E insomma, siamo ancora lì: ci si sorprende quando un rapper è intelligente. Ci si sorprende quando esce dalla dimensione “fumettosa” – e occhio, anche la presammale paranoide da scesazza alla fine rientra in questa categoria, perché comunque vivere la vita filtrata dagli psicofarmaci e dal banchetto psicotropo ingordo è un triste modo di provare a trasformare l’esistenza in fumetto, per quanto gotico e lisergico – e ci si sorprende quando fa un disco che non è solo&unicamente una affannosa ricerca del suono di successo del momento. Ci si sorprende, oh se ci si sorprende. Insomma: basta poco, per svettare. Basta poco per essere un rapper superiore. Basta poco, o non troppo, e guarda caso alla fine il destino ti premia: perché gli MC che stanno durando nel tempo sono, guarda un po’, quelli più senzienti e che ci tengono a mostrarsi tali (Fibra, Marra, Salmo stesso, Colle: gente con carriere decennali se non ventennali, e dopo vent’anni di carriera già Baglioni ci sembrava un rottame, negli anni ’90), con l’eccezione di Gué che a furia di fare il sarcastico sulla peggior nemesi di se stesso si è tramutato in essa, però è così bravo e carismatico tecnicamente che gli perdoni tutto (…chi poi lo conosce e lo frequenta più da vicino sa che, quando vuole, è una persona di spessore).
Stiamo dando, nell’hip hop, tutto il coraggio artistico e la personalità in grado di fottersene delle mode in mano ai quarantenni, perdonando invece ai ventenni la mancanza di tutto ciò. Dovrebbe andare nella maniera esattamente opposta
Basta poco. “Flop” non è poco: ma non è nemmeno così tanto. E’ un disco solido, con un sacco di strofe intelligenti (bene), con una grande quantità di strofe sincere (benissimo). E’ anche tuttavia un disco che fa capire come Salmo sia, artisticamente parlando, ancora a metà del guado; e abbia ancora un altissimo potenziale inespresso. Il che è un’ottima notizia per lui. Dietro lo schermo passivo-aggressivo del titolo e del concept “fallimentoso” che ci sta dietro, ovviamente questo è un lavoro che deve fare un minimo di numeri, che deve avere il suo riscontro, che deve funzionare il giusto – non fosse che sicuramente il suo autore c’ha buttato sangue e sudore dietro, oltre a mettersi a nudo anche più del solito dal punto di vista testuale. Questo non è un disco nato per essere “Flop”, non è nemmeno la “Fabbrica di plastica” di Grignani, non va così drammaticamente controcorrente, si limita a rimettere in carreggiata il principio della libertà di scelta artistica chiosando sarcasticamente che il solo fatto di usarla possa portare al fallimento ed al rifiuto del mercato. Ma è una chiosa sarcastica, non un auspicio e – a occhio – nemmeno una previsione.
(E’ “Flop”, ma è bello solido e si batterà per bene per il successo. Continua sotto)
Non è un auspicio nemmeno per noi. “Flop” è uno di quei dischi che fa bene all’hip hop italiano e, in generale, pure alla musica di casa nostra. Solido, come dicevamo; tecnicamente inappuntabile; prodotto bene, mixato bene; senza quella fastidiosa parata militare di featuring messi lì giusto per far lievitare i numeri degli streaming (pochi e ben assestati, qui: Noyz Narcos fa una strofa clamorosa in “Ghigliottina”, Marra sciorina un intervento notevole e creativo in “La chiave”, Gué fa il Gué in “YHWH”). Insomma, che gli puoi dire? Gli puoi dire che fa intravedere delle strade musicali che Salmo potrebbe e dovrebbe esplorare e su cui invece ancora si ferma, indeciso: ad esempio quando Luciennn – bravissimo qui, molto meglio di quando fa la trap per Deiv – lo catapulta su sentieri che potrebbero essere una “Mo’ Wax del terzo millennio”. Pensiamo a “Che ne so”, alla seconda parte di “Ghigliottina”. O pensiamo anche a quanto fatto per “YHWH” da Mace (sempre più bravo e sicuro di sé). Se Salmo prendesse questa via “futurista” (con retrogusto emotivo da hip hop strumentale anni ’90, solo anabolizzato coi suoni da terzo millennio), potrebbe veramente diventare una forza della natura a livello mondiale – anche se su quest’ultima cosa lo frega la lingua. Ma fate un test: prendete quanto fatto da Dj Muggs, tornato in formissima, con Crimeapple: togli quest’ultimo da una base come questa sotto, mettici Salmo, salta tutto per aria. Si raggiungono livelli altissimissimi.
(Immaginatevi Salmo qua sopra: boom. Continua sotto)
Salmo però non è uscito – e forse non vuole uscire – da tutta la sua fascinazione rock/crossover/eccetera. Tutte le basi da lui prodotte in “Flop” – e, onestamente, sono le basi meno interessanti, per quanto appropriate – vanno in questa direzione e va detto che lui come flow ci si trova a meraviglia, lo sente come “casa sua” e in souplesse sciorina classe, una strofa e una metrica dopo l’altra. Questa per lui ormai è però una “confort zone” da cui avrebbe tutti i mezzi per uscire, e magari pure la voglia. Il vero “Flop” sarebbe non farlo, nei prossimi dischi; rintanarsi cioè nella maniera di se stesso. Bravo, bravissimo Salmo; intelligentissimo; va bene; ma la nostra convinzione è che lui sia ancora al 50% del suo potenziale, e questo la dice lunga su un paio di cose. La prima, è su quanto bravo e talentuoso sia: perché se gli basta il 50% per fare un disco musicalmente solido, incisivo ed inventivo come “Flop”, che ha il difetto di non avere uno due brani-bomba ma complessivamente è un ottimo statement artistico, allora tanto di cappello. La seconda, è invece su come è messo l’hip hop italiano: basta infatti il 50% di uno dei suoi artisti di maggior successo per fare un disco che svetta tantissimo sopra la media e sopra i dischi di chi ha dieci, quindici, venti anni meno di lui (e dovrebbe, in teoria, essere quello che porta le idee nuove ed alza l’asticella). Stiamo dando, nell’hip hop, tutto il coraggio artistico e la personalità in grado di fottersene delle mode in mano ai quarantenni, perdonando invece ai ventenni la mancanza di tutto ciò (e parliamo di musica, però parliamo pure di testi&pensieri). Dovrebbe andare nella maniera esattamente opposta. Il vero “Flop” non è di Salmo: è nostro, come pubblico e come appassionati, ed è questo.
Ed ecco perché ancora oggi ci sorprendiamo se un rapper è intelligente. Basta relativamente poco, o non troppo, per sembrarlo.