anche se poi sono questi tanti i primi a leggere articoli su di lei ed a pedinarla su Instagram, foss’anche per avere delle scuse in più per denigrarla).
E allora il nostro discorso si snoda su quattro ipotesi, e nessuna porta ad un approdo lusinghiero. Ipotesi uno: se ti sei fatta conoscere e riconoscere per un approccio “edgy” nel campo techno – vedi anche il valido lavoro con la label, Trip – che senso ha una svolta pop zuccherosa di questo tipo (“Skyscrapers” almeno ci provava, ad essere un po’ incisiva e “lavorata”…)? Ipotesi due: se stai esplorando una nuova strada artistica che ti ha sempre intrigato e noi non lo sapevamo, quella del pop che più pop non si può, il nostro parere è che la stai esplorando in maniera poco significativa e spenta. Ipotesi tre: se vuole essere una arguta provocazione beh non è tanto arguta e non sembra nemmeno una provocazione. Ipotesi quattro, quella finale: se ci credi davvero, vuol dire che allora sul serio sei affascinata in primis non dalla musica ma dalla “stardom” ad essa annessa, quindi non ti basta più essere la reginetta della techno ma ora vorresti diventare ancora più reginetta, ed entrare nel mercato del pop attraverso la strada più comoda e già battuta migliaia, migliaia di volte dagli anni ’80 ad oggi. Il modo in cui cita e riciccia il synth-pop anni ’80 non è sorprendente, è calligrafico.
Insomma, ci esponiamo: “This Time” è una mezza fetecchia, e fa venire il sospetto che la Kraviz abbia perso la bussola. O, peggio ancora, che sia semplicemente annoiata ed abbia provato a giocare con qualcosa di improbabile e vezzoso. Ma se così, se è tutto davvero un gioco, dichiaralo davvero Nina, pigliati anche un po’ in giro. Altrimenti il sospetto è che sia il gioco che ad aver preso il controllo su di te, e non viceversa.
Foto di Paolo Tacchella