Era già entrato eccome, nei nostri radar, Woodoo Fest, che nel weekend ora in arrivo, a partire da domani 18 luglio, celebra la sua edizione 2024. Ad un occhio un minimo clinico risultava la sua unicità, il suo essere atipicamente trasversale da un lato e convintamente immersivo dall’altro: tra festival che sono solo una successione di act in cartellone – per quanto validi – e festival, al contrario, dall’identità molto definita e precisa (in primis come direzione musicale, come “area” d’appartenenza), Woodoo spiccava perché tagliava come pochi altri le traiettorie tra indie, sperimentazione ed elettronica, combinando tutto con gusto e senza andare alla ricerca dei “soliti” nomi. Tradizione che si ripete anche quest’anno: Chaos In The CBD o Logic 1000 non sono gli headliner che sentite abitualmente mettere in campo, e combinarli a Venerus, Dargen D’Amico, Sama’ Abdulhadi sempre alla voce headliner è una visione per nulla banale e molto interessante, così come il fatto che ci siano act come Il Mago Del Gelato (dal vivo saporitissimi), Okgiorgio (il “Fred Again di casa nostra”), Lorenzo BITW, Go Dugong denota anche un’attenzione a cosa accade dalle nostre parti declinata con gusto e personalità, e non col bilancino del “…chi è quest’anno che ti fa vendere un po’ di biglietti senza costarti uno sproposito?”.
(Un’immagine dall’anno passato; continua sotto)
C’è tutto questo, c’è la grandissima attenzione al contesto: Woodoo è “boschivo” come pochi altri festival in Italia, cura molto tutto ciò che è contorno (vedi anche il format “a quattro” di questa edizione: c’è una precisa idea dietro), ci tiene tanto a creare una esperienza particolare e, last but not least, visto che siamo sulle pagine di Soundwall, incorpora la crew di This Is Not, una di quelle che più e meglio ha saputo navigare controvento credendo ed insistendo nel clubbing senza cadere nella ciambella salvataggio – ma spesso è un peso che ti affossa – dell’headliner grosso a tutti i costi che ti risolve-i-problemi: perché il clubbing si fa con lo spirito e l’attitudine, prima ancora che coi nomi buoni per farti fare i numeri nelle stories di Instagram (ma sempre meno nei conti in banca, se sei promoter).
Insomma, tanta roba. E allora invece di fare il classico articolo di presentazione artista per artista (tanto potete guardare meglio qui e qui) siamo andati a rompere le scatole a uno degli organizzatori, Matia Campanoni, che non si è tirato indietro nel raccontarci qui sotto i perché & i per come di Woodoo. Ne viene fuori un racconto molto sfaccettato ed interessante. Se non avete ancora fatto vostri i biglietti, leggere tutto quello che sta dietro a Woodoo potrebbe darvi la definitiva spinta: eventi così sono preziosi.
Come nasce Woodoo Fest? E soprattutto: perché nasce Woodoo Fest?
Woodoo Fest nasce da un gruppo di persone: in otto organizzavamo concerti, party, serate in vari club della provincia milanese. Abbiamo voluto fortemente misurarci con la dimensione di un festival. Nasce da questa voglia, da questa esigenza – e da un gruppo di persone che eravamo noi come nucleo ma che in realtà era molto più ampio – di esprimersi, di voler dire la propria e di volere, sull’esempio di festival europei, provare a portare un contenuto di quel tipo nel tessuto sociale della provincia.Siamo stati in tanti festival. Già prima dell’inizio di Woodoo eravamo appassionati di festival europei, dove ci fosse molto intrattenimento di vario tipo, dalla musica ad altro; ne eravamo rimasti folgorati e volevamo portare quell’esperienza qua, nella nostra zona.
L’edizione 2024 è particolarmente ambiziosa dal punto di vista della durata, quattro giorni, e del concept, visto che ogni giornata ha un concept diverso: come è nata questa idea?
In realtà il festival nasce come un festival di tre giorni solo nel primo anno, poi diventa subito da quattro, poi diventa da cinque giorni e solo lo scorso anno ritorna ad avere una durata di quattro giorni, quindi da giovedì la domenica. Tutto il concept di quest’anno, oltre alla divisione per giornata, arriva da questo viaggio fatto lo scorso anno in cui abbiamo attraversato figurativamente un portale che poi, anche visivamente, era il back drop del main stage del Festival, e siamo arrivati quest’anno su un nuovo pianeta. Nei quattro giorni vogliamo arrivare in questa nuova terra, come l’abbiamo chiamata, partendo dalla scoperta con il primo giorno: l’inizio, l’arrivo e l’atterraggio su questo pianeta; poi l’incanto del guardarsi intorno e trovare un pianeta nuovo tutto da scoprire; dopo il caos, il godimento del viversi questo stupore e questa estasi ricavata dalla scoperta del nuovo pianeta e infine la quiete, la pace, il sorriso. Questi quattro elementi che abbiamo trovato in realtà sono stati la partenza per poi costruire la line up di quest’anno.
Da quali artisti siete partiti per “costruire” l’edizione di quest’anno?
In realtà non siamo partiti da nessun artista ma siamo partiti prima da questo concetto e poi l’abbiamo costruito chiaramente componendolo con i vari artisti che fanno parte dei quattro giorni.
(Line up, ma non solo line up: ecco un esempio; continua sotto)
È sempre brutto parlare bene di se stessi, lo so, ma ogni tanto tocca farlo: cosa ha di speciale o semplicemente di diverso Woodoo Fest rispetto ad altri festival, secondo voi?
Woodoo Fest ha di speciale che, appunto sull’esempio di altri festival che abbiamo vissuto in giro per l’Europa, vuole dare, oltre al contenuto di musica, anche tantissime altre esperienze al suo interno. Abbiamo da ormai cinque edizioni il campeggio, quindi c’è il bosco tutto intorno al festival che usiamo come campeggio e dentro il quale ci sono un sacco di altri contenuti: laboratori, talk, podcast, yoga, giochi e tantissimo altro. Abbiamo anche una nuova area nel bosco, che sarà accessibile anche a chi ha solo preso il biglietto del festival, in cui ci saranno degli allestimenti speciali, che non voglio spoilerare perché si scopriranno vivendolo all’interno del bosco, e un nuovo palco. Quest’area si chiamerà Mystic Garden e sarà un’area speciale, unica, piena di luci, allestimenti, scoperte di sculture artistiche che saranno appese tra gli alberi e tanta magia. Direi che questo è un po’ l’aspetto principale di Woodoo, oltre a una cura per il pubblico che speriamo ci abbia sempre contraddistinto e che ci hanno riconosciuto in tanti: il costo del biglietto, il costo del beverage, le file, la pulizia sono sempre elementi a cui teniamo molto, oltre anche alla qualità dell’audio. Il festival si sente molto bene, si sente come si deve sentire. Si sente forte e questo, soprattutto per certi generi musicali, è molto importante. Queste due cose credo che ci differenzino rispetto ad altri, oltre alla ricerca artistica. Cerchiamo di portare artisti facendo tanto ascolto e tanta ricerca durante l’anno e provando a curare una line up che abbia un suo senso nell’arco della giornata: un climax che arrivi a esplodere, ma che sia godibile dall’inizio alla fine.
– Voi siete stati tra i primi a creare un “ponte” tra il festival di taglio prettamente live e quello invece quasi esclusivamente elettronico: come e quando è nata questa intenzione?
Il ponte tra live elettronica è sempre stato presente. Come citavo prima, è una cosa abbastanza normale un po’ ovunque che ci siano entrambi gli elementi in un festival. Invece qua siamo abbastanza abituati a etichettare un festival di elettronica, quando in realtà è normale e naturale che ci siano sia una parte che l’altra all’interno di un festival che propone sette o otto artisti ogni giorno. Quindi questa intenzione è nata dall’inizio, poi ci sono state varie edizioni in cui magari la parte elettronica è stata molto poca, poi è ritornata ed è ritornata prepotentemente l’anno scorso. Adesso c’è un 50 e 50 direi, anzi forse ancora 60 o 70% di elettronica, però non è mai mancata né l’una né l’altra parte. Ecco, ci sono stati dei picchi di una e dei picchi dell’altra nel corso delle varie edizioni e questo ci piace molto perché l’esperienza più appagante, secondo me, per il pubblico, per un festival goers, è la varietà e la scoperta di quelli che sono artisti che magari non conosceva e suoni che non conosceva e il godimento di ognuno di essi.
(La promessa di prezzi accessibili e no, niente token; continua sotto)
Da quante persone è composto il team che porta avanti Woodoo? E quante persone complessivamente lavorano al festival, nei giorni in cui si svolge?
Al festival appunto c’è questo nucleo di otto persone che iniziano a lavorare dal giorno dopo la fine dell’edizione, ma che diventano velocemente tra i 15 e 20 con una buona costanza e sono divisi per gruppi: gruppo camping, gruppo lavoratori, la parte di produzione. Il gruppo quindi si allarga abbastanza velocemente e durante il festival siamo sicuramente più di 100 persone che si occupano un po’ di tutti gli aspetti.
Complessivamente, come vedete la situazione in Italia per quanto riguarda il comporto dei festival? Per lunghi anni siamo stati l’ultima ruota del carro in Europa, ma nell’ultimo decennio c’è stata una crescita notevole sia quantitativa che direi anche qualitativa. Ma c’è spazio, per tutta questa crescita?
Vedo che stanno iniziando ad arrivare dei festival dall’estero a provare a fare un’edizione anche in Italia e non solo. Ci sono delle eccellenze: penso al Jazz:re:found o al C2C, per il discorso al chiuso, e tanti altri che dal basso, dal piccolo e dalla cura, come l’Ypsigrock e altre eccellenze, stanno riuscendo a ritagliarsi una bellissima fetta di pubblico italiana e internazionale. Io spero e credo che sarà una tendenza che andrà a crescere, quella di festival che siano meno una copia l’uno dell’altro, ma che siano festival di scoperte, che siano festival senza l’eccessiva voglia di crescita in dimensioni ma di curare la bellezza, l’esperienza e il godimento di chi ne fa parte. Secondo me, su questo tipo di dimensioni medie e medio piccole lo spazio di crescita è davvero ampio, concentrandosi su quelli che sono gli aspetti che secondo me fanno di un festival un evento che può durare nel tempo: la qualità dell’artistico, e su questo siamo d’accordo, ma anche tutta l’esperienza in sé. Siamo troppo abituati a sentire commenti negativi di gente che va a seguire un concerto. Questa cosa fa male a tutto il movimento. Ma se poi invece ci si ritaglia delle esperienze super positive su questi altri tipi di ambiti che sono prettamente diversi e comunque facilmente riconoscibili, ecco che questo può diventare qualcosa che si può sviluppare molto.
Domanda finale, semplice e difficile al tempo stesso: quale potrebbe essere la vera sorpresa del Woodoo di quest’anno, il nome in cartellone magari meno “ovvio” ed illustre di altri ma che potrebbe invece essere un highlight assoluto?
La vera sorpresa di quest’anno, oltre al Mystic Garden, che secondo me sarà un’area che il nostro pubblico amerà tantissimo tra amache, installazioni, area relax, ristorante vegano e questo nuovo palco immersivo, oltre alle esperienze appunto, che non voglio svelare completamente, ma che sono davvero speciali, a mio parere, da viversi. Siamo stati letteralmente stregati da Kabeaushè. Kabeaushè è un artista keniano di casa in Germania, con questo fisico imponente ma elegante e un caschetto biondo, che si presenta sul palco e ci piace definirlo un misto tra Fela Kuti e Michael Jackson. Secondo noi lui sarà un artista che potrebbe davvero lasciare il segno. Tra i nomi un po’ più piccoli è questo il nome che segnalerei.