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[tab title=”Italiano”]Paula Temple suonerà per la seconda volta in Polonia, al festival “Tauron Nowa Muzyka“, a Katovice, e allora fantastichiamo sul fatto che possa ancora manifestarsi quell’energia di cui ci racconta, il manifestarsi di quella potente energia attraverso il ritmo della sua techno, portando l’eccitazione oltre il limite mentre ti perdi nel feeling con la sua comunicazione sonora. Paula Temple proietta la sua storia artistica avanti ai nostri occhi, ci mostra il modo in cui impiega tutta se stessa nella sua esibizione, la musica che ci ha fatto ascoltare e quella che da sempre riecheggia nella sua mente e nella sua drammatica immaginazione. Libertà, ribellione e la certezza della fortuna per il dono della produzione elettronica.
Come sei arrivata a certe consolle? Quali sono stati gli highlights del tuo trascorso artistico?
Detto in maniera semplice, mantenendomi focalizzata nell’essere creativa con la mia musica e le mie performances, raggiungendo l’audience e collaborando con artisti che ammiro, faccio del mio meglio per sfuggire all'”industria” il più possibile e non mi paragono a nessuno! Gli hightlights sono stati il supporto ricevuto con “Speck Of The Future” e “Colonized”; sono anche onorata di aver remixato Perera Elsewhere, Knox, Planningtorock e The Knife.
Qual è secondo te la definizione moderna della musica etichettata come “techno”, non credi che sia un concetto differente dal passato, che spesso si abusi di questo termine, e che comunque sia conseguenza di banale generalizzazione?
Per me è sempre stato difficile definire “techno”. Questo è ciò che la fà così interessante ed il perché ha un’aperta relazione con molti generi. La techno può essere definita come una potente energia espressa attraverso intense ritmiche e stati mentali. Ci sono molte cose associate alla musica techno che sono abusate o abusive, ma non il termine techno di per sè.
Dove collochi geograficamente e temporalmente il tuo sound?
Il mio vecchio sound potrebbe essere situato nel primo periodo di Planetary Assault Systems, Jeff Mills o Joey Beltram. Onestamente non lo sò per il mio nuovo materiale perché è molto più ribellione e libertà che qualcosa legato ad un periodo preciso.
Come mai hai scelto un set-up ibrido per le tue performances, com’è strutturato esattamente?
Il set-up ibrido è djing e performance live uniti insieme. C’è molta buona techno di altri artisti, così mi piace remixare e rielaborare i loro sounds con la mia musica mentre suono. Ho fatto dj set con i vinili per oltre vent’anni, ma volevo fare un passo in avanti con la tecnologia, scegliendo qualcosa che mi desse più creatività quando suono. Quindi al momento suono con un giradischi, Ableton Live, Push e Xone K2. Volevo confondere la differenza tra dj set e live. Il set-up ibrido è un extra solo per show selezionati, con i visuals di un incredibile visual artist chiamato Jem Misfit.
Qual è stata la situazione in cui hai suonato che nel migliore dei modi ti ha permesso di esprimerti e di avere un determinato feeling col pubblico?
L’R&S/Apollo party a Bruxelles ad aprile di quest’anno, è stato come far parte di una famiglia e la folla è stata del tutto selvaggia e con me ad ogni singolo beat.
In che modo credi il rapporto tra te e l’ascoltatore possa essere di tipo di verso da quello di determinati altri generi musicali?
Non ho idea se è differente, ma sò di aver trovato un modo per spingere l’eccitazione e l’energia al limite ed oltre, perché adoro quel feeling, quel lasciarsi andare, e sembra che la gente davvero voglia parteciparvi e perdersi in quell’energia con me.
Come si è sviluppato il tuo capolavoro per R&S “Colonized” e com’è nata la tua collaborazione con la label?
L’ho fatto a casa, per la metà del tempo con il mio laptop nel letto! Avevo l’idea molto chiara di un ritmo che iniziasse con lo snare ed ho immaginato come le persone l’avrebbero potuto ballare all’ultimo rave sulla terra! La mia immaginazione può essere molto drammatica e sempre alimentata da cosa sta succedendo nel mondo. Ho fatto “Colonized” e diverse altre tracce nel dicembre 2012. A gennaio ho mandato le tracce solo alla R&S, perché non avrei potuto immaginare altra label sarebbe potuta essere coraggiosa abbastanza da capire quella roba. Per fortuna l’hanno fatto, ed hanno firmato la musica nel gennaio 2013.
Cos’è per te il tuo materiale musicale, durante il periodo in cui ci stai lavorando o dopo aver chiuso le tracce, a lavoro finito?
Libertà. Non chiedo a me stessa perché sto facendo musica, mi sento solo fortunata nel poterlo fare. Durante il processo mi chiedo “dove sta andando?” o “come posso portarlo ad un altro livello?”
C’è una scena musicale o un’epoca che rispecchia il tuo stile di vita ed il tuo modo di pensare?
Credo che la musica che ascoltavo più o meno all’età di 12-14 anni sia ancora profondamente nel mio modo di pensare. Ascoltavo industrial, grunge, goth, techno e rave tutto allo stesso tempo. Molto noisey, catartica, punk ed energia esplosiva… soprattutto band come Babes in Toyland, Xmal Deutschland, Siouxsie and the Banshees, Sonic Youth, Green River, L7, Afghan Whigs, 808 State, Aphex Twin, LFO, Curve, PJ Harvey’s Dry, Nine Inch Nails’ Pretty Hate Machine. Dai uno sguardo a “Don’t Fuck” degli Silverfish per capire cosa voglio dire. Tutta questa musica suona ancora nella mia testa.
Da quale eventuale altra forma artistica trai maggiormente ispirazione?
Mi piacciono certamente gli scrittori, come Maya Angelou o Kathy Acker. Entrambe molto potenti e ribelli nel loro stile.
Ad agosto sarai al “Tauron Muzika Nowa” a Katovice. Hai mai suonato in Polonia? Credi possa essere possibile poter parlare oggi di globalizzazione della musica elettronica?
Ho già suonato una volta in Polonia, al Water Festival nel 2006. E’ stato brillante. Quella è stata la mia gig finale prima di tornare alla musica 7 anni dopo. Se globale vuol dire persone che possono ascoltare la musica elettronica da qualsiasi posto nel mondo, be’ si se tu puoi avere accesso ad una connessione internet. Non sono stata in giro per il mondo abbastanza da sapere se è davvero globale per i musicisti, ma mi rendo conto che il costo di fare musica elettronica è ancora non accessibile per molte persone, cosa che rispecchia la slealtà dell’importanza del denaro.
(Pic by Tania Gualeni)[/tab]
[tab title=”English”]Paula Temple is playing for the second time in Poland, at “Tauron Nowa Muzyka“, in Katovice. So we hope that once again the energy she tells us can happen. That powerfull energy shown throught the rhythm of her techno, which takes your excitement over the edge, while you get lost into her sound. Paula Temple talks about her artistic career, how she put herself completely in her performances, the music she made us listen and the one still blows in her dramatic imagination. Freedom, rebellion and the overconfidence of her gift for electronic production.
What was your approach to the music industry? What were the highlights of your artistic history?
I keep it simple – just keep myself focused on being creative with my music and my performances, reach audiences and collaborate with artists I admire. I do my best to avoid the ‘industry’ as much as possible and I don’t compare myself to anybody! Highlights have been the support I got for ‘Speck of The Future’ and ‘Colonized’ and honoured to have remixed Perera Elsewhere, Knox, Planningtorock and The Knife.
In your opinion, what is the modern definition of the so-called “techno music”? Do you think it is a different concept from the past, or a term often abused and used too generally?
For me it has always been difficult to define ‘techno’. That is what makes techno so interesting and why it has an open relationship with many genres. Techno can be defined as a powerful energy expressed through intense rhythms and moods. There are many things associated with techno that are abused or abusive, but not the term techno itself.
Where do you situate geographically in your sound? In which period?
My older sounds would probably be situated in the early period of Planetary Assault Systems or Jeff Mills or Joey Beltram. I honestly don’t know with my new material, because it’s more about defiance and freedom than relating to a period.
Why have you chosen a hybrid set-up? How is it exactly structured?
The hybrid set-up is djing and live performance merged together. There’s so much good techno from other artists, so I like to remix and rework their sounds with my music to make the performance. I’ve been djing with vinyl for over 20 years, but I wanted to move forward with the technology I have to give me more creative choice when I perform. So currently I perform with a turntable, Ableton Live, Push and Xone K2. I wanted to blur the boundaries of what is djing and what is live. The hybrid setup has extended even further for select shows only, with visuals by an amazing visual artist called Jem The Misfit.
Is there a particular situation where you have played that has given you the possibility of expression in the best way and where you have connected with people?
Playing the R&S/Apollo party in Brussels in April this year, felt like a family thing and the crowd was totally wild and with you at every single beat.
In which way do you think the relationship between you and the audience is different from other kinds of music?
I have no idea if it is different, but I know I have found a way that I can really push the excitement and energy to the edge and beyond, because I love that feeling to let go of everything, and it seems people really want to join in and lose themselves in that energy with me.
How was your masterpiece “Colonized” for R&S developed and how did your collaboration with the label come about?
I made it at home, half the time on my laptop in bed! I had a very clear idea of a rhythm starting with the snare and I imagined how people would dance at the last rave on earth! My imagination can be very dramatic and always fuelled by what is going on in the world. I made “Colonized” and a few other tracks in December 2012. In January I sent the tracks only to R&S, because I couldn’t imagine any other label being brave enough to understand this music. Luckily they did, and they signed the music in January 2013.
What does your music material really mean to you? What do you think about it during the development of your works or after you finish it?
Freedom. I don’t ask myself why I’m making music, I just feel lucky that I can. I ask myself during the process ‘where is this going?’ or ‘how can I take it to another level?’
Is there a music scene or a period that reflect your life-style and your way of thinking?
I think the music I was listening to around the age of 12-14 is still deep in my way of thinking. I was listening to industrial, grunge, goth, techno and rave all around the same time. Very noisey, cathartic, punk and explosive energy… mostly bands like Babes in Toyland, Xmal Deutschland, Siouxsie and the Banshees, Sonic Youth, Green River, L7, Afghan Whigs, 808 State, Aphex Twin, LFO, Curve, PJ Harvey’s Dry, Nine Inch Nails’ Pretty Hate Machine. Check out Silverfish ‘Don’t Fuck’ to know what I mean. All this music still blows my mind.
From which other artistic form do you get the inspiration?
I like certain writers, like Maya Angelou or Kathy Acker. Both very powerful and defiant in their own style.
In August you will be at Katowice for “Tauron Now Muzyka“. Have you ever played in Poland? Do you think electronic music today is truly global?
I played once before in Poland, at the Water Festival in 2006. It was brilliant. That was my final gig before I returned to music 7 years later. If global means people being able to hear electronic music from anywhere in the world, then yes if you can access an Internet connection. I haven’t been around the world enough to know if its truly global for musicians, but I’m aware that the cost of technology to make electronic music is still not affordable for many people, which is a reflection of unfair economic dominance.
(Pic by Tania Gualeni)[/tab]
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