Per assicurarci questa premiere abbiamo attraversato l’oceano e siamo finiti in Argentina, a Buenos Aires, città natale di Pedro Canale noto come Chancha Via Circuito. Riconosciuto da tutti come uno dei primi esponenti della digital cumbia, genere che oggi raccoglie ampi consensi tra pubblico e addetti ai lavori a cui Pedro si dedica dal 2005, sta per pubblicare il suo quarto album “Bienaventuranza” con cui approderà in Italia molto presto per quattro live tra Puglia, Napoli, Milano e Treviso. Di questo LP, che arriva dopo gli apprezzatissimi “Rodante”, “Río Arriba” e “Amansara”, vi invitiamo ad ascoltare e guadare attentamente i video delle tracce già disponibili mossa utile a capire la complessità del progetto: “La Victoria” pezzo facile che strizza l’occhio al cocktail-pop estivo, “Ilaló” con sonorità pienamente in linea con il suo background dove canti popolari, percussioni e beat dancefloor friendly si fondono alla perfezione e “Alegria” con un video realizzato in passo uno e una strumentale introspettiva in pieno contrasto con il titolo. Noi abbiamo scelto “Barú” e ne abbiamo parlato direttamente con Chancha Via Circuito che, tra una gig e l’altra, ci ha introdotto questo “Bienaventuranza”.
Sei stato uno dei primi a credere nella fusione tra cumbia ed elettronica come testimonia il tuo album di debutto “Rodante” del 2008. Oggi in moltissimi apprezzano e si interessano a questo mix, come vivi questo clamore?
La cumbia meritava questa diffusione globale ed è assolutamente fantastico quello che sta succedendo, le persone non riescono a trattenersi dal ballarla, ovunque.
Cosa ti lega a questo genere e come hai costruito il tuo background musicale?
Sono stato contagiato dal virus tropicale e, una volta che l’hai contratto, muori con esso. Il mio background musicale è molto vario, la curiosità mi ha portato a scavare nella musica di ogni paese, di tutti i tempi; quella dell’America Latina mi ha rubato il cuore.
Raccontaci del tuo nuovo album “Bienaventuranza”: com’è nato, dove l’hai registrato e qual è il fil rouge che lega tutte le tracce. Perché hai scelto “Barú” come premiere?
Potrei paragonare la produzione di “Bienaventuranza” ad un lungo viaggio, ho impiegato quattro anni per concluderlo e non è stato affatto semplice perché dopo la pubblicazione di “Amansará”, nel 2014, ho viaggiato molto dedicandomi, anche, allo studio della psicologia olocinetica. Avvertivo comunque la necessità di produrre, cercavo del tempo per farlo. Mi sono divertito parecchio perché i due membri della band Federico Estevez e mia moglie Heidi aka Kaleema hanno partecipato attivamente alla produzione aiutandomi a creare buona parte delle tracce. Ho registrato il tutto nel Nogal Estudio di Adrogue, il fil rouge è sicuramente l’influenza della musica Andina, i flauti. “Barú” è uno dei miei brani preferiti, perché non è una delle mie “solite” tracce, ho iutilizzato i venditori ambulanti come una specie di cantanti spontanei.
Tutte le tue release sono caratterizzate da moltissime collaborazioni e, spesso, seguite da EP di remix. Come scegli chi far collaborare con te?
Ho la fortuna di essere circondato da musicisti di grande talento e di poter annoverare molti di loro tra i mie amici più stretti. Penso di averli scelti per le somiglianze che ci accomunano.
Stai pianificando già dei live, solitamente come li organizzi?
Con la mia band stiamo portando avanti il tour europeo per “Bienaventuranza” e ci aspettano altri tre mesi di concerti a luglio, agosto e novembre. Solitamente proviamo un paio di volte a settimana per organizzare i live.