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[tab title=”Italiano”]Quanti artisti al mondo possono dire di aver remixato pezzi da novanta come Justin Timberlake e Mariah Carey, ricevendo anche apprezzamenti dagli artisti stessi? Davvero pochi, e Quentin Harris è uno di questi. Colonna portante di una delle nuove generazioni di Detroit, quelle cresciute ascoltando i tanti artisti leggendari che hanno praticamente inventato dal nulla tutta la “nostra” musica, Quentin fa sua la lezione dei suoi predecessori e la reinterpreta a modo proprio, rappresentando un ideale anello di congiunzione tra hip hop, techno e soulful house e dimostrandoci che la distinzione tra i generi esiste solo nelle nostre teste.
Prima di tutto, raccontaci del titolo del tuo ultimo album, “Sacrifice”: a che sacrificio fa riferimento?
Anche se non è esattamente un album nuovo, perché è uscito nel 2009, il suo messaggio e il titolo mi appartengono ancora molto, perché mi sacrifico sempre per la mia arte. Non voglio mai fare e rifare sempre la stessa cosa, diventa noioso. Allo stesso tempo però, capisco che la musica, la moda e l’arte siano molto soggettive.
Praticamente tutte le tue tracce, nell’album ma non solo, includono uno o più vocalists. Come è iniziato il tuo rapporto con i cantanti con cui lavori? E quanto sono coinvolti, di solito, nel tuo processo produttivo? Scrivi prima la musica e poi loro ci cantano sopra, oppure sono loro a fornirti le parti vocali su cui poi tu scrivi la musica?
La maggior parte degli album che ho prodotto tende a essere guidata in gran parte dalle canzoni. Ho lavorato con diversi songwriters e cantanti negli anni, e la maggior parte delle volte creo la musica per prima e poi loro scrivono la parte vocale su di essa. Con Jason Walker, Ultra Naté e Colton Ford tendiamo a lavorare direttamente nella stessa stanza, in modo che io produca la musica e loro i testi allo stesso tempo. Adoro questo modo di lavorare.
Lungo tutta la tua carriera, sei diventato una leggenda per le tue abilità di remixer: c’è qualche differenza tra l’approccio che hai quando produci un remix, rispetto a una traccia originale?
L’unica differenza è questa: con un remix hai un’idea da cui partire, che è l’acapella, mentre con una traccia originale devi essere tu ad avere l’idea. Il mio approccio è comunque lo stesso in entrambi i casi: voglio lasciar brillare il cantante. Non mi piace dover fare fatica per le mie produzioni, se hai una buona canzone non dovresti aver tanto lavoro da fare.
Parlando del tuo lavoro da remixer, hai aggiunto il tuo tocco personale a un sacco di tracce diverse, che anno dai classici da club ad artisti mainstream come Mariah Carey e Justin Timberlake. Di solito gli artisti originali prendono parte al tuo processo di remixing, anche solo per darti un feedback quando hai finito? C’è qualche artista che ti è piaciuto particolarmente remixare, o che hai trovato particolarmente difficile?
La maggior parte delle volte gli artisti non vengono coinvolti nel processo di remixing, ma Mariah e Jill Scott sono state due eccezioni che mi vengono in mente, in cui mi hanno dato un feedback sul mio lavoro. Non ho ancora trovato un remix su cui fosse difficile lavorare: mi piacciono le sfide. Ad esempio, “Strung Out” di Etta James: la versione originale era in tre quarti e ho intrapreso la sfida di trasformarla in un quattro quarti perché funzionasse nei club. Vedi, le regole non esistono, non c’è un modo giusto o sbagliato di fare musica.
Oltre a essere un remixer e un produttore, hai ovviamente avuto anche altri artisti che hanno remixato le tue tracce originali, come ha fatto Dave Morales per “Stronger”, il tuo nuovo singolo: sei tu che scegli i remixer per le tue canzoni?
Nella mia carriera in realtà ho avuto solo tre delle mie canzoni remixate da altri produttori: “My Joy”, “Can’t Stop” e “Give It 2 U”, e quest’ultima è stata l’unico caso in cui ho deciso chi volevo che producesse il remix. Volevo qualcuno che fosse leggendario – Frankie Knuckles, qualcuno che sapevo avrebbe portato la mia canzone in un posto completamente diverso dal punto di vista sonoro – Derrick Carter, e qualcuno che fosse più recente e che mi piacesse molto – gli Azari & III. Con il suo remix di “Stronger”, David Morales mi ha davvero sorpreso.
Parliamo degli inizi della tua carriera, che coincidono con un periodo in cui molte scene in USA erano probabilmente ai loro massimi storici, come quelle di New York, Detroit e Chicago: hai preso parte a qualcuna di queste? E che influenza ha avuto questo specifico periodo sul tuo gusto musicale?
Quando ho iniziato a fare il musicista vivevo nella mia città natale, Detroit. Ero molto coinvolto nella scena hip hop locale, con artisti come Slum Village, Eminem, J Dilla; il negozio hip hop di Maurice Malone a 7 mile e la Saint Andrews Hall in centro a Detroit erano i posti dove passavo la maggior parte del mio tempo. L’influenza di Detroit nella mia musica può essere un po’ sorprendente per tutti quelli che mi conoscono solo per la musica house. Sono davvero molto quello che si potrebbe definire una persona dal formato molto aperto: mi piace suonare davvero di tutto, ma sfortunatamente nel contesto dei club di oggi è difficilissimo suonare diversi stili di musica per via dei tempi piuttosto brevi che i DJ hanno per i propri set.
La tua carriera attraversa un periodo di tempo molto lungo, per cui hai probabilmente visto molte mode andare e venire, e ultimamente sembra che un certo tipo di soulful house stia tornando in voga, non solo grazie al tuo lavoro ma anche ad alcuni pesi massimi del genere, come ad esempio Louie Vega, che stanno rilasciando del materiale nuovo: perché pensi stia succedendo proprio adesso?
Penso che alla fine le persone vogliano emozionarsi e che in definitiva si vogliano identificare con delle canzoni che siano in grado di esprimere come si sentono.
In conclusione: quali sono i tuoi piani per il futuro?
Per quanto riguarda il futuro ho un nuovo album prodotto con Ultra Naté in uscita quest’estate ed è un progetto molto bello, come gruppo ci chiamiamo Black Stereo Faith. C’è molta molta strumentazione suonata live, è un po’ il progetto del mio cuore.[/tab]
[tab title=”English”]How many artists in the world can say they have remixed heavyweights like Justin Timberlake and Mariah Carey, receiving appreciation by the artists themselves? Very few, and Quentin Harris is one of them. One of the most prominent artists in one of the new generations coming from Detroit, the ones that grew up listening to the legendary artists who invented “our” music basically from scratch, Quentin builds his own style upon his masters and makes it personal by representing an ideal link between hip hop, techno and soulful house, to show us that genre distinctions often exist only in our minds.
First of all, tell us about the title of your new album: what “Sacrifice” does it refer to? And why the dots in the title?
Well as far as Sacrifice goes its not really a new album It came out in 2009 but its message and title still resonates with me I am always sacrificing myself for my art. I never want to always do the same thing over an over and over again it just gets boring to me. I do however realize that Music, Fashion and Art are very subjective.
Almost every track in your album features one or more vocalists. How did your relationships with the people singing in your songs came together? And how much have they been involved in the production process? Did you write the music first for them to sing afterwards, or did they provide the vocal parts for you to write music to?
Most of the albums that I have done tend to be very much driven by songs. I have worked with various song writers and singers over the years and most of the time I create the music first and then they write to it. With Jason Walker and Ultra Naté and Colton Ford we tend to work in the same room. So I’m coming up with the music and they are coming up with the lyrics. I love this way of working.
Throughout your career, you’ve become legendary for your remixing skills: is there any difference between how you approach a remix work and an original track?
The only difference is this: with a remix you have an idea to start with which is the a cappella and with an original you have to come up with an idea. My approach is the same with both: let the singer shine. I never like to have a hard on form my production. If you have a good song you shouldn’t have to do much.
Speaking of your remixing work, you’ve added your own touch to a lot of different tracks that range from club classics to mainstream pop artists like Mariah Carey and Justin Timberlake. Do the original artists usually take any part in your remixing process, or do they just give you feedback once the remix is done? Is there any artists that you really liked to remix, or any you found particularly difficult to work on?
Most of the time the artist are not involved in the remix process but Mariah and Jill Scott are 2 exceptions that I can think of where they gave feedback. I haven’t found any remix that difficult to work on, I love a challenge. For example Etta James -Strung Out the song was in 3/4 time signature and I had the challenge of turning into 4/4 so it would work for the clubs. See rules don’t exist there is no right or wrong way to make music.
Besides being a remixer and a producer, you of course also have other artists remix your original tracks, like Dave Morales did for “Stronger”: how do you choose the remixers for your own tracks?
In my career I have only had 3 of my songs remixed by other producers and they are “My Joy” “Can’t Stop” & “Give It 2 U” Give it 2 U was the only one that I decided who I wanted to remix the song. With “Give It 2 U” I wanted someone who was Legendary -Frankie Knuckles, Someone who I knew would take the song in a whole different place sonic wise – Derrick Carter and someone who was current and I loved what they were doing – Azari & III where those guys at the time. With ‘Stronger’ David Morales suprised me with his mix.
Let’s talk about the beginning of your career, which happened when many scenes in the US where probably at their best, like the ones in NYC, Detroit and Chicago: did you take part in any of those scenes? How did that specific time influence your music taste?
Well, when I first started making music I was living in my birthplace of Detroit. I was involved heavily in the Detroit hip hop scene with artist like Slum Village, Eminem, Jay Dilla, Maurice Malone’s Hip Hop shop on 7mile & Saitn Andrews Hall in downtown Detroit were the places I hung out at a lot. Detroit’s influence in my music can be a little surprising to people who just know me for House music. I am very much what you would call an open format kind of guy. I love playing everything unfortunately into today’s club climate its very difficult to play various styles of music due to the short set times that DJ’s now have.
Your career spans a pretty long time, so you’ve probably seen many different trends come and go, and lately it seems like a specific flavor of soulful house is getting back in fashion, not only thanks to your album but also with some genre heavyweights like Louie Vega releasing new material: why do you think this is happening in this specific moment?
I feel at the end of the the day people still want to be moved and they want to identify with songs that can express how they are feeling.
Finally: what are your future plans?
As far as my future plans go I have a new album with Ultra Naté coming out this summer and it’s a great project where we are a band called Black Stereo Faith. The music is very very live instrumentation its been my labor of love project.[/tab]
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