Ma da dove viene tutta questa voglia di ben vendersi, di compiacere, di truccarsi ad hoc per lisciarsi critica e ascoltatori? È proprio necessario inseguire a tutti i costi il gusto degli altri, fino al punto di snaturare sé stessi? Va bene l’ambizione di incontrare le voglie dell’ampio pubblico, ma se anche Miss Kittin torna su album e fa un doppio disco di 23 tracce pieno di tentativi di accattivare questo e quell’altro ascoltatore, con elettronica d’ascolto, sciantoserie cantate, ambientalismi cosmici, poppismi e cover dei R.E.M. (NON ascoltate la sua “Everybody Hurts”) significa che c’è qualcosa che non va. Perché Miss Kittin non è Goldfrapp, non è Karl Bartos e nemmeno Shackleton. Kittin è quella che a inizi 2000 graffiava e provocava, che sfoggiava le calze a rete e cantava i famosi versi arroganti di Frank Sinatra (“Ogni notte coi miei amici star/beviamo champagne e mangiamo caviale/sniffando in area VIP/parliamo di Frank Sinatra/conosci Frank Sinatra?/è morto! Morto ahaha/esser famosi è così bello/Suck my dick/Kiss my ass”). Era icona della trasgressione, ora vuol fare l’artista di fino e metter d’accordo tutti. E non è un caso isolato: il 14 maggio esce su Ghostly International il nuovo album degli ADULT., “The Way Things Fall”, e anche loro stessa storia, altri due che a quei tempi svoltavano la materia electro come un calzino e ora si atteggiano da stellette electropop con pezzi come “Tonight, We Fall” o “Love Lies”. Ma è così fuori moda essere semplicemente sé stessi?
Ok, fermi un attimo. Prendiamo un bel respiro e chiariamo bene come stanno le cose. Miss Kittin e ADULT. son stati due dei principali protagonisti dell’ultima, vera botta di entusiasmo electro-dance dei nostri tempi: quello che chiamavano “electroclash” esplose soprattutto tra il 2001 e il 2002 ed esprimeva tutto il senso di ribellione e aggressività che poteva esser tirato fuori all’ingresso nel nuovo millennio. L’orgoglio di esserci, di fare ancora parte del mondo, per quanto massificato ed elettronizzato esso potesse essere. C’era molto di quel Futurismo italiano che fiorì dalle nostre parti proprio qualche anno dopo il fatidico 1900. Se quella futurista era l’esaltazione della velocità, del progresso e della guerra, quella dell’electroclash venerava il successo, i soldi, le droghe e il sesso. In maniera del tutto esplicita. I critici vollero inquadrarlo in una cornice che cavalcava la retrologia synthpop e new wave aggiornandola con le lezioni post-disco, ma fu una categorizzazione se non infelice quantomeno limitante. È vero, c’era una certa corrente di affinità pop, ma l’electroclash era prima di tutto un concentrato di provocazione e sfrenatezza techno e vantava pezzi bomba come questo:
o “Human Wreck” degli ADULT., “Emerge” dei Fischerspooner, “1982” di Miss Kittin & The Hacker o “Body Pressure” di Terence Fixmer. Era la musica dello sballo, capite. Per quelli che si erano anche un pò rotti delle patinature electrorock venute a moda dai Chemical Brothers in avanti. Per quelli che “il big beat di Fatboy Slim e Groove Armada è roba da fighetti”. Non c’era spazio per tanti compromessi, non c’era nessuno da compiacere. Anzi, più faceva storcere il naso ai palati raffinati, più era “giusto”.
Che fine ha fatto? Nel giro di due o tre anni è finito praticamente tutto, l’ondata perse vitalità (idealmente sostituita nell’immaginario collettivo dalla french house che ruotava intorno alla Ed Banger) e artista per artista ci si spostò in altre direzioni. Il che ci sta tutto, ogni fiamma che brucia a intensità doppia si consuma più in fretta delle altre e lo schema seguito è quello classico di ogni espressione di carattere giovanile. Il punto dolente sta nel vedere come si sono evoluti stilisticamente le stelle di quel tempo, riducendosi tutti a cercare in un modo o nell’altro un consenso mai più raggiunto. Felix Da Housecat, che di quel periodo era riuscito sia a produrre l’album più completo del filone (“Kittenz And Thee Glitz”) sia a metterne in discussione l’estetica nella maniera più efficace (col seguito in odor di p-funk di “Devin Dazzle And The Neon Fever”), s’è rivenduto su certe canzonette di pop elettronico ruffiano come “Like Something 4 Porno!” e “We All Wanna Be Prince”, l’ultimo album “Son Of Analogue” era un potpourri di esperimenti di ogni tipo e il recente singolo “Sinner Winner” non è altro che uno scherzetto da principianti. E come lui tanti altri: il Tiga della hit che fu “Sunglasses At Night” è finito in “Ciao!” a rivestirsi della nota attitudine pop (vedi “Beep Beep Beep” o “Luxury”), i Fischerspooner son passati da “Invisible” a “Money Can’t Dance”, di Kittin e ADULT. vi abbiam già detto e nessuno tra Vive la Fête, Ladytron o Tying Tiffany ha saltato lo schema.
Non è facile tenersi su certi livelli per lungo tempo, soprattutto se intorno a te l’interesse va scemando. Ma la piacioneria con cui i più stan cercando di rivendersi a un nuovo pubblico lascia una forte amarezza, a maggior ragione se sai bene da dove tutto è partito. Molto meglio allora due come Peaches e Vitalic, venuti fuori dagli stessi ambienti electroclash delle origini e sempre stati fedeli alla propria linea espressiva, al punto da prendersi pure le critiche di chi oggi li considera bolliti o monotematici. Sarà, ma entrambi seguono la propria indole senza vergogna e continuano a rispondere con efficacia ai desideri del loro pubblico: Peaches era una bad girl nel 2001, nelle vesti electropunk di “AA XXX” o “Set It Off”, e sfoggia la stessa immagine ancora oggi, coi singoli “Talk To Me” e “Serpentine” estratti dall’ultimo album e anche nelle recenti pose tentatrici della “Scare Me” fatta coi Major Lazer; Vitalic era entrato nel giro quasi fuori tempo massimo, con “OK Cowboy” del 2005 e pezzi di energia dritta come “My Friend Dario” o “Poney Part 1”, e ancora nell’ultimo album non smette di cavalcare l’onda hard-electro che piace ai giovani, sfoderando ancora tracce durissime e intransigenti come “Rave Kids Go” e “Stamina”. Ancora pezzi che fan discutere, che giocano con gli eccessi e si guadagnano orgogliosamente gli attacchi degli orecchi più posati. Come ai vecchi tempi. Perché nello sposare certi meccanismi da sballo dance non c’è da avere nessun imbarazzo, né serve necessariamente una legittimazione intellettuale in proposito. Son le regole del gioco, volerne uscire con l’evidenza dello spessore artistico è semplicemente da ipocriti. Andateglielo a spiegare, alla Kittin.