Eccolo, è il weekend di Lattexplus Festival: questo fine settimana Firenze ospita davvero un’adunata di grande gusto in console e dal bel contesto attorno – del resto la line up la potete giudicare voi stessi dall’immagine qua sopra e, insomma, davvero non c’è nulla da dire, solo da fare i complimenti. I complimenti però arrivano grazie al lavoro, all’esperienza, alla visione delle cose e sulle cose, alla costanza nell’andare avanti. Abbiamo allora voluto andare un po’ più a fondo, come warm up, chiedendo a Giacomo Gentiletti – uno dei principali protagonisti della crew che crea il festival – di raccontarci meglio contesto, obiettivi, punti di partenza, traguardi futuri.
L’Italia, oggi, quanto ha bisogno di festival di musica elettronica?
L’Italia oggi ha bisogno di tantissime cose e tra queste ci sono sicuramente i festival, gli eventi di musica elettronica e un governo (risate, NdI)! …in particolare modo, tornando seri, le emozioni e i sentimenti che si provano durante un festival aiutano a sviluppare il senso di condivisione e soprattuto di empatia tra le persone che vi partecipano: arricchiscono e colorano la città di un’atmosfera e un clima particolare, creano una connessione tra le comunità virtuali – che permeano sempre di più la nostra vita sociale quotidiana – e la vita reale che si determina nella condivisione dello stesso spazio fisico in un preciso momento. I festival agevolano le sane relazioni, e penso proprio che la società odierna ne abbia tanto bisogno in questo momento!
…e Firenze? Quanto ne ha bisogno invece lei? Come si sta evolvendo la scena cittadina in questi ultimi anni?
Firenze ha bisogno di festival quanto i suoi cittadini hanno bisogno di svincolarsi da un’idea di città prettamente legata alle arti classiche, al Rinascimento e al turismo. Se dal punto di vista dell’amministrazione attuale c’è un’evoluzione e la volontà nel procedere in questa direzione, il contrario invece si percepisce ancora fortemente in un ampio spettro di cittadini legati ancora al vecchio concetto di città di Firenze, cittadini che si spaventano e si sentono derubati ogni volta che la città ospita qualcosa di diverso. Basti pensare a cosa è successo con la mostra Ai Weiwei a Palazzo Strozzi nel 2016…
Quanto è grande la differenza tra portare avanti un appuntamento fisso settimanale (o mensile) ed invece un festival? Quali sono le cose più importanti da comprendere velocemente?
Sono due forme d’intrattenimento diverse e quindi due esperienze diverse per chi ne fruisce. Entrambe prevedono sicuramente un grande impegno da parte degli organizzatori; se nell’appuntamento settimanale conta di più la costanza, nel festival conta di più l’attenzione e la cura al minimo dettaglio. Nella mia esperienza da promoter mi sono cimentato in entrambe le forme di intrattenimento e quello che mi sento dire, in conclusione, è che un appuntamento settimanale si può organizzare anche senza avere una conoscenza a 360° su tutto quello che ruota attorno a questo mondo mentre un festival, al contrario, è impossibile organizzarlo senza avere una conoscenza capillare su ogni singolo aspetto.
Cosa avete imparato dalle esperienze passate, per quanto riguarda Lattexplus Festival? Quali i punti forti da portare avanti, quali gli errori da non ripetere?
Ti rispondo raccontandoti uno “sketch“, come si dice qui a Firenze. Anni fa io e il mio socio Biniam (Mahdere, NdI) eravamo a cena con gli organizzatori di uno dei festival più cool del momento i quali, conoscendo la nostra attività di eventi, ci chiesero cosa aspettassimo ad organizzare un festival. A dire il vero io e Biniam ci pensavamo già da un annetto, ma avevamo ancora le idee molto confuse: approfittammo allora dell’occasione per confrontarci proprio con loro, che evidentemente ne sapevano. Ci risposero subito così: tutto parte dalla location! Inizialmente (ed erroneamente…) pensavamo che la proposta artistica fosse l’unica cosa importante… Giunti alla terza edizione, penso che la location e soprattutto la personalizzazione della stessa secondo lo stile che hai mente sono l’aspetto più importante e l’aspetto che più incide sull’emotività dell’utente nell’arrivare a definire l’esperienza-festival “unica”. Chiaramente un ruolo altrettanto importante, alla pari cioè, lo svolgono anche gli artisti e la musica, senza il quale chiaramente il festival non ha modo di esistere. Secondo me importante è dare un linea di base, linea che ogni anno può cambiare, ma che rispecchia il più possibile quello che noi facciamo durante l’anno come eventi Lattexplus: c’è quindi comunque una importante questione di identità.
Come avete ragionato nel costruire la line up di quest’anno? Quali i nomi da cui siete partiti?
Abbiamo pensato a un continuum che toccasse passato presente e futuro, che rispettasse la storia, accettasse il cambiamento e prendesse in considerazione l’innovazione, tenendo conto delle forze del presente e proiettandosi verso il futuro. Il senso di questo discorso un pò metafisico è nei nomi degli artisti presenti quest’anno al festival – e anche in quelli delle edizioni passate – e nel loro contributo alla scena elettronica attuale. Chiaramente tutto questo pensiero deve essere contestualizzato qui a Firenze, dove c’è ancora un forte legame a nomi dell’elettronica più tradizionali accanto a chi invece ha voglia di scoprire sempre nuovi stili e sonorità diverse. Un discorso parallelo a quello che ho fatto prima sulla scena cittadina. Puntiamo insomma molto sulle nuove generazioni proprio perché percepiscono diversamente la contemporaneità.
Firenze è una città a forte vocazione turistica: quanto puntate ad avere un pubblico internazionale? E se per voi farlo è importante, quali strategie avete pensato di adottare?
Firenze è invasa costantemente da turisti e d’altronde non potrebbe essere il contrario, vista la sua bellezza. Attrarre un pubblico internazionale è sicuramente uno dei nostri obiettivi, e penso proprio che lo si possa raggiungere con la tecnologia: a prescindere dallo strumento o dal mezzo di comunicazione, il pubblico internazionale è più abituato a usufruire della tecnologia per indirizzarsi nella scelta del proprio consumo culturale. Sempre attraverso la tecnologia, è più abituato rispetto ad un italiano ad impostare tutto ciò che concerne la fruizione e l’organizzazione personale, a partire dal logistico, passando poi anche al seguire le forme promozionali specifiche ed originali adottate dal festival, per essere sempre in constante aggiornamento.
Tolto ovviamente quello a cui state dando vita, qual è il vostro “festival del cuore”? E perché?
Il festival del futuro: quello che deve ancora avvenire.