Se oggi il mio cuginetto di dieci anni conosce, ovviamente per sentito dire, il Panorama Bar o il Berghain è perché da queste parti è scattata da diverso tempo la gara a “chi si riempie di più la bocca” di Berlino e dei suoi trend. E’ tipico di noi italiani: prendiamo una cosa che funziona, la spremiamo fino all’ultima goccia e la gettiamo via con la stessa velocità con cui, magicamente, ce ne siamo innamorati (talvolta solo grazie al passaparola). Grazie a Dio, però, ci sono cose belle per davvero e non solo perché abbiamo deciso che sia così, grazie a Dio ci sono cose che valgono perché hanno un’identià forte che va al di là di uno shooting fotografico ben riuscito o di un video promozionale coi controcoglioni. Tra queste cose, come detto, c’è quel palazzone grigio coi finestroni lunghi e sottili per cui migliaia di giovani fanno la fila ogni weekend e per cui qualsiasi dj che abbia un briciolo di ambizione professionale “sana e pura” ucciderebbe pur di ritagliarsi uno spazietto nella sua lineup.
Ve l’ho detto, anche mio cugino conosce il Panorama Bar, anche lui sa che lì dentro ci suonano Cassy e, spesso e volentieri, Ricardo Villalobos, anche lui sa che gli artisti più autorevoli (e richiesti) del Berghain rispondono ai nomi di Ben Klock e Marcel Dettmann. Ma c’è una cosa che lui non sa: se tutto questo ha una voce, se tutto questo ha assunto un respiro internazionale, il merito è in buona parte di Ostgut Ton, label che dal 2005 rappresenta le corde vocali della centrale elettrica in disuso più visitata del mondo e che è pronta a rilasciare la terza compilation della serie “Panorama Bar” firmata dal suo timoniere, Nick Höppner.
Come si fa a raccontare una vita passata a stretto contatto con la musica in soli settantacinque minuti? Nick l’ha fatto, ha costruito un viaggio modulato attraverso i dischi che maggiormente hanno segnato il suo percorso artistico, un viaggio nel segno della musica house a tutto tondo all’interno del quale possiamo riconoscervi tutte le sue sfumature. La partenza è decisamente deep grazie a “T-Station”, inedito di Jon McMillion, e a “Lament For A Dead Computer Part 1” di Furry Phreaks, per gli amici Charles Webster. Siamo partiti da appena cinque minuti e la tensione già cresce grazie alla bellissima “Way Out” del nostrano Fabrizio Mammarella e “Liquid Sky” di Matthew Styles, altra unreleased che impreziosisce il mix.
La salita, a questo punto, è iniziata col piglio giusto ed è già il momento di inserire le marce da scalata. Chateau Flight (con la voce di Osunlade), Dj Gregory, The Mole, Quince e Manoo: siamo giunti a metà senza nemmeno accorgercene, ipnotizzati neanche ci trovassimo veramente affacciati da una delle finestre del Panorama Bar di fronte al sorgere del sole. A questo punto è il turno di di “Fixation”, una produzione Morgan Geist dal sapore minimal, che apre la strada a Carsten Jost, agli Whirpool Production (“One, Two” è dell’ormai lontano 1996) e ai synth funkettoni di “Can You Rock To This?”.
Ci siamo, è il momento della discesa e delle marce più dure. Dez Williams e Dexter (“X7D” è il terzo ed ultimo inedito della compilation) lanciano la volata, mentre Americhord con le sue atmosfere dolci (poggiate, però, su di una bassline incazzatissima) rappresenta il preambolo perfetto per “Detroit 808” di Scott Grooves. Semplicemente meravigliosa.
Siamo ai titoli di coda rappresentati, per l’occasione, dall’house music ritmata di “Untitled” di Dj Emanuel e dalla dolce “New For U” di Andrés. Se non siete abbastanza sudati il mio cuginetto vi consiglia “Berghain 04” di Ben Klock, buon ascolto!