Guido Minisky ed Hervé Carvalho hanno unito le forze per creare qualcosa di unico: meglio conosciuti come Acid Arab, viaggiando su un tappeto volante da Parigi esplorano esotismi di terre affascinanti e lontane, dal profumo d’ambra e colori dorati. Turchia, Tunisia, Egitto, Nord Africa sono solo alcuni dei mondi musicali visitati dagli Acid Arab, che connettono Oriente e Occidente come fila dello stesso telaio. L’ultimo album “Jdid” (nuovo, tradotto dall’arabo), è un ponte non soltanto geografico, unendo sulla mappa del globo luoghi diversi, ma anche evolutivo, spingendo in avanti il sound del duo fra clubbing e melodie tradizionali, verso una direzione futuristica.
I vostri lavori non sono mai stati apertamente veicolo di un significato ideologico o politico, pur essendo il vostro contributo determinante a creare il giusto spazio nella scena musicale per la cultura medio-orientale e nord africana. Mescolando in suono tradizioni, storie e culture pensate di promuovere un messaggio comunitario e di unione fra i popoli?
In tutto quello che creiamo cerchiamo di tenerci il più neutrali possibile, politicamente parlando. Il nostro pubblico detiene il potere di decidere che tipo di messaggio leggere nelle nostre produzioni, che livello di “politicità” attribuirgli. Preferiamo sia chi ci ascolta a dare il significato che reputa più opportuno ad un nostro lavoro, piuttosto che sceglierne noi uno per gli altri.
Quali sono le radici della vostra ricerca musicale? Per coniugare così tanti elementi provenienti da diverse latitudini viaggiate molto, ricercate pezzi rari nei mercati, studiate la storia musicale di varie regioni? E, soprattutto, eravate già fan del genere prima di fondare il progetto Acid Arab?
Trascorriamo un sacco di tempo spulciando nei mercati, cercando vinili rari, ascoltando moltissima musica sia online, che comprando dischi e facciamo tanta ricerca sugli artisti che ci piacciono di più. Il nostro patrimonio di conoscenze cresce ogni giorno, a poco a poco. Siamo sempre stati appassionati della musica in generale, più che di un genere specifico, ma è vero che quando ci è venuta in mente l’idea di fondare il progetto Acid Arab ci siamo legati di più a questo tipo di sonorità.
Come scegliete ed entrate in contatto con gli artisti che collaborano alle vostre produzioni? Il concept di ogni traccia viene elaborato insieme o voi create una base, le fondamenta, su cui artisti di musica tradizionale di ogni Paese aggiungono le proprie tipicità?
Il nostro tastierista Kenzi conosceva tutti e tre i cantanti algerini che hanno partecipato al disco ed è entrato in contatto con loro per realizzare dei pezzi insieme. Cem Yildiz, Rizan Said e Sofiane Saidi sono stati, invece, già ospiti del nostro primo album. Ammar 808 e Les Filles De Illighadad sono interpreti che adoriamo, leggende in carne e ossa. Dietro ogni traccia si nasconde una storia diversa: in alcuni casi sono gli artisti che vengono a trovarci nel nostro studio a Parigi, in altri ci scambiamo idee e musica via mail. La ricerca del sound perfetto, la creazione di basi per i nostri ospiti ci porta ad avvicinarci e a scoprire di più del loro universo.
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Il disco è ricco di bangers da club, snodandosi fra techno, melodie berbere ed il classico sound acid che è il vostro marchio di fabbrica. Pensate che sia un’era di crescita e ascesa per il genere che proponete e che stia godendo di sempre maggiore attenzione nel mondo (guardando, ad esempio, al progetto Disco Halal), o incontrate ancora ostacoli da abbattere?
Incrociamo le dita perché tutto vada sempre meglio e il sound che proponiamo sia conosciuto ogni giorno di più in tutto il mondo. Negli ultimi dieci anni la tendenza che abbiamo osservato è stata quella di riscoprire elementi del passato e dargli nuova vita. Difficilmente i più giovani si interessano ad un solo sound in particolare, preferiscono piuttosto ascoltare un po’ di tutto per avere un bagaglio più ampio. Questo per noi è un vantaggio, considerando che la nostra musica è un mix di elementi e culture: viviamo nell’era perfetta per attrarre un pubblico curioso di scoprire.
Avete creato una nuova omonima label, la Acid Arab Records. Cosa ci aspetteremo dagli Acid Arab dall’altro lato della cattedra?
Siamo colpevoli, non abbiamo ancora molto da annunciare della Acid Arab Records! Possiamo, però, dire che abbiamo trascorso moltissimo tempo in studio lavorando alla produzione dell’EP omonimo della band palestinese Zenobia e a quello del magico Rozzma, un artista egiziano incredibile. “Zenobia” uscirà molto presto, e non vediamo l’ora di lavorare di nuovo con qualcuno che ci entusiasmi così tanto!