C’è qualcosa di grezzo ed elegante al tempo stesso nella musica di Kevin Mcauley, artista britannico che tutti conoscono sotto l’alias di Pangaea. Musica inquieta e rotolante, fatta di ritmiche indigeste (per la verità a tratti indigeribili) e bassi sudati, con un passo tanto sincopato e oscillante quanto capace di trascinarsi e trascinare. Roba colta, anzi coltissima, per alcuni; fastidiosa al limite del nauseante per altri. Ma sta proprio qui la misura del talento del buon Kevin, ipotetica ala sinistra alla Harry Kewell del tridente tutto colpi di tacco e giocate spettacolari costituito dai quei tre monelli dell’univeristà di Leeds che da qualche tempo furoreggiano per i club continentali con risultati paragonabili a quelli dello United di David O’Leary – poche vittorie a fine stagione, ma tanto (tanto!) spettacolo.
Ed è in questo contesto che si colloca Hadal, neonata piattaforma pensata e concepita per ospitare i lavori a firma Pangaea, che lancia il suo primo EP (“Hadal 1”) proprio con la stagione estiva sul punto di sbocciare, proprio quando i detrattori della Premiata Ditta Hessle Audio (la metà con la nausea) brama party in stile Ushuaia. Se è così chi se ne frega, Kevin se ne farà certamente una ragione. All’altra metà date dischi come “Mission Creep” anche a Ferragosto, vedrete che sapranno trovargli una giusta collocazione. In fondo nella “Hadal zone”, lì al di sotto degli abissi, non c’è sole o calura che tenga e le mura fumose dei veri club non conoscono il succedersi delle stagioni.