Il Sound Department è un’istituzione. Ma un’istituzione di quelle buone: quelle coraggiose, che lottano cioè in prima linea, che non stanno col culo al caldo in poltrona a lucrare rendite di posizione ma che si sono inventate, in una terra complicata come il tarantino completamente fuori da ogni rotta consolidata del clubbing non-estivo, un club di levatura europea e con uno spirito molto, molto particolare, anche estremo. Il clubbing che più ci piace e più ammiriamo: creare dal nulla una comunità che si stringe, culturalmente ed emotivamente, attorno agli alfabeti libertari e liberatori di house e techno.
Bene. Tutto questo qualche settimana fa ha avuto un brusco stop, per fortuna solo parziale: le porte del Sound Department sono state chiuse per ordini superiori. La musica non si è fermata, è stata trovata una soluzione, ma la buona notizia è che a partire da sabato prossimo, 18 gennaio, si torna “a casa”. Ne abbiamo approfittato per fare una chiacchierata con uno dei deus ex machina del club, Marco Manzulli. Quello che è venuto fuori è interessantissimo, e davvero raro: sincerità totale, ammissione delle colpe, analisi affilate, giudizi che non fanno sconti a nessuno. Un’intervista davvero tutta da leggere, che siate addetti ai lavori o meno. E in attesa dei prossimi appuntamenti (ci saranno artisti come Speedy J, Laurent Garnier, Moodymann, Theo Parrish ma soprattutto, spiega Marco, “…nomi nuovi di una qualità eccezionale, fidatevi”), chi può non manchi la serata di sabato prossimo. E soprattutto dia la giusta considerazione a un sacco di concetti che leggerà qui sotto.
Senza girarci tanto attorno: vista da fuori, la chiusura è arrivata in modo abbastanza improvviso. Cosa è successo? In quale modo avete gestito la situazione, “salvando” le serate già fissate e tornando in poco tempo a “casa vostra”, il prossimo 18 gennaio?
È accaduto che hanno arrestato tre ragazzi in possesso di un ingente quantitativo di stupefacenti, suddiviso in tante dosi; ed è accaduto prima dell’orario di apertura, perché a queste persone di mia conoscenza – uno di questi è anche un mio collaboratore – io ho permesso che non attendessero l’orario di apertura e che alle 23,30 loro fossero già all’interno del club. È stata una mia superficialità e poca professionalità permettere questa cosa, o meglio, non immaginare che queste persone fossero in possesso di sostanze stupefacenti. Ed è stato giusto aver pagato con questa sospensione. Ho spostato tutte le serate in un altro club a cinquanta chilometri dalla nostra sede, salvando la maggior parte degli artisti bookati (alcuni di loro li ho spostati alle prossime settimane). Si, ricominciamo il 18 gennaio con OGUZ e Marcolino di Ultrasuoni …ha pensato bene di rubarmi il nome anagrafico, ci chiamiamo uguale! (risate, NdI)
Che reazione ha avuto il vostro pubblico, allo spargersi della notizia? E che reazioni avete riscontrato dagli altri addetti ai lavori?
Il nostro pubblico è stato solidale con noi sin dall inizio. Molti hanno apprezzato la nostra continuità, e capendo le difficoltà ci hanno seguito. Gli addetti ai lavori sono stati tutti degli sciacalli tranne uno: Vincenzo De Robertis. In maniera del tutto disinteressata, in poche ore mi ha trovato un club disponibile per Capodanno che fosse adatto al format che avevo programmato da mesi: un mezzo miracolo. Tornando ai colleghi, è stato uno scempio: nessuno che si fosse degnato di chiedere se avessi bisogno di qualcosa, anzi, alcuni parassiti pugliesi hanno mandato le solite inutili richieste alle agenzie di booking dicendo che il nostro club era stato chiuso e che avrebbero potuto assorbire le nostre date. Si parla sempre di associazionismo, ma è un’utopia. Nella mia città da quarant’anni, ma anche di più, si contravviene a regole ambientali abbastanza note a tutti e le istituzioni, per tutelare i posti di lavoro di qualche migliaio di lavoratori, trattano un colosso industriale con clemenza, invitandolo sì a correggere gli errori ma non lo chiudono e permettono a tutti di continuare a lavorare. Io non ho mai chiesto di non pagare il mio errore, ma solo di essere trattato con la stessa clemenza: valutando che anche io ho sessanta persone che lavorano il sabato, anche il mio club crea un indotto economico spaventoso. O meglio ancora, avrei voluto e dovuto chiedere di trattare il mostro che abbiamo a Taranto con la stessa determinazione e fermezza con cui hanno trattato me. Ma del mio indotto nessun politico, assessore, dirigente se n’è mai accorto; o meglio, io credo non abbiano mai avuto le competenza per capirne il valore. Forse qualcuno di loro ne ha cominciato a capire l’importanza dopo che abbiamo ospitato la Boiler Room: capisci cosa intendo, vero?
Gli addetti ai lavori sono stati tutti degli sciacalli, tranne uno
Parlare di “crisi del clubbing” può essere abbastanza lunare, visto dalla vostra prospettiva, visto che comunque Sound Department Ascolti opera in una zona che, specialmente in inverno, non è mai stata un centro nevralgico del clubbing in Italia, quindi totalmente atipica e fuori dalle dinamiche “normali”. Dal vostro punto di vista particolare, esiste questa crisi? E fino a che punto vi riguarda?
Sì, esiste, e credo che lo abbiamo capito anche un po’ tutti. Abbiamo fatto tutti errori prima di capire che veramente ci fosse un serio problema di crisi a livello nazionale, e quell’ossigeno estivo che ci arriva col ritorno dei fuori sede e l’arrivo dei turisti molte volte ci ha fatto dimenticare che da lì a qualche mese la nostra economia stava iniziando a cambiare radicalmente. In realtà il vero problema è proprio demografico: ovvero, mancano le persone. Oltre a questa mancanza, quei pochi che rimangono con cui possiamo lavorare subiscono le conseguenze di un’economia disastrata. Credo sia un livello di difficoltà assurdo.
Tutto questo mentre il clubbing è sempre più un’industria – e come tale si comporta, vedi ad esempio le strategie dei management e delle agenzie di booking, che legittimamente provano ad alzare sempre più costi e guadagni.
Sì, è realmente così come dici, ma siamo anche arrivati ad un momento in cui pochi ancora ci cascano. Tutti ormai facciamo i conti con quelli che sono i nostri incassi e se un artista costa più di quello che è il suo ritorno a livello di presenze noi, semplicemente, non lo compriamo. Abbiamo rischiato e perso tutti, credendo di potercela fare; abbiamo sbagliato in passato, fatto delle valutazioni che credevamo fossero giuste e invece no; abbiamo perso tutti soldi pagando artisti più del dovuto, e tutti abbiamo capito l’errore. Conosco tanti che ora prima di accettare un deal fanno le giuste valutazioni, e tanti altri che hanno semplicemente smesso di lavorare con alcune agenzie per questo motivo.
Tutto l’anno cerchiamo di far capire alle agenzie ed ai loro artisti che la nostra economia è davvero in crisi; poi arrivano certi festival…
Domanda finale: la Puglia, per molti, è essenzialmente un posto “da vacanza”. Infatti mezza Italia d’estate ci converge, e questa ha creato negli anni una quantità impressionante di eventi, serate, club, festival a matrice estiva. Quanto è positivo questo fenomeno, per chi in Puglia ci vive e vuole operare nel campo della cultura e della musica, e quanto invece è un problema?
È tutto vero. La Puglia da qualche anno a questa parte in estate è diventata una bomba turistica che mette tutti noi del settore in forte vantaggio: credo che il binomio mare ed intrattenimento sia perfetto. Inoltre, la Puglia ha pure diversi posti per fare una reale vacanza low cost, e anche questo conta. Io sono felice che ci siano decine di festival nella mia regione in estate, e sono anche felice di trovare delle proposte che noi promoter mai ci sogneremmo di fare perché non riusciremmo con le nostre solo forze. Il rovescio della medaglia però è che questi festival non si limitano a chiamare nomi, ecco. Spesso è capitato che hanno chiamato artisti da club che lavorano con me o con qualche altro club in Puglia; anche qui non ci sarebbe nessun problema, se solo non fosse che a questi artisti gli vien offerto un fee assurdo. Tutto l’anno cerchiamo di lavorare facendo capire alle agenzie ed ai loro artisti che la nostra economia è davvero in crisi; poi arrivano questi festival, con i loro centinaia di migliaia di euro di contributi, e fanno delle proposte fuori mercato sovrastimando questi artisti. L’incompetenza di questi promoter ha creato più volte qualche problema, ma i più tranquilli sono loro: solo perché i soldi gli arrivano dalle casse della Regione Puglia, o da qualche super sponsor.