Anche se la trance family risponde alla classifica di DJ Mag con un costante silenzio stampa ed anche se la nostra opinione finirà con l’essere l’ennesima goccia, persa nell’immenso mare di voci che ogni anno gravitano come tornado impazziti attorno a questo circo tanto atteso quanto criticato, noi di Pulse abbiamo deciso di rompere la quiete e prendere posto nel concitato talk show che discute l’approvazione o il dissenso di questa o di quella posizione guadagnata o immeritata in graduatoria. Eviteremo alcun riferimento a Dimitri Vegas & Like Mike, Gabry Ponte e simili, non ci riguardano. Vogliamo solo dare voce alle sensazioni che pervadono i nostri corpi alla vista delle varie posizioni della classifica, gongolando nel vedere Armin van Buuren riuscire ancora una volta a non essere escluso dal podio, provando sdegno nel constatare che Paul Oakenfold non è nemmeno riuscito a guadagnarsi un posto, restandoci male per l’ennesima disfatta di Giuseppe Ottaviani e tirando un sospiro di sollievo nell’osservare big intramontabili quali Aly & Fila, Paul van Dyk e ATB, difendere con le unghie le loro discrete posizioni. Ecco quello che abbiamo provato, e quello che ha provato un qualsiasi trancer quando il suo dito è inesorabilmente sceso dalla prima alla centesima posizione.
[title subtitle=”Above & Beyond – We’re All We Need (Anjunabeats)”][/title]
È l’ennesimo dardo in pieno bull’s eye, il terzo estratto dopo i singoli “Blue Sky Action” e “Sticky Fingers”, del nuovo album siglato Above & Beyond, in uscita il 19 Gennaio 2015 (che avremo modo di approfondire in queste pagine a tempo debito!). Quelli che amiamo definire i “Coldplay della musica elettronica” non ne sbagliano una e in ogni produzione è tangibile la loro identità, capacissimi di farsi apprezzare da una grande fetta di pubblico proprio perché in grado di restare fedeli ad un preciso stile ormai da anni. In “We’re All We Need” sentiamo i martelletti del piano muoversi su tonalità gravi, a scandire il dispiego del caldo tappeto sonoro su cui poggia delicatamente la soave voce di Zoë Johnston, un timbro particolare che allo stesso tempo sa essere marcato ed impregnarsi profondamente di toccante malinconia. Un vocal che è ormai un evergreen nelle produzioni del trio inglese, basti pensare alle precedenti “Alchemy”, “You Got To Go” e “Good For Me”, e che ogni volta ci conferma di essere all’ascolto di una creazione d’eccelsa qualità. Forse per Jono, Tony e Paavo avremmo sperato in qualche posizione in più, ma non possiamo lamentarci di una classifica che si preoccupa di voler “fotografare una situazione” che probabilmente noi trancer non vorremmo vedere nemmeno in fotografia.
[title subtitle=”Paul Oakenfold & Cassandra Fox – Touch Me (Perfecto Records)”][/title]
In una classifica discussa come questa, è fisiologico che ogni anno ci siano degli esclusi illustri, soprattutto se questi occupano una posizione rilevante, ok, ma pur sempre in generi più o meno di nicchia, come nel nostro caso. Sorprende, e non poco, però, il fatto che nel ranking di quest’anno, uno di questi grandi esclusi sia nientemeno che mister Oakenfold: una leggenda vivente che non ha certo bisogno di presentazioni, e il cui sound eclettico si potrebbe definire in mille e più modi, nessuno dei quali conterrebbe la parola “nicchia”. Oakie è uno dal cuore trance, non c’è dubbio, ma alla sua anima musicale piace spaziare da un estremo all’altro dell’elettronica attuale, e non potrebbe essere altrimenti, se fai questo mestiere da quasi trent’anni e le hai viste e sentite più o meno tutte. Paul ha rilasciato, all’inizio dell’estate, “Trance Mission”, un album di cover di alcuni dei maggiori successi trance (ma non solo), degli ultimi 20 anni: ultimo estratto, in ordine cronologico, è il singolo “Touch Me”, rivisitazione del singolo di Rui da Silva datato 2001, per il quale Cassandra Fox, voce originale del brano, ha splendidamente reinterpretato se stessa in chiave moderna, più soave ed eterea, e decisamente trancy. L’ep vanta una lista smisurata di versioni, tra cui segnaliamo i remix di Beat Service autentico spaccapista da mainstage che ha già riscosso un notevole successo nelle charts, di Mike Koglin, più groovy e perfetto per riscaldare i dancefloor prima dell’arrivo degli headliner, e di Thomas Datt, perché l’uplifting come la fa lui è come il bianco, sta bene con tutto.
[title subtitle=”WeAreAliens – Outcast (Giuseppe Ottaviani Fix) (GO On Air Recordings)”][/title]
Lui è un altro di quei mostri sacri della trance, che per un motivo o per l’altro non sono mai riusciti a raggiungere posizioni rilevanti all’interno della tanto contestata classifica. Da un paio d’anni a questa parte, sembra anche aver abbandonato ogni speranza di poter insegnare agli stranieri come scrivere correttamente il suo nome (sarebbe divertente calcolare quanti voti sono andati a GUISEPPE Ottaviani nel corso degli anni), ma fintanto che continua a fare musica così, sia in studio che live, beh, a noi delle classifiche importa davvero poco. A Giuseppe, ciò che interessa è la melodia, semplice ed efficace, l’energia del suono trance primordiale, che rivive traccia dopo traccia, grazie a maestri come lui, Aly & Fila, Solarstone e compagni. Rivive anche in questa edit di “Outcast” di WeAreAliens, sottoposta al trattamento di Ottaviani prima di essere inserita nella compilation “GO On Air”, e di ricevere, tra gli altri, il supporto di Armin van Buuren nella penultima puntata di “A State Of Trance”. “We are music lovers”, come direbbe lui, e delle classifiche di popolarità non ci fidiamo più.
[title subtitle=”Dash Berlin feat. Roxanne Emery – Shelter (Aropa Records)”][/title]
Certamente lontana anni luce dalle produzioni alle quali ci stava abituando (e meno male!), l’ultima release di Dash Berlin fa breccia nei nostri cuori, riaccendendo un barlume di speranza di riuscire finalmente a sentire di nuovo qualcosa di minimamente paragonabile ai suoi capolavori storici quali “Waiting” e “Man On The Run”. L’album da cui è estratta la traccia, “We Are (Part 1)”, presenta in realtà un timbro fortemente progressive/house spalmato di sonorità EDM, racchiude in sé un’innumerevole quantità di featuring non sempre apprezzabili ed ha un’essenza marcatamente radiofonica, ma “Shelter” è in grado di guadagnarsi un posto nella nostra rubrica differenziandosi da tutto ciò, mettendo in gioco suadenti sonorità calde, unico cioccolatino al latte in una scatola di ultra fondenti. Sovrano incontrastato del brano è il pianoforte, affiancato da pad che lo innalzano ad una dimensione extracorporea, lì dove sta la voce di Roxanne Emery, che fatichiamo credere appartenga a corde vocali che non abbiano un che di fatato. Per dirlo in una sola parola, si tratta di una traccia sublime, ed è grazie a questa che riusciamo a non storcere il naso davanti alla 14esima posizione in classifica di Dash. Ci troviamo di fronte al ritorno a casa del figliol prodigo? Staremo a vedere, di certo a noi non dispiacerebbe.