La progressive è uno di quei sottogeneri che, fin dagli albori, quando con la trance era una cosa unica, ha sempre avuto un occhio di riguardo da parte degli appassionati del genere, passando attraverso i diversi periodi storici che le hanno imposto connotazioni, sfumature, denominazioni ed ulteriori sotto-categorizzazioni, cambiando veste, rimanendo al passo con le evoluzioni stilistiche ma senza mai snaturarsi, mantenendo costante la propria identità. Il nome che le è stato affibbiato deriva dalla sua principale caratteristica tecnica, quella di intensificarsi, battuta dopo battuta, con grande naturalezza, in modo, appunto, progressivo: parte piano, arriva al culmine del climax e ti lascia lì, in estasi, per qualche secondo, poi va svanendo, sempre progressivamente, togliendo man mano ciò che prima aveva aggiunto, accompagnandoti verso la prossima salita. Ma al di là di definizioni, classificazioni, etichettature di generi e sottogeneri che non ci competono, e forse non sono neanche così importanti, ciò che rimane è la sostanza, ovvero la musica: ecco dunque un po’ di Progressive di questi giorni.
[title subtitle=”Funkagenda – One Day At A Time (Trice Recordings)”][/title]
È una presenza insolita, quella di Funkagenda su Trice, sublabel di Armada che si sta facendo apprezzare per release di qualità improntate su sonorità electro e big room, ma è una di quelle sorprese che non può che far piacere. Ancor di più, sapendo che si tratta di un disco dal fortissimo valore personale per il boss di Funk Farm, che il giorno dell’uscita celebra 7 mesi lontano da problemi di dipendenze varie (forza Adam!). Questa “One Day At A Time” è probabilmente tra le tracce più melodiche e toccanti prodotte dall’inglese, e ruota intorno all’evolversi ipnotico di un synth che ha qualcosa in comune con il primo Deadmau5, che rapisce la mente, stregata dal groove morbido e dalle aperture con cui il lead va a fondersi nei pad eterei. Si sente che c’è qualcosa di diverso, rispetto al solito Funkagenda ritmato e spigoloso, si sente che l’ispirazione proviene da una fonte diversa, forse più profonda, ma quello che conta è il risultato, ed in questo caso, il risultato è pura magia.
[title subtitle=”Johan Vilborg feat. Johnny Norberg – Another Day (Enhanced Progressive)”][/title]
Certamente siamo nel periodo più opportuno per sfornare la giusta hit in vista dell’estate e in questo Enhanced Progressive si posiziona in prima linea: la prova tangibile è il rilascio del singolo “Another Day”, dell’emergente Johan Vilborg, avvenuto lo scorso 2 giugno. Dopo le precedenti produzioni di successo “Mai Tai” e “Sky Grinder”, il producer svedese torna all’attacco, stavolta accompagnato dalla voce suadente di Johnny Norberg. Una traccia versatile, che pare essere ideale per un ascolto in solitaria e allo stesso tempo risulta essere capace di trasformarsi nella perfetta soundtrack dei pomeriggi estivi passati in spiaggia con gli amici. Tra linee stilistiche prettamente trance, si fanno strada avanzando a briglia sciolta quelle sonorità progressive che sono un po’ la firma stessa di Vilborg. Il vocal si fa caldo, avvolgente, donando respiro e anima al brano, mentre un synth brillante fa capolino fra melodie fresche e sognanti, capaci di sposarsi alla perfezione con le atmosfere più elettroniche. Vibrazioni che fanno star bene, una sublime collaborazione che farà sicuramente parlare si sé per tutta la stagione estiva.
[title subtitle=”Rex Mundi – Static Room / Macchina (Coldharbour Recordings)”][/title]
Il bianco e il nero. Il giorno e la notte. Ad ascoltarle a scatola chiusa queste due tracce non sembrerebbero nemmeno opera dello stesso autore, se non fosse per quell’unico sample utilizzato in entrambe che fa da ponte, creando fra loro una sorta di connessione. È proprio questo unico elemento a svelare che ambedue sono frutto della stessa mano, quella del producer olandese Rex Mundi, alias Boy Hagemann, caposaldo della Coldharbour. La prima, “Static Room”, è caratterizzata da una linea di sample ridotti al minimo che accompagna tutto il brano, variando in tonalità, e da un grande lavoro sui suoni, in particolare un FX che riesce da un lato a donare una grande apertura stereofonica al brano, e dall’altro ad avvolgerlo completamente in un’atmosfera nebulosa, favorita anche dai sample di voce sfumati e fradici di riverbero. Una ritmica concitata e sonorità ricercate, molto vicine a quelle chillout. La seconda invece, intitolata “Macchina”, è guidata da un groove marcatamente elettronico, scandito in modo deciso da un binomio plastico di cassa-snare. Potrebbe addirittura essere benissimo scambiata per un pezzo progressive house di Eric Prydz. Arriva poi un break a spazzare via il miscuglio di suoni elettronici, dando respiro al brano e conferendogli una dimensione epica. Un basso distorto ci riporta però con i piedi per terra, il cut off si apre nel giro di poche battute e dopo un attimo di silenzio riparte l’inarrestabile “martellamento”. Indubbiamente Rex Mundi sembra conoscere perfettamente le giuste vibrazioni capaci di stregare anche la più esigente delle dancefloor.
[title subtitle=”Paul van Dyk – Crush (Las Salinas Remix) (Vandit Records)”][/title]
Di progressive non c’è solo quella sognante e mistica, profonda e riflessiva, c’è anche quella da ballare, quella melodica ma energica, quella che in un extended set fa alzare le prime mani al cielo, accompagnando il warm up deep a diventare trance. Quella dai groove incalzanti di derivazione house, dai bassi rotondi e corposi, dai build up che s’intensificano, quella dei lead supersaw che si aprono su progressioni di accordi, quella dei white noise che saltano, schiacciati dalle sidechain. E’ il caso di questo remix di “Crush”, uno dei classici del maestro Paul van Dyk, ad opera del duo israeliano Las Salinas, uno degli ultimi acquisti della squadra Vandit. Una rivisitazione dal sound differente (e non potrebbe essere altrimenti, a distanza di dieci anni), ma che con un bel break riesce a mantenere intatto il mood malinconico che caratterizza l’original mix, con l’aggiunta di un pizzico di groove in più, che male non fa. Il risultato è ottimo, cosa per niente scontata, quando si mette mano a materiale del passato, e ha il merito di dare nuova vita ad uno dei singoli più apprezzati del secondo periodo di PvD.