Ce l’abbiamo fatta. Siamo sopravvissuti alle abbuffate pasquali, alle grigliate di pasquetta, alle allergie stagionali (quasi). Ma per risvegliarsi del tutto dal torpore primaverile, serve un po di cassa (siamo fatti così, che ci vuoi fare), e noi siamo qui per questo. Nel #Pulse di questa settimana passiamo in rassegna alcuni tra i beat più freschi usciti nell’ultimo mese, quelli che ti fanno assaggiare l’estate e ti fanno venire voglia di festival open air, quindi mettetevi comodi. Anzi, no, su in piedi, che si balla!
[title subtitle=”MarLo feat. Jano – Haunted”][/title]
I due coniugi più affiatati dell’universo trance tornano in studio insieme dopo tre anni, e quasi per gioco sfornano questa ‘Haunted’, che ha tutte le carte in regola per diventare un tormentone alla stregua delle ultime produzioni firmate dal dj olandese, naturalizzato australiano, (vedi alla voce “Boom” e “Visions”). La traccia, nata da una jam session casalinga (Marlo che improvvisa una melodia al pianoforte e Janette che ci canta sopra delle liriche inviate da un fan via Facebook, un quadretto, insomma), è poi diventata una cosa seria, fatta di ritmica incalzante e un riff potente, di quelli da mani al cielo, nelle cui pause, la bella voce di Jano trova lo spazio che merita. La melodia decisamente orecchiabile e la scelta di suoni particolarmente in voga nell’ultimo periodo, fanno il resto, et voilà, la hit è servita!
[title subtitle=”John Askew – Mechanism”][/title]
Che John Askew non fosse un tipo del tutto mentalmente stabile, è cosa nota, chiunque abbia avuto occasione di assistere ad una delle sue esibizioni lo sa bene. Che gli piaccia giocare con sample vocali di varia natura, meglio se tratti da qualche dialogo cinematografico, è anche questo abbastanza risaputo. Il suo ultimo singolo, “Mechanism”, uscito questa settimana su Mental Asylum (e non potrebbe essere altrimenti), è la prova provata di quanto detto sopra: furia uplifting nella sua essenza più cupa, minimalismo psy (con tanto di due battute in terzinato buttate lì nel break, giusto per confondere le idee), e poi quell’urlo, sintesi perfetta della follia del produttore: “Here’s Jonny!”. Esatto, Shining. In quel momento sembra quasi di vedere Jack Nicholson con l’ascia in mano, dietro la consolle di un festival, oppure la faccia di Askew incastrata nella breccia della porta di legno del bagno, alla ricerca di Wendy. Scegliete voi.
[title subtitle=”Daniel Kandi – Better Late Then Ever”][/title]
Negli ultimi anni, gli artisti danesi che hanno saputo distinguersi sulla scena trance mondiale possono essere contati sulle dita di una mano, forse senza neanche occuparle tutte. Daniel Kandi si è certamente guadagnato il diritto di primeggiare fra questi, dopo aver conquistato nel 2010 il titolo di “best track of the year” nella top 20 di Armin van Buuren con “Symphonica”, ed aver stilato una lista pressoché sterminata di produzioni e remix al suo attivo. Il suo primo singolo del 2014 è “Better Late Than Never”, traccia decisamente originale, dalla quale traspare quella qualità che solo un talento come Kandi è in grado di riconfermare in ogni disco. Cassa drittissima, basso cupo e violento, synth sporchi, un break che si appoggia su una progressione di accordi di pianoforte, che apre la strada ad un riff distorto. Un accenno di bassline, il riff che si accorcia in un loop che sembra senza fine, il build up scandito dalle rullate di snare: poi tutto cessa di colpo e un fill di toms proietta in una ripartenza da ballare col fiato sospeso, occhi chiusi e mani al cielo, abbandonandosi nei riverberi, tra le salite e discese dell’arpeggio. E non importa se in realtà stai ascoltando dalle cuffie del tuo iPod, quella cassa finirai per sentirla davvero pulsare nello stomaco.
[title subtitle=”London Grammar – Wasting My Young Years (Solarstone Remix)”][/title]
Suoni ambient, eterei ed evanescenti, chitarre meste, la voce malinconica di Hannah Reid. Questa è l’essenza di “Wasting My Young Years”, singolo estratto da “Metal & Dust”, l’album di debutto del duo britannico London Grammar, prontamente adocchiato da Solarstone che ne ha ricavato un remix in stile pure trance, mantenendone sapientemente il mood struggente. Già dal primo break, Rich sembra impaziente di raccontarci qualcosa, di arrivare il prima possibile all’ascoltatore per recapitare un messaggio dal senso profondo e vitale. Si riempie di un’atmosfera nostalgica, sottolineata dal timbro del vocal e dalla trama del pianoforte che lo accompagna. Poi la svolta: al crescere di’intensità del cantato, anche la traccia pare mettere in mostra i propri muscoli e a seguito del drop prende vita, alimentandosi improvvisamente: non c’è niente di più inaspettato, da una partenza che sembrava promettere uno sviluppo decisamente più frenato. La bassline, i pattern ritmici e i lead sembrano disegnare linee nell’aria, su cui la mente galleggia nutrendosi solamente di boccate fresche di sonorità uplifting.
[title subtitle=”Ferry Tayle feat. Erica Curran – Rescue Me (Remixes)”][/title]
Se in ambito trance, Ferry Tayle è soprannominato “The Wizard”, qualche motivo deve pur esserci. E non ce ne voglia Jeff Mills, si tratta di magie diverse. Ferry, infatti, più che con Technics e drum machines, gioca con i synth e i breakdown, con gli accordi e le melodie, e in ultima istanza, con le emozioni di chi ascolta. Se poi ci mette anche uno di quei vocal struggenti, che invocano pause chilometriche accompagnate dal pianoforte, il gioco è fatto. E’ il caso di “Rescue Me”, una delle tracce di maggior successo del produttore di Strasburgo, anche, bisogna dirlo, per merito della voce angelica di Erica Curran. Un pezzo del genere merita un paio di remix come si deve, magari leggermente più dancefloor-oriented. Detto, fatto: Suncatcher, lo stesso Ferry Tayle, e Allen & Envy sono i nomi scelti dalla Always Alive, l’etichetta di Daniel Kandi che ha rilasciato le tracce, per dare quell’ulteriore iniezione di steroidi di cui l’Original Mix necessitava. Il risultato è un ep che è un concentrato di uplifting in tutte le sue forme migliori, che mantiene come filo conduttore, quel commovente breakdown con voce e piano, di cui ognuno fornisce la sua interpretazione: Suncatcher sembra ispirarsi, per la semplicità e l’ efficacia dei suoni, alla corrente “Pure Trance” di Solarstone, il Club Mix di Ferry è più lento e leggermente più morbido nelle percussioni, ma a vincere la palma per la versione migliore, secondo noi, sono Steve Allen e Scott Envy, vere e proprie rising stars della scena, grazie soprattutto ad un sound immediatamente riconoscibile, energico ma dal forte impatto emotivo, che emerge nel loro remix, come in tutte le loro recenti produzioni.
PS: il duo inglese sarà in Italia per la prima volta il prossimo 17 Maggio, noi non ce li perdiamo!