Pablo Bolivar, un nome che può suscitare una discrezione addirittura eccessiva così, per evitare di considerare quest’artista con troppa leggerezza, dirò che il produttore e dj spagnolo (classe ’81) ha alle spalle una folta schiera di interessanti produzioni. E’ il boss di un’etichetta discografica, ma soprattutto, insieme con Sergio Sainz, dà vita allo spaziale progetto Pulshar nato nel 2007, che ha visto l’apice del successo, e della visibilità, con l’album “Inside”, su Desolat, uscito nel 2010. Ed è proprio lì che è ritornato, stavolta da solista, il buon Bolivar.
Dopo parecchi anni di produzione, su etichette – per così dire – non troppo in vista, passati in sordina, lo spagnolo ha fatto centro trovando in Desolat il bersaglio da cento punti. Loco Dice e soci adorano così tanto lo stile del ragazzo spagnolo – aggiungerei io: come si fa a biasimarli? – che gli è stato “concessa” una release composta da quattro tracce originali, senza alcun remix. Il titolo dell’EP sembra a dir poco presuntuoso: “Three Ways To Move”; e Bolivar ci dà il sottofondo musicale, dando per scontato che le tracce saranno apprezzate e, facciano ballare. Probabilmente Pablo conosce il fatto suo, perché è realmente così, e le tracce di questo disco sono lì che aspettano soltanto di essere “consumate” per smentire i miscredenti.
“Ascoltare per credere”, direbbe un San Tommaso – traslato nel campo musicale – dei giorni nostri. Fatto sta che, la fusione fra techouse e suoni dub, che incantano per bellezza propria, e che lasciano di stucco l’ascoltatore quando amalgamati agli altri elementi, sortisce efficacemente i suoi effetti sull’ascoltatore. Si comincia con “Frequency”, dove il corposo synth portante viaggia in parallelo col basso (due note lunghe, semplici e efficaci) e la sezione ritmica, composta da un kick irregolare e tom alti, dà l’effetto palleggiato che tanto stimola il movimento, e a cui è davvero difficile resistere. Più in là c’è “Take Off” col suo lead modulato dalle note estese, e i keys di piano che si distinguono per brillantezza e vivacità, dalle sonorità opache caratteristiche del genere dub.
Gli stessi suoni brillanti li ritroviamo in “You Too”, stavolta strutturati in modo da comporre micro-melodie dalle molteplici tonalità, in base alle varie linee di synth che si intersecano, ciliegina sulla torta sono gli inserti di cut di vocal femminili alla Maya Jane Coles, e in effetti la traccia sembra rifarsi un po’ alle sonorità dell’eclettica artista. Ultima traccia, a chiudere l’EP, è “Addicted” la cui ritmica veloce, su cui si poggiano uno string in crescendo, e le scale melodiche di synth, esaltano il lato più deep di questa technodub dall’alto contenuto qualitativo, che ripaga pienamente le aspettative di chi sta dall’altro lato ad ascoltare.
Dopo alcune uscite dalla scarsa consistenza, per non dire abbastanza deludenti, Desolat ritorna ad un livello più consono per il nome che si è fatta. Ed è, anche, grazie a quest’uscita di Bolivar che mi risulta facile dire: questo è un EP da non lasciarsi scappare.