Squilla il telefono. Notiamo, incuriositi, il nome non banale di chi ci sta chiamando. Rispondiamo. E subito: “Ma hai sentito che bello che è l’album di Max Casacci?”: non sveleremo mai l’identità di questo nostro interlocutore, basti solo dire che è un addetto ai lavori navigatissimo, attentissimo e soprattutto uno che quando c’è da criticare anche ad alzo zero non si tira mai indietro. Ma in questo caso ha ragione, accidenti se ha ragione e se siamo d’accordo con lui: “Urban Groovescapes”, il capitolo due – come album – dell’avventura a denominazione “Earthphonia” in cui si è lanciato il chitarrista, fondatore e lider maximo dei Subsonica, è davvero un lavoro notevole. Un lavoro che va oltre ogni aspettativa. Uno potrebbe pensare che è l’ennesimo divertissement della pop star arrivata e sazia che si diverte a dimostrare di saper ancora “giocare” con la musica, sperimentando un po’; è invece di più. E’ il disco di una mente musicale affamata, attenta, curiosa, molto competente, che riprende una pratica vecchia ormai di decenni – non spacciamo per novità il fatto di “campionare i suoni del mondo” e trattarli elettronicamente per avere della musica, perché non lo è, e si può andare anche parecchio più indietro di Matmos e Matthew Herbert – ma lo fa con uno sguardo vivo e molto contemporaneo.
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A Max tutta questa faccenda sta piacendo parecchio. Iniziata un po’ per caso e un po’ per input esterno, giocata inizialmente anche assieme a Daniele Mana (sì, l’italiano-che-esce-su-Hyperdub) e poi proseguita in solitario, ha figliato già due album (il primo poi è un album “aumentato”, nella sua confezione fisica), molti viaggi, molte idee. E non ci si vuole fermare: presentiamo qui infatti in anteprima del materiale inedito, “Ghost Rail”. Anzi, passiamo subito al video (molto, molto, molto suggestivo: progettato da Akasha, alias Riccardo Franco-Loiri, seguendo anche modelli di creazione legati all’AI, aka Intelligenza Artificiale):
Visto? Affascinante, vero? Ecco allora qualche descrizione/spiegazione in più, mutuata direttamente dal comunicato stampa legato a questa release:
“Ghost rail” è un nuovo brano senza strumenti musicali dall’atmosfera mistica e notturna che mescola suoni di diversa provenienza: dalla ritmica dei mezzi di trasporto a svariati segnali acustici. Ad una nota ricavata dal rovesciamento di un camion dei rifiuti si aggiunge quella di un escavatore per lavori stradali, a formare un accordo misterioso.
“Le metropoli sono spazi di contemporaneità che accolgono spiritualità, credenze ancestrali, forme multiculturali di misticismo” – continua Casacci. Così un rumore meccanico del tram può trasformarsi in immaginario strumento dai tratti orientali che ci porta fino al finale della prima release di questo mixtape, con il quale il musicista e sperimentatore approfondisce il suo racconto di città: non necessariamente spazio di alienante desolazione, ma luogo che gioca a ripensarsi e che, idealmente, danza sui suoni di un groove-set dilatato, ampio, spazioso.
Una città di cui tutti siamo inconsapevoli protagonisti, cullati da suoni a cui tanto siamo abituati da non farci più caso. Uno spazio urbano che estrae ritmo e colori dalla quotidianità giocando a proiettarli in un immaginario dancefloor per trasformare il quotidiano, l’ordinario, in straordinario.
C’è una cosa importante da dire. Non è un caso che ci sia questa serie di “coriandoli postumi” rispetto all’uscita dell’album: di solito un disco esce, magari anticipato da qualche singolo, e poi stop. “Urban Groovescapes” però ha altre ed alte ambizioni: vuole diventare un vero e proprio contenitore aperto ed in continua evoluzione, un “Urban mixtape” nelle parole dello stesso Casacci in grado di crescere ed evolvere di continuo, diventando una colonna sonora in perenne divenire dei suoni-della-città. Entro breve infatti dovrebbero arrivare altre uscite ancora e, tra l’altro, anche degli inviti ad una collaborazione/creativa collettiva. State sintonizzati. Ne vale la pena.