Avete presente cos’è il “festival da assessori”? Se seguite solo la musica elettronica, certo che no: gli assessori in Italia solitamente aborrono tutto quello che è rock, figuriamoci quello che è elettronica, almeno fino a quando un festival non diventa talmente da potersene vantare in sede di campagna elettorale (…ma anche lì poi, alla prova dei fatti, raramente si sganciano de contributi pubblici come sostegno). Ma se seguite anche il jazz, beh, questa definizione velenosetta vi sarà abbastanza chiara: si tratta di quegli eventi dove il Comune (o la Provincia, o la Regione) mettono il proprio chip più o meno corposo e vogliono in line up un giro di artisti che sia, in qualche modo, “consolidato”. Può essere consolidato a livello mainstream, per qualche raro esempio di jazzista che “buca” fino al grande pubblico (Bollani, ad esempio); più facilmente basta che sia consolidato a livello jazz, che suoni insomma molto in giro. L’assessore di turno fa “Ah, questo l’ho già sentito nominare” e si sente più sereno al momento di deliberare il contributo, che dia un po’ un contentino anche a quelli-della-cultura (…cosa di meglio del farlo col jazz, chè si fa sempre bella figura?).
Il dramma è che nella scatola del “festival degli assessori” finiscono musicisti jazz non paraculati o raccomandati, ma oggettivamente musicisti bravissimi. Il jazz è una cosa talmente difficile da imparare e padroneggiare – al contrario dell’elettronica e di altri generi musicali: confessiamolo – che è molto difficile che salgano sul proscenio in posizione di privilegio dei perfetti incapaci e gente brava più che altro a maneggiare i social.
Al tempo stesso, visto che l’attenzione del grande pubblico ma ormai anche delle nicchie è un fattore limitato per overload di offerta, nel jazz più che altrove è facile che gente di tagliente talento e con molte cose da dire non riesca mai ad uscire dal giro delle date a poche centinaia di euro, delle cose carbonare ed underground o nei club dove ti magnano e chiacchierano davanti. Che drammatico spreco di qualità, mentre invece altri contesti musicali sfornano miracolati in quantità. Il fattore positivo di tutta la ventata di hype generata da Kamasi Washington e dalla faccenda dell’UK jazz sta nel fatto che si è ampliata l’attenzione attorno al genere in sé anche da parte di persone che prima avrebbero filato solo rock, sperimentazione, elettronica, post questo o post quello, e ora invece dedicano la stessa attenzione anche a Shabaka Hutchings (pure quando passa pure lui agli zufoli, come André 3000) o agli Snarky Puppy, gente che un tempo sarebbe stata considerata dal pubblico in questione o troppo pallosa o, peggio ancora, fusion.
Le cose migliorano, quindi. E migliorano a due direzioni: non solo nell’attenzione del pubblico, ma anche nella proposta. Hanno infatti terreno un po’ più fertile i festival jazz non da assessori. Quelli che mettono insieme competenza ed apertura mentale, rispetto delle radici e curiosità verso le contaminazioni, amore per la sperimentazione ma gusto per la gradevolezza. Ecco: in questo categoria NovaraJazz è una delle perle di più lungo corso.
(Anche a bellezza e particolarità delle location non si ci può lamentare; continua sotto)
Nasce infatti nel 2004, il festival piemontese. Negli anni è cresciuto, si è consolidato, e lo ha fatto sempre a passi ragionevolmente sicuri, senza mai cercare scorciatoie o bombastici “colpi ad effetto” che poi però lasciano solo terra bruciata. È stato uno dei primi festival jazz a credere nella contaminazione col mondo del deejaying in modo serio, competente ed organico, vedi ad esempio l’edizione 2012 con Kid Loco e Raphael Sebbag degli U.F.O. (nostalgici della Talkin’ Loud, in alto i fazzoletti!). E inoltre ha sempre tenuto moltissimo ad allevare, nutrire, realizzare progetti speciali – anche quelli dove combinare talenti di casa nostra con quelli internazionali.
Insomma: da sempre abbiamo rispettato tantissimo NovaraJazz. E abbiamo visto in lui quel coraggio, quella artigianalità e quella voglia di scoprire che ci piacerebbe vedere sempre anche nei contesti un po’ più elettronici, i quali però ormai da quasi vent’anni sono sempre più statici, prevedibili e conservatori. Non è un caso che fra i migliori festival in Italia ci siano quello che hanno gettato un ponte fra il clubbing e il jazz, fra il funk e l’elettronica: Jazz:Re:Found, Gaeta Jazz Festival, giusto per fare un paio di nomi, ma anche l’aumento di “blackness di classe” nei festival nati come più digitali e dancefloor oriented è un segnale chiaro.
Questo weekend si celebra il culmine dell’edizione del ventennale: dopo un weekend precedente che ha fatto da ricchissima preview (con delle gemme tipo Tellkujira, il progetto di cui fa parte Francesco Diodati, un chitarrista di raro gusto, misura, freschezza inventiva – le tre cose assieme), a partire da oggi si entra nel vivo, fino a domenica. Qui il programma completo.
(Tellkujira, musiche preziose; continua sotto)
Gli highlight “ovvi” per chi segue queste pagine sono naturalmente il live di Studio Murena e il dj set di Broke One sotto l’egida di Radio Raheem, parliamo di realtà per cui abbiamo da sempre un enorme amore, ma ci teniamo davvero a sottolineare altri act previsti nel lungo weekend novarese: ad esempio oggi il duo di Yazz Ahmed – a proposito di UK jazz! – Ralph Wyld; venerdì assolutamente imperdibile una all star dei talenti emergenti del jazz di casa nostra (e che bello poter citare delle donne, non per “quota rosa” ma per meriti) composto dall batterista Francesca Remigi, dalla sassofonista argentino-berlinese Camilla Nebbia, dal chitarrista Giacomo Zanus e dal bassista Ferdinando Romano, tutti al servizio del notevole pianismo di Alexander Hawkins; sabato si vola con la leggenda Myra Melford, la sua competenza, la sua grazia sonora.
(Un concerto di tre anni fa in piano solo di Myra Melford, bellissimo poterla vedere dal vivo questo weekend; continua sotto)
La cosa bella però è che il programma è da assaporare tutto. Tra concerti pomeridiani ed after hour che spingono fino alle ore piccole, Novara è conquistata in questo weekend non tanto dal jazz quanto da una visione musicale aperte, viva, votata alla creatività ed alla felicità. Tutto questo coi giusti equilibri fra musicisti nazionali ed ospiti da fuori, coi primi che non sono un riempitivo del cartellone ma a tutti gli effetti dei co-protagonisti. Tutto questo è davvero molto bello. Tutto questo è davvero molto importante. Se potete, fate un salto a Novara in questi giorni.