“Mamma voleva facessi il ragioniere…”: Clementino lo devi prendere così. Ci sono i rapper che si atteggiano, che ostentano una durezza che forse manco hanno, che usano l’arroganza come una bandiera da sventolare per aumentare la propria credibilità – ecco, con lui questo pericolo non c’è. Anche se pure nel suo caso ad un certo punto è arrivato il successo: fa parte pure lui della schiatta di mc improvvisamente catapultati al centro dell’attenzione mediatica, con annessi e connessi. Però ecco, c’è modo e modo di viversi la cosa. Ed è il caso di controllare pure dal vivo come funziona la faccenda: la nostra chiacchierata nasce infatti dalla data del 18 giugno a Roma, nella cornice della serie di appuntamenti organizzati da Warehouse all’Andrea Doria Concert Hall (da Squarepusher a Tricky: programma ricco). Fateci un salto, se siete in zona. Per vedere che esistono anche ed ancora dei rapper in grado di esser leggeri e sorridenti – ma comunque bravi e credibili.
Allora: andando secchi al punto, cosa ti aspetti da questo nuovo tour che sta per iniziare?
Beh, ho una grossa curiosità, lo ammetto. Parlando di live, sono rimasto ancora a “O vient”: è lei la canzone simbolo, lei la canzone che hanno sempre cantato tutti in coro. Ma ora? Ora voglio proprio vedere cosa succede con le canzoni nuove. Piaceranno? Non piaceranno? A parte qualche apparizione in tv, non ho ancora fatto concerti in pubblico. E’ ancora tutto da capire come sarà recepito il materiale nuovo, quali tracce verranno adottate e piaceranno, quali invece dimostreranno di funzionare così così…
Tra l’altro in questo tour una data importante è quella di Roma – quella da cui nasce questa nostra chiacchierata. Sei nella cornice di una programmazione dove l’elettronica gioca un ruolo molto importante, costruita tra gli altri anche da persone che giocano un ruolo importante nella club culture nazionale. Ecco: che tipo di rapporto hai con la club culture?
Eh, insomma… Quando ero ragazzino andavo alle feste, quello sì. Di suo l’elettronica non sarebbe il mio genere, ma quando una cosa è fatta bene – è fatta bene. Mi capita di ascoltarla, ma paradossalmente non perché vado a ballare… esco infatti nei club a ballare molto raramente. Ma in certe situazioni è perfetta, non devi essere per forza in un club o in una discoteca. Qualche volta in un pomeriggio fra amici è la cosa che ti fa star meglio. Se mi chiedi il mio dj preferito, io sono di parte: ovviamente per me è Tayone! (uno dei migliori turntablist italiani, accompagnerà Clementino negli show live, NdI)
Perdona la domanda un po’ triste e scomoda ma sai com’è, se si fa l’mc alla fine si è naturalmente condannati anche a fare un po’ l’opinionista nelle interviste: parlando di clubbing e del contesto napoletano, non posso non chiederti qual è la tua visione sui tremendi fatti di Monegros Italia…
E’ terribile. E guarda, non riesco proprio a capire come una festa dove teoricamente uno va per divertirsi possa finire in tragedia. Ci sono stato un paio di volte all’Old River, conosco il posto. Lì come altrove piccole stronzate possono accadere: uno sguardo di troppo a una ragazza, un drink in più… ma è sempre finita lì. Non dovrebbe accadere, ma alla fine finisce lì. Spero che quanto accaduto serva di lezione a tutti quanti: perché tra l’altro io ora posso capire che molti genitori non vogliano più mandare i propri figli lì, abbiano paura, e questa cosa è assurda. Però guarda: è l’ignoranza. Non è il bicchiere in più. E’ l’ignoranza che ti porta a certe derive assurde. Io, anche se fossi ubriaco in modo disgustoso, non penserei nemmeno per un attimo di affrontare una persona o una discussione con un coltello. Non ero presente a Monegros Italia, non so cosa è accaduto, parlo chiaramente a livello generale.
Tra l’altro, uno dei compiti di un mc è mantenere una bella atmosfera tra il pubblico. O almeno così dovrebbe essere.
Proprio così! Sai, noi abbiamo una responsabilità, io la sento. Come diceva il buon vecchio KRS-One? Intrattenimento e contenuto possono e anzi devono andare assieme! Bisogna saper creare un’atmosfera, ma bisogna anche saper improvvisare, bisogna essere in grado di alternare momenti seri ad altri in cui stemperi la tensione con una battuta, ai limiti del cabaret. Tutto questo fa parte dell’arte dell’mceeing, tutto, non solo una parte.
Cosa avete preparato tu e Tayone, anzi, TY1 come si fa chiamare ora, per questo tour?
Sicuramente come ti dicevo ci saranno molto pezzi nuovi, quelli di “Miracolo!”, ma non per questo mancheranno delle parentesi col mio materiale storico, perché vogliamo fare un live completo. Ci sarà molta improvvisazione, questo è sicuro; soprattutto ci saranno trovate bizzarre, tipo personaggi stile cartone animato creati da noi – hai presente no quando appare il cane gigante che fuma nei concerti di Snoop Dogg? Ecco, lavoriamo su questa falsariga! Però ecco, ci tengo a dire soprattutto una cosa: ci saranno molte sorprese musicali. Ok, che io rappi su basi hip hop è normale e sarà sempre così, ma abbiamo preparato anche delle sorprese che – ne sono convinto – faranno saltare tantissimo dal vivo…
Quali sono oggi secondo te gli mc più interessanti?
Per quanto riguarda l’America, ultimamente sto ascoltando moltissimo Yelawolf, che è uno davvero figo: prodotto da Eminem, si diverte spesso a rappare su basi country, una cosa molto particolare. Poi ovviamente impossibile non citare Kendrick Lamar. Per quanto riguarda l’Italia, credo che in questo momento il numero uno sia Salmo.
Se guardi retrospettivamente alla strada che hai percorso in questi anni, com’è andata? E’ stato un viaggio lineare, in crescita progressiva, o qualcosa di più accidentato e problematico?
Oh, è stata una strada piena di fossi! Saliscendi assurdi, treni contro treni… Però alla fine io non posso che essere contento: mi sento rappresentante del rap napoletano, e questa categoria mi va benissimo e mi piace tantissimo.
Però raccontami meglio di questi fossi, dei saliscendi…
Difficoltà ce ne sono state tante. La prima è stata farsi vedere, farsi notare… No, no, aspetta: la prima difficoltà è imparare a fare bene il rap! Diciamolo chiaramente, questo! Perché sai in quanti oggi saltano questo passaggio? Lo zompano, proprio! Maledetti! Gente che si mette le braghe larghe, il cappellino, e poi tutta convinta dice: “Io sono un rapper!”. Ma quando mai. Tu al massimo sei un turista del rap, tra tre anni starai facendo tutt’altro. Imparare a fare a modo il rap è un processo lungo e difficile, se lo vuoi fare bene. Meglio sottolinearlo. Ecco, questo è il primo passo. Il secondo: una volta che hai imparato, iniziare a farsi vedere e farsi notare. Terzo: imparare a fare bene i live. Quarto: come a poker, passare dal tavolo dei piccoli a quello dei grandi, passare cioè dall’underground, dove ci sono solo gli addetti ai lavori (tra l’altro al 99% maschi…), al mainstream, dove il bacino d’utenza è molto più largo, dove non c’è solo il ragazzino ultracompetente che ha un certo tipo di metro di giudizio iperspecializzato ma ti ascoltano invece un padre, una madre, un fratello, una sorella. Ecco, quest’ultimo è il grosso cambiamento che ho vissuto: ma non solo io, direi tutta la scena rap italiana. Se ora vai nelle scuole, nelle medie ma fino anche nelle elementari, i ragazzi vogliono il rap. Una cosa inimmaginabile negli anni ’90, dove al massimo c’era qualche sporadico successo: successo magari grandissimo ma sporadico, episodico. Ora no. Ora il rap è ovunque: in radio, in televisione, nei Talent, nei reality. Ma qui arriva il bello: proprio qui il nostro ruolo diventa decisivo. Perché ora come mai prima dobbiamo insegnare alla gente qual è il vero hip hop, proprio ora che la gente ci ascolta. Non dobbiamo propinargli le cazzate. Tanto le cazzate alla gente ci sarà sempre qualcuno a propinarle, perché dobbiamo metterci anche noi a farlo?
Quanto è difficile, non ritrovarsi a propinare cazzate?
Non credo sia difficile. Io vedo che il mio pubblico mi segue. Dal canto mio, quello che posso fare è continuare a parlare di cose che conosco veramente, della mia vita, della mia realtà, e farlo sia che mi trovi a Napoli sia che mi trovi a Milano o Roma o qualsiasi altra parte d’Italia. Finché farò così, credo che non avrò nulla da rimproverarmi.