Potremmo partire da uno dei fotogrammi più drammatici di questi giorni: il brutale attacco dei terroristi di Hamas su un festival psy trance che si stava svolgendo in Israele, vicino alla Striscia di Gaza (ma in una zona considerata abitualmente “sicura”). Il collasso fra civiltà diverse, in drammi sociali e politici e potere liberatorio della musica che si incontrano e scontrano fra loro, così come la complessità del mondo e l’asperità di essa, sono rappresentati plasticamente in questo evento drammatico – uno dei più drammatici di questi ultimi decenni, a livello iconico, a livello tragicamente di vite umane.
Noi, abbiamo la fortuna di non essere in zone di guerra. Noi, abbiamo la fortuna di poterci dedicare a parlare ed a discutere di cose belle, bellissime: futili, importanti, intime, esistenziali, vitali. Noi abbiamo la fortuna di poterci immergere nell’arte e nella creatività, senza che nessuno ci obblighi a scegliere cosa ascoltare, come comportarci, cosa apprezzare.
…noi, soprattutto, abbiamo la fortuna di poter creare dei ponti. Non abbiamo territori da difendere a rischio della vita; non siamo sottoposti ad assedi; non siamo murati entro confini insensati. Possiamo quindi seguire davvero le nostre emozioni, i nostri desideri, la nostra curiosità. Certe volte lo diamo per scontato, tutto questo. Certe volte, quando ci accontentiamo di ascoltare solo le “solite” cose, i nomi-del-momento, quello che conosciamo già e ci rassicura ma nutre anche la nostra pigrizia, non ci rendiamo minimamente conto delle potenzialità che stiamo disperdendo. Attenzione: stare bene, divertirsi, non è una colpa, e farlo nella maniera più schietta, facile e disimpegnata nemmeno (anzi, spesso è liberatorio, curativo). Ma le volte in cui rinunciamo ad inseguire la sperimentazione, in cui ci ritiriamo sdegnati di fonte alla complessità di ritmo e di suono, in cui arretriamo di fronte alla diversità espressiva, in cui snobbiamo ciò che ci è nuovo o sconosciuto possiamo farlo, ci mancherebbe; però stiamo veramente sprecando del potenziale per capire, “vivere” meglio il mondo. Un mondo che non è fatto solo di certezze, di rassicuranti certezze.
Occhio. Sì l’elogio dell’avventura sonora e della sperimentazione, ma guardiamo con molto sospetto chi fa il malmostoso “guardiano del faro”, chi cioè disprezza tutto ciò che non è del proprio orticello colto&sperimentale. Abbiamo la fortuna di stare in una civiltà dove c’è spazio per tutti e per tutto; e il disimpegno, appunto, fa parte di questo “tutto” e sa essere nobile e necessario, o in ogni caso accettabile, non una vergogna. Ma addentrarsi in musiche meno note, in soluzioni meno codificate, in ambientazioni meno pop e marketizzate, in sentieri che rischiano anche di essere faticosi e scoscesi, è una “ginnastica” del nostro essere liberi, del nostro poter assaporare i crocevia della creatività e della socialità. È insomma una possibilità in più. Una bellissima possibilità in più. Non un obbligo, ma una opportunità.
Ecco. Fortunati i romani che potranno godersi nei prossimi mesi Pangea, la rassegna ideata da quel meraviglioso fulcro di resistenza culturale che è Klang, più vivo che mai nonostante le traversie, nonostante le difficoltà. In una città dove è davvero molto difficile fare le cose, soprattutto se non in posti istituzionalizzati o dozzinali, si è avuta la forza – trovando la sponda in un contesto come l’Hacienda – di creare una rassegna assolutamente strepitosa. Che sia musica/sperimentazione di qualità è automatico, essendoci Klang di mezzo; ma l’idea di costruire tutto come un “viaggio attorno al mondo”, creando weekend di volta in volta dedicati ad una area geografica/sonora diversa, è meravigliosa. E in tempi come questi, è doppiamente importante.
America, India, Iran, Turchia, Svezia, Giappone, Grecia, più due appuntamenti speciali a nome Politeia: per una volta non vogliamo nemmeno entrare nello specifico degli artisti (ma se masticate certe rotte sonore, avete ben presente quanto la qualità sia alta; se invece abitualmente non lo fate, beh, fidatevi), vogliamo invece chiedervi di abbandonarvi con fiducia ad un’idea, di seguire un’utopia, di abbracciare un viaggio intellettuale che può portarvi lontano per il coraggio dei suoni, ma vi può anche dare l’idea come il mondo sia al tempo stesso vastissimo e molto, molto, molto connesso. Pangea è una delle più belle idee e declinazioni di rassegna musicale degli ultimi anni. Merita davvero ogni supporto: chi può, ci vada. Chi è in zona, chi passa per Roma in uno dei giorni in cartellone da qui a febbraio 2024, lo faccia. Si farà un regalo. E verrà fuori come una persona migliore.
Momenti drammatici infuriano in questi giorni. Finché abbiamo la fortuna di poterlo fare, e di poter scegliere, dobbiamo immettere nel nostro organismo gli anticorpi di scelte coraggiose, di scelte libere, di scelte creative, di scelte che ci spiazzano ma ci aiutano a capire che esiste la complessità: nella musica, come nell’umanità. Ora, più che mai, abbiamo bisogno di atlanti sonori sfidanti e non scontati. Davvero. Eccone qua sotto un assaggio. Ma ricordate: la musica dal vivo, assieme ad altre persone, è sempre un’esperienza diversa e molto migliore.