C’è qualcosa di speciale in Not For Us e se lo dovessimo definire con un termine, questo sarebbe empatia, ossia “capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro”.
Alberto Cotta ci ha già dimostrato, nonostante le produzioni prima di questo album non siano state abbondanti, quali siano le caratteristiche che ne fanno un’artista dal fortissimo impatto emotivo. Sarà un certo tipo di fascino innato che dalle produzioni passa, incrementandosi ulteriormente, ai live, sarà una predisposizione interessante e del tutto istintiva alla ricerca di sonorità inedite e sarà conseguentemente un’affezione alla costruzione del suono, ma Not For Us rimane.
“To Discover and Forget” è l’esito di un lavoro maturato nel tempo, che ha il via con “Knit Me a Coffin” nel novembre 2016, traccia che ben ha aperto la via che avrebbe poi intrapreso il producer milanese. Se la concezione originaria appariva molle, nel senso ovviamente positivo del termine, ora Not For Us dimostra di sapersi ben destreggiare con una non troppo velata sensualità, che è il vero e proprio filo conduttore dell’album, e con un ben pensato gioco di pieno e vuoti, dove il silenzio acquista un’intensità e una dignità non comune e non facile.
La gestazione di quest’album ti ha richiesto molto tempo, sbaglio?
Sì, ci ho messo tanto tempo, un anno,anche se in realtà le tracce contenute non sono il risultato di un anno di lavoro sulle singole tracce, ma sono più il risultato di un anno di lavoro su me stesso: ho scoperto nuovi generi, nuove influenze, mi sono interessato a più cose, quindi ho preferito aspettare per cercare di ottenere un album che mi rispecchiasse se non al 100%, almeno al 99%, con le mie nuove influenze e con la mia nuova visione della musica. Ci sono quindi sia le cose un po’ più datate, che ho iniziato a produrre quando ho firmato per l’album, e ci sono tracce che invece ho composto fino all’altro ieri. Essenzialmente è questo il motivo della lunga gestazione, non tanto indecisione, quanto tanta voglia di fare.
Credi di aver trovato un tuo sound?
Sì, penso proprio di avere forgiato un mio sound ben preciso, anche se magari voi ancora non lo conoscete, perchè è uscito poco prima di quest’album. Sicuramente dopo questo album si potrà parlare di un mio souno: è un punto di forza di quello che ho fatto finora, almeno in questo progetto e in questo album.Penso di aver trovato il mio mood, la mia pasta, i miei suoni; poi non lo so, magari cambierò il focus, mi sposterò più verso l’armonia o altre parti della musica. Ultimamente comunque, per esempio nelle ultime tracce che ho prodotto per l’album, ho scoperto in realtà che il suono che mi piace più di tutti è il silenzio, nel senso che mi piace molto creare delle aspettative che poi non vengono completamente assecondate o rispettate, quindi anziché risolverle col suono, preferisco risolvere col silenzio, con “buchi” in mezzo ai drop. Mi piace molto l’essenzialità del silenzio, in contrapposizione a tutta una ricchezza, che penso sia riscontrabile nelle tracce, di arraggiamento, di colore e di suoni.
Ricordo che una delle tue fonti d’ispirazione è Flume, sei stato ispirato da qualche nome del panorama elettronico?
Non sto ascoltando così tanta elettronica, ultimamente sono focalizzato più sull’indie e sul rock. Se ti dovessi attualmente dire un nome, non lo avrei perchè sto ascoltando davvero tante cose, però non mi rifaccio a nessuno del presente e del passato, magari qualcuno potrà dire meglio di me, io non lo so perchè per me è tutto molto inconscio, se ricordo qualcuno: e ciò è possibilissimo perchè molto probabilmente ho ascoltato qualcuno e ho messo qualcosa della sua musica nei miei pezzi, però non ho un’ispirazione cardine, come poteva essere qualche tempo fa appunto Flume, dal quale ora mi sono disintossicato. Sicuramente ora il prodotto è un prodotto diverso.
Anche io ho notato la presenza di un sound ben preciso e difficile da ricondurre a qualche produttore ben preciso. Dove collocheresti questo LP?
Non saprei davvero sotto che genere collocare questo album, direi elettronica in generale, perchè l’ho fatto a computer [ride]. Però per il resto non saprei davvero: penso ci siano artisti, ovviamente non tutti, che spacchino nel proprio genere e che seguano quell’onda perchè è la cosa che a loro viene più naturale, però questo non è il mio caso: io non mi sento particolarmente forte sulla trap, piuttosto che sull’house, piuttosto che sulla techno, piuttosto che sulla chill out, mi sento di mettere un po’ tutto ciò che mi piace all’interno dei miei pezzi e alla fine magari poi il risultato è un qualcosa di abbastanza imperscrutabile.
C’è una traccia che credi possa riassumere il tuo album?
Una traccia che riassume il mio album è Quicksand, la traccia che chiude il mio disco, perchè ci ho messo tutto il mio anno, tutte le mie paure, le mie frustrazioni e le mie insicurezze, perchè, sai, quando vai a dare una parte di te al pubblico qualche domanda te la fai. E’ stata la traccia in cui non mi sono fatto problemi di alcun tipo, non ho cercato di piacere assolutamente a nessuno e ho semplicemente buttato fuori tutto ciò che provavo in quel momento. Ci ho messo due ore a creare e a chiudere quel pezzo: è molto rappresentativo di quel momento. E’ senza dubbio per me la traccia più forte perchè comunque mi sono messo in gioco rispetto a quella che era la mia idea iniziale di musica, anche perchè ho iniziato a cantare anche sui miei pezzi: quando vedrete un featuring ci sarà qualcun altro che canta, dove sentirete una voce e non leggerete un “featuring”, allora sono io che canto.
Intravedi prospettive radiofoniche?
Per la prospettiva radiofonica del disco, chiedilo a Federico Cirillo (A&R di Universal Music Italia, ndr) [ride]. Penso comunque che alcune tracce siano proprio più semplici, più morbide e più leggere perchè ho scoperto che mi piace anche quello, non mi piace solo fare lo “strano”, mi piace anche fare delle cose che rispecchino il mio momento di leggerezza e di presa bene e male del momento. Ovviamente non penso di aver fatto un disco pieno di hit, e non mi interessa neanche farlo, soprattutto al mio primo approccio con l’idea di musica, non lo ritengo necessario. Penso ci siano comunque una/due tracce che abbiano il potenziale abbastanza forte per essere suonate ma, ecco, non ho prodotto questo album con la prospettiva radiofonica, penso che lo farò prima o poi, però al momento no. Ho scoperto, come ti dicevo prima, che mi piace essere anche più leggero e spensierato, più smooth e in quel caso sì, penso ci sia una possibilità radiofonica, però per ora non ho aspettative, sono abbastanza sereno in questo.
Mi sembra che con To Discover and Forget sia cambiata anche la tua immagine, non più così dark del “primo” Not For Us…
Non voglio costruirmi un’immagine differente, anche perchè Not For Us è sempre Alberto, sono sempre io. Diciamo che se prima mi approcciavo alla musica e alla creatività in un modo che potesse risultare un po’ più dark, cupo e introspettivo, ora, essendo cambiato io come persona in quest’anno, questo sicuramente si riflette di conseguenza oltre che sulla musica, anche sull’immagine. Però non c’è uno studio, non ho assolutamente in testa di costruire qualcosa di diverso: semplicemente essendo cambiato io è cambiata anche la mia immagine; è proprio questo che mi piace di Not For Us, che sono io al 100% e ho la libertà e la possibilità di fare tutto ciò che mi piace e quindi, così come ognuno è in evoluzione, lo è anche il mio progetto: che ne so, magari mi vedrete tutto vestito colorato, simpatico e felice con gli occhiali tra un mese, dipende tutto dal mondo a me circostante.
Hai già pensato a cosa fare dopo quest’album?
Un altro album, un altro album, un altro album e un altro album. Ti dirò un segreto: sto pensando seriamente di buttarmi su altri progetti che esulano dall’elettronica.
[Pics by Mucci via Dopeler Mag]